Cinema

4 NOVEMBRE – Uomini Contro

Basta, basta di questa guerra di morti di fame, il nemico è quello lì dietro di noi”.

Uomini contro (1970) di Francesco Rosi

Un film da vedere o da rivedere, fuori dall’epopea retorica della “vittoria” e della guerra, si ispira liberamente al libro di Emilio Lussu “Un anno sull’altipiano”. In quest’opera autobiografica, scritta nel 1938, l’autore rievoca con grande umanità e con esemplare sobrietà linguistica l’esperienza di combattente della prima guerra mondiale.

Da vedere oggi… non sarebbe male.

Dopo l’uscita del film, Rosi venne denunciato per vilipendio dell’esercito

Durante la Prima guerra mondiale, sull’altopiano di Asiago, il sottotenente Sassu combatte nella divisione comandata dal generale Leone, un veterano che dà continuamente prova della sua disumanità. L’inadeguatezza degli armamenti e i tentativi di ribellione dei soldati si susseguono di giorno in giorno nella totale sordità di un alto comando che continua a portare avanti una guerra in cui la vita non ha più alcuna importanza.
All’indagine sullo scontro tra le nazioni, Uomini contro antepone quello tra le classi sociali, spostando l’asse da una prospettiva storico tradizionale verso una più profondamente ideologica. Dal ritratto del sottotenente Sassu, ex studente interventista che una volta al fronte scopre l’assurdità della guerra, come dalla figura del comandante Ottolenghi emerge il tema forte di un’opera troppo spesso liquidata come semplicisticamente pacifista. Sebbene la sceneggiatura di Francesco Rosi, Tonino Guerra e Raffaele La Capria semplifichi “Un anno sull’Altipiano”, il romanzo di Emilio Lussu da cui trae spunto, pochi altri film hanno saputo sottolineare la follia di un potere che nel nazionalismo trovava il proprio rafforzamento a discapito delle classi sociali subalterne, mandate al massacro senza alcuna remora. Il generale Leone, in questo senso, non è un folle isolato all’interno della Storia, ma il campione, l’esempio forte, di un sentire aristocratico che, di contro, vedeva il proprio disfacimento nella presa di coscienza del popolo. Filo rosso di una narrazione che ha pagine di grandissimo cinema, il divario tra la massa e la classe dirigente appare in tutta la sua lucida insania anche nell’episodio dei soldati deferiti al tribunale militare e puntualmente liquidati dall’alto ufficiale medico. Sulla strada tracciata da due capolavori antimilitaristi quali Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick e Per il re e per la patria di Joseph Losey, Francesco Rosi racconta la Grande guerra attraverso il punto di vista di chi ne ha saggiato la disumanità e l’orrore, stipandosi dentro a quelle trincee in cui l’iniziale retorica della vittoria veniva meno in favore di una disciplina contraria all’umano. Se a distanza di anni, il concetto è ormai dato per assodato, il merito è anche di Uomini contro.
Mal compreso dalla critica italiana e straniera alla sua uscita, venne letto nella giusta maniera soltanto da felici pochi; tra questi Sandro Zambetti, che, sulle pagine di Cineforum 97-98, ne sottolineava l’importanza educativa: «può arrivare a molti ed ha senz’altro una funzione apprezzabile, servendo a scalzare i monumenti della retorica e della manipolazione patriottica». Accanto al prediletto Volonté a cui spetta una battuta chiave («Basta con questa guerra di morti di fame contro morti di fame» dirà Ottolenghi), Alain Cuny è perfetto quanto inquietante, meno incisivo Mark Frechette, già interprete di Zabriskie Point e destinato ad una prematura morte in carcere.

Dopo l’uscita del film, Rosi venne denunciato per vilipendio dell’esercito.

da vedere sulla rete internet su diverse piattaforme

Redazione Scomunicando.it

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