Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone la prima parte dell’intervista al musicista, manager e produttore Alessio Fiorucci che, nel 2017,
Buongiorno Alessio! Vorrei domandarle subito quando e soprattutto mosso da quale motore interiore si è addentrato nel mondo dell’Arte ad ampio raggio – tant’è che è talent scout, manager, imprenditore, musicista, scrittore, regista e produttore.
Da piccolo di cosa, forse, immaginava di dedicarsi una volta divenuto adulto e che bambino è stato? Inoltre, quale colore e quale canzone assocerebbe ai periodi più significativi della sua vita sinora?
Cosa rappresenta, per lei, la Bellezza e cosa l’Arte? “L’Arte è Bellezza. Un’opera d’arte viene dall’interno e dal profondo di noi stessi, non bisogna avere paura di vedersi dentro e scoprire i propri mostri. Solo così, un’opera diventa appunto bella. E, venendo da dentro, essa sa anche andare in profondità”.
Secondo la sua sensibilità, nel caso in cui ritenga che siano aspetti discernibili, si sente più affine alle opere che hanno a che fare con l’intimistico “auto centrico”/autobiografico o maggiormente con il sociale-politico? “Un’opera è un’opera e la si ha quando c’è condivisione di un’anima, di un pensiero, di una sensazione che fa fatica a rimanere dentro a un corpo e dunque viene espulsa, per essere condivisa. Non amo etichettarla. Essa non deve essere catalogata. Se arriva, arriva ed è bella”.
Crede che esista il Bello universale, oppure non v’è possibilità d’oggettivare e d’oggettività nella valutazione di ciò che lo è e di ciò che non lo è? “Non vi sono ricette per quello che riguarda la bellezza e non esiste il bello universale. La beltà, in accordo con l’arte, è quando qualcosa ti colpisce dentro… è quel bruciore che senti nel momento in cui, per l’appunto, qualcosa ti colpisce. La bellezza è sinonimo di forza e si prende tutto. Bisogna sapersi ascoltare dentro, perché tutti siamo in grado di essere ed esprimere bellezza (tuttavia guardare in sé non è facile)”.
Pensando l’Arte come realizzazione fisica di un pensiero o/e di un’emozione o di un sentimento, quanto amor proprio e quanta generosità vi è nell’espressione del proprio mondo interiore, nella volontà e nel bisogno di concretizzare in qualche modo una personale rappresentazione della realtà percepita e filtrata con occhi assertivi o interroganti (occhi che fanno da finestre sul mondo)? “Di volontà ne occorre tanta e pure di generosità. Condividere un’opera significa mettersi a nudo e, per fare ciò, bisogna avere fiducia nel mondo (anche se, in questo periodo storico, non è facile avere tale fiducia). Bisogna pensare di essere artefici della scoperta interiore negli altri del bello, del buono. A volte penso che sia una missione stimolare una parte dello spettatore che, per lui, è remota e fargliela tirare fuori. E, per raggiungere questo, è necessario davvero essere molto generosi. La condivisione è generosità”.
A suo dire da quale seme infestante ha origine la violenza che tanto allontana dall’Arte quale Kalòs kai agathòs? …Arte nella quale anche il brutto/il male, in codesta, viene sublimato e diviene pertanto altro di più nobile e ulteriore, o non condivide tale visione?“Il male che allontana dall’arte viene dal fuggire da noi stessi. Quando una persona non ama un’opera, non si emoziona, ha dei conflitti con sé e non vuole ascoltarli. Io ho sempre pensato che, per educare chi è violento o qualcuno di “brutto”, bisogna curarlo con le opere e introdurlo all’ascolto di se stesso”.
Quale ruolo le pare che giochi e quale le piacerebbe avesse l’immagine visiva nella quotidianità e nel veicolare significati emozionali, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia? “L’immagine visiva, nel mondo di oggi, è e occupa il 90% dell’attenzione. Il fatto che ogni mio post abbia una grafica, per me, è comunque una follia. Sì, magari è arte anche saper coinvolgere con l’esteriore ma la sostanza è ciò che, alla fine, arriva. La bellezza visiva, esterna, di facciata, non serve a tanto …eppure, ciononostante, attualmente le diamo molta importanza e – secondo me – è per questo motivo che tutto dura poco”.
Quali le sembra che siano oggi gli stereotipi estetici-esteriori e gli atteggiamenti comunemente più radicati e perché in taluni individui c’è una sorta di ossessione di identificare il genere con il sesso di nascita (come se il nascere maschio o femmina implicasse l’imprescindibilità di alcuni comportamenti e determinasse l’insindacabilità di alcune preferenze piuttosto di altre)? “Ho idea che, nel mondo, attualmente – ma, credo, maggiormente in Italia rispetto che altrove – ci sia troppa superficialità …e penso che questo possa sintetizzare tutto”.
Quando osserva/legge/ascolta una persona, cosa la colpisce positivamente e specialmente? Alla luce di ciò, c’è qualcosa a cui si ispira e qualcuno al quale guarda con particolare stima e con il quale sarebbe lieto di collaborare? “Mi piacerebbe collaborare con chiunque abbia voglia di scoprirsi. Noto molte frasi fatte sui social, aforismi senza anima e senza poesia bensì soltanto superficiali. Molti individui vengono, addirittura, osannati seppure dicano cose veramente banali. Magari c’è chi è più attratto dal ciuffo, o dal faccino, che dalla sostanza comunicativa. Ormai vedo tantissime sagome uguali e ripetute, non vi è chi non voglia assomigliare a qualcuno nel parlare e nel pensare, nell’estetica. Quando osservo e ascolto una persona, cerco qualcosa che mi sorprenda. Io cerco, ossia, autenticità e unicità – ognuno di noi ne è dotato, ce l’ha, dacché tutti ci nasciamo… anche se purtroppo, spesso e non in pochi, la perdiamo”.
tre giorni di gusto, musica e successo a Torrenova (altro…)
Per il quarto anno consecutivo, Spazio Danza Academy ha portato il nome di Capo d’Orlando…
In un tempo in cui le cronache raccontano troppo spesso episodi di malasanità, da Naso…
Un segno di speranza e consapevolezza contro i disturbi alimentari (altro…)
Non solo sport, ma emozione pura e ricordo vivo. (altro…)