A cura della Dott.ssa Giuliana Scaffidi
Amo la vita e con essa tutto quello che la rende meravigliosa. Fra questi vi sono i ragazzi, i giovani. La loro intraprendenza, la loro voglia, quella di costruire e la loro voglia di evasione. La loro parvenza inetta.
Amo il loro scrigno, chiuso ermeticamente, nel quale con molta cautela e senza invadere il loro IO mi appropinquo al dialogo. E nasce da questo l’intesa. Il confronto. E loro seguono il mio dire ed io seguo meticolosamente il loro. Con molta, molta attenzione, ritenendoli un grande patrimonio umano.
Sembrano giovani senza progetti, senza programmi. Ma nei loro pensieri più profondi, più reconditi è davvero così inesistente tutto? La loro silente richiesta. Richiesta di aiuto. Chiedono ascolto, anche per i desideri più intimi, spesso non esplicitati per troppa indifferenza altrui.
Vivono nell’incomprensione, nella solitudine, forse anche allo sbando e tutto si arrovella attorno a dentro loro.
Ed ecco trovarsi dentro il pianeta chiamato Disagio.
Che cos’è il disagio? La sintomatologia dello stesso esplicita in maniera tangibile ciò che nella vita crea disappunto, irregolarità, mancanza. Frustrazione.
Si parla tanto di disagio, ma poco di fatto, per risolverlo è stato intrapreso.
Bisogna andare alla radice ed è una realtàche abbiamo sottomano ma che preferiamo non vedere. Per esimerci da qualsiasi responsabilità, dal porci domande. Siamo abituati alle magniloquenze, vane ai quattro venti.
Ma la visibilitàè necessaria.
Chissàse buttando un seme, in questo terreno arido e incolto non possa venire fuori un arbusto, forte e vigoroso.
Il seme deve indurre alla riflessione, oltre a svegliare le coscienze su qualcosa in cui urge la necessitàdi confronto e soprattutto la presa d’atto.
Questo apporto ha una grande incidenza sulla risoluzione, affinchè tutto possa trovare nella comunicazione efficace una forma di sodalizio.
Perché il disagio non nasce a caso.
Vi è una causa, un’origine ed una responsabilitàe soprattutto vi è una netta distinzione fra disagio, devianza e disadattamento. Sono branche assai diverse, seppur collegate. Sotto la voce disagio vi è un riferimento chiaro: l’adulto, colui che manca nella vita del ragazzo, del giovane disperso, che non sa dove affondare la propria ancora, su quale barca navigare, in quale porto approdare e viaggia in lungo e in largo, spesso in un mare in tempesta. Nell’inutilitàdel tempo che passa.
L’adulto distratto, egocentrico, narciso è il solo punto di riferimento che fa capo al ragazzo che cresce.
Ma è di altro che necessita. Quel che si cerca non attraverso modelli o parametri. Non cerca il genitore onnipotente o onnisciente. Non cerca il genitore amico, benchè lo proclama tale, condizione assai errata.
Cerca colui che lo prende in considerazione, magari mettendosi nei panni propri. Cerca colui che lo ascolta, che lo attenziona. Cerca l’educatore.
Da qui l’esternazione al disappunto, alla trasgressione. Perché dietro l’angolo non vi è nessuno. Non trovano altro che il vuoto. Vuoto a rendere diceva una famosa pubblicità, attendibile ai nostri giorni.
Trasgrediscono. Ma trasgrediscono cosa? Regole non ve ne sono e poche ne hanno…! Vivono su quel che trovano, che vedono…poco hanno, così mi riferiscono. Sulle loro labili certezze e sulle loro innumerevoli incertezze. Su stenti affettivi e principi poco conformi alla sana vita.
Nasce da questo la “ Catastrofe Adolescenziale “.
La societàrimane inerme di fronte a questo fenomeno che si sta espandendo in maniera esponenziale.
E’ la concentrazione focalizzata solo sul proprio io che ha ridotto ai minimi termini, fatto a brandelli sicurezza, autostima, riferimenti.
Tutto questo porta alla conduzione di una sola strada, quella del disagio.
E si brancola nel buio, con la certezza che il domani non saràmigliore dell’oggi vissuto.
Ma… rimane un ma immutato .. Irrisolto…
Foto: www1.inea.it
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