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ACCORINTI SINDACO – Dove ha perso il Felice Calabrò?

 

Scrivere a poche ore dall’elezione di Renato Accorinti come sindaco di Messina non è facile, non tanto per l’evento in sé, ma per ciò che questo rappresenta per l’intera città .

Non nascondiamoci dietro un dito, per circa 10 giorni, cioè da quando di fatto è divenuto ufficiale il ballottaggio con il Felice Calabrò, nel quartier generale di Accorinti si respirava aria di colpaccio, perché la spavalderia e la sicurezza mostrata da tutto l’entourage del Pd in realtà celava una paura che cresceva giorno dopo giorno insieme al gradimento in città verso Accorinti.

Dove ha perso il Felice Calabrò? 

Calabrò ha perso proprio a casa sua, proprio in quella zona sud e in quei villaggi che, almeno nelle previsioni, dovevano essere una vera e propria roccaforte facendo fare il salto di qualità al candidato del Partito Democratico che invece doveva limitare i danni al centro e nella periferia nord della città. 

Ifatti però non solo hanno dato torto alle previsioni ma li hanno clamorosamente capovolti visto che Accorinti al centro ha dilagato giocandosela alla pari proprio in quelle zone in cui doveva uscire con le ossa rotte.

Ciò che è mancato al Partito Democratico è stato il senso di coesione verso il proprio candidato sindaco; che nel ballottaggio sia mancato l’apporto dei consiglieri comunali, già messo in dubbio al primo turno visto che la coalizione ha preso quasi il doppio dei voti del candidato sindaco, sta nelle percentuali visto che dal 49,8 % del primo turno, Calabrò è sceso al 47,3 del ballottaggio.

Questi dati fanno capire come i consiglieri non abbiano trainato il carro a dovere in questi 10 giorni, ma è innegabile che Calabrò abbia avuto una difficoltà atavica nello smarcarsi dai big del proprio a partito; a partire da quel Francantonio Genovese visto sempre come “uomo ombra” alle spalle dell’ex capogruppo del Pd in consiglio comunale.

Ma questi dati non devono far passare in secondo piano il risultato straordinario ottenuto da Accorinti che nel giro di neanche due settimane ha aumentato di ben 30 punti il proprio indice di gradimento passando dal 23 % del primo turno al poco meno del 53% al ballottaggio. Accorinti ha vinto grazie ad un lavoro certosino portato  avanti da gennaio dai componenti della sua lista Cambiamo Messina dal Basso dove non si notava la benché minima differenza d’entusiasmo e di partecipazione tra gli eletti in consiglio comunale, gli assessori designati e i semplici “militanti” facendo passare perfettamente il messaggio del “o si vince ora o mai più”.

La vittoria di Renato Accorinti rappresenta una svolta epocale per Messina, perché non era mai successo che un uomo che non fosse espressione del mondo partitico arrivasse a raggiungere la poltrona di primo cittadino.

Quella di Renato Accorinti è la vittoria della semplicità, del professore di educazione fisica di scuole medie, notoriamente pacifista che con la sua inseparabile bicicletta e maglietta NO Ponte (suo storico cavallo di battaglia) è diventato una vera e propria icona della salvaguardia dei diritti ambientali, civili e del diritto alla cultura. Messina con Accorinti potrebbe veramente intraprendere la corsa verso quella tanto agognata svolta culturale che più volte il neosindaco ha invocato in campagna elettorale, cambiamento che deve portare i messinesi a sentirsi parte integrante di un essere comune senza pensare di curare il proprio piccolo orticello privato infischiandosene se la propria città cade a picco.

Renato Accorinti ha vinto a Messina,  la città “babba” per eccellenza patria dei buddaci dove troppo spesso la realtà inizia dove finisce la logica, nella città delle contraddizioni dove i cittadini sono stati i primi responsabili di una situazione drammatica confermando con il voto la fiducia in una classe dirigente che ha dilaniato le casse comunali e tutte le partecipate. Lo ha fatto con delle palline di carta riuscendo ad affondare quelle che lui stesso non ha esitato a denominare vere corazzate a testate nucleari.

Forse, per la prima volta dal dopoguerra, a Messina ha prevalso il voto d’opinione verso un candidato che ha avuto il merito di toccare gli animi parlando di una città normale,  a misura di bambino, ricca di spazi verdi in grado di rivivere i fasti dei mitici anni ’60 quando era denominata la città salotto della Sicilia.

I messinesi per la volta hanno avuto il coraggio di rischiare puntando su un uomo che ha l’entusiasmo, la preparazione culturale e la giusta dose follia tanto da immaginare immaginare una Messina diversa, una Messina più bella. I Messinesi, caso veramente insolito per una città conservatrice fino al midollo, hanno deciso di non rifugiarsi tra le braccia candide e disincantate  di quella politica dei partiti tradizionali che  hanno fatto il bello e il cattivo tempo tanto da far sembrare la città agli occhi del paese uno squallido club di scambisti del voto.

Accorinti ha vinto senza una struttura partitica alle spalle ma riportando la gente in piazza, facendola sentire di nuovo partecipe alle sorti politiche cittadine, facendo capire che una sua eventuale vittoria non avrebbe cambiato il suo modo di stare in mezzo alla gente in modo schietto e sincero.

Con lui vince anche una politica dal volto umano che non fa vedere l’azione amministrativa come qualcosa di inarrivabile per il cittadino, ma come qualcosa da vivere nel quotidiano con gli altri. Sembra passato un secolo da quando gli esponenti dei partiti dei partiti che adesso si leccano le ferite, tacciavano di demagogia e populismo il pacifista che li accusava di allontanare la gente dalla politica. in questo clima comunque di cambiamento e di novità il Pd e il Pdl commetterebbero un grave errore nel considerare una casualità la vittoria di Accorinti, magari accusandolo ciecamente di fare antipolitica senza progettare un piano di rinnovamento interno condito da una buona dose di autocritica capendo che se c’è stata antipolitica è stata quella portata avanti da un sistema che ha condotto una città al dissesto, riducendo l’entrata del Comune un luogo dove quotidianamente si incontrano disoccupati e precari che manifestano tutta la propria disperazione.

Infine meritano una considerazione i numeri con cui Accorinti dovrà confrontarsi in consiglio comunale, visto che lo vedono in netto svantaggio (29 consiglieri del centrosinistra contro 4 di Cambiamo Messina dal Basso), il rischio dell’ingovernabilità c’è è inutile negarlo, ma sarebbe da irresponsabili trincerarsi dietro un’opposizione  cieca basata sul No a prescindere inseguendo il sogno di un ritorno anticipato alle urne che porterebbe al quarto commissariamento in dieci anni: uno scenario apocalittico di cui si dovrà, per forza di cose, rendere eventualmente conto alla città, senza però perdere la consapevolezza che per Accorinti e la sua giunta il difficile viene proprio adesso.

Antonio Macauda

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