Sospensione forzata dell’edizione invernale del Rito della Luce, quando l’evento era giunto al secondo giorno.
A sorpresa, una diffida dei Vigili del Fuoco, dopo che negli anni scorsi, in casi analoghi, non era stata sollevata alcuna obiezione, ha lasciato sconcertati centinaia di bambini, artisti e performer, assieme a migliaia di visitatori “devoti alla bellezza”.
Ma Presti è abituato a non mollare: “E’ finito il tempo della cultura vittima di altri poteri di sistema del nulla che si nutre di niente.
La luce non si spegne. Lo spirito della bellezza è la trasformazione.
Il Rito rinascerà presto in un’altra sede”. E ironizza: “Creeremo un’opera da consegnare al fuoco…”
E così, in mezzo a tante situazioni e vicissitudini di Antonio Presti, fondatore di Fiumara d’Arte, che nella vita ne ha visto davvero di tutti i colori, venne anche il Rito della “rinuncia”.
Questa, dettata da condizioni di forza maggiore, volendo restare nell’alveo della “legalità”, è la scelta più rapida e sofferta di tutte. Perché l’arte, si sa, quando vuole, può andare ben oltre i canoni e i dettami della burocrazia. E Antonio Presti ne sa qualcosa.
Ma in casi come questi, dopo mesi di duro lavoro improvvisamente sfumato, respirare profondamente e ripetere tra sé e sé un detto che fece grandi gli inglesi, certo, non guasta: “Keep calm and carry on”.
Sarà ricordato come l’evento più breve, e per questo paradossalmente arricchito ancor più di significati, il Rito della Luce versione invernale 2014, quello che da tre anni, per il Solstizio d’Inverno, Fiumara D’Arte celebra a Catania, facendo un po’ da specchio che riflette bellezza, con quello che si svolge alla Piramide 38° Parallelo di Motta D’Affermo per l’altro solstizio, quello d’Estate, che di anni ne porta cinque.
Mai come questa volta, l’attesa del Rito era stata vissuta come un meraviglioso conto alla rovescia scandito attraverso la pubblicazione di foto e notizie sui social network a testimonianza del “work in progress” nelle scuole che ospitavano l’evento: l’Istituto “Vespucci – Capuana Pirandello” e “Sante Giuffrida”. Segno del lavoro che si portava avanti in rapporto al tempo che si assottigliava con l’avvicinarsi del fatidico momento in cui la luce, lasciata alle spalle la notte più lunga, come in una magica dissolvenza, inizia la propria rivalsa sul buio.
Ma quest’anno l’incanto del rituale è stato interrotto ad un quarto del suo percorso, lasciando sbigottiti innanzitutto i bambini di ben oltre cinquanta istituti scolastici – autori di splendidi mandala visibili purtroppo solo la prima sera – assieme a centinaia tra artisti, poeti, attori, musicisti, performer, installatori e, dulcis in fundo, persino 22 magistrati della Procura e del Tribunale Catania e 43 avvocati, impegnati nella lettura della Costituzione. Per non parlare delle migliaia di visitatori, che stando alle previsioni, quest’anno, avrebbero superato le trentamila unità.
Ma non c’è stato nulla da fare: il sogno si è infranto. Mentre si aspettava la luce è arrivato il buio. Ad un certo punto qualcuno ha deciso di bussare alla porta della scuola intimando alla dirigente scolastica del “Vespucci” che tulle e candele che ornavano le suggestive stanze arricchite d’arte e di conoscenza, e quindi di speranza, non andavano d’accordo: “E’ una questione di responsabilità. Non ci sono le condizioni affinché il Rito possa proseguire”. Questo il parere “verbale” dei Vigili del Fuoco che si abbatte come un fulmine a ciel sereno sulla manifestazione più intensa, condivisa e partecipata che la Catania dei tempi moderni ricordi. Perché, in due edizioni precedenti, svoltesi rispettivamente all’Istituto “Campanella Sturzo di Librino” e al Liceo “Boggio Lera”, nel cuore del costipatissimo centro storico cittadino, niente e nessuno aveva fatto presagire qualcosa di simile. Stessa cosa vale anche per l’edizione di quest’anno, la cui vigilia era stata vissuta in mezzo ad un’informazione costante, culminata con un’affollata conferenza stampa alla quale è intervenuto, tra gli altri, il Sindaco Enzo Bianco, detentore, in quanto tale, e fino a prova contraria, della “titolarità” della Sicurezza cittadina, nonché della “proprietà” del plesso scolastico.
Così, il pomeriggio di Venerdì, secondo giorno del Rito sui quattro previsti – dal 18 al 21 Dicembre – viene vissuto con tribolazione da tutti i protagonisti. Alcuni performer decidono comunque di onorare il loro compito esibendosi all’esterno della scuola, mentre altri intrattenevano centinaia di persone che nel frattempo si addensavano agli ingressi, a porte serrate. All’interno dell’istituto, in mezzo a sei chilometri di “incolpevole” tulle che avvolgeva sculture e installazioni, bianco su bianco, sotto la luce glaciale dei neon, era tutto un girovagare frenetico di addetti ai lavori e giornalisti, in attesa di conoscere la decisione che Antonio Presti, di concerto con i dirigenti delle scuole, avrebbe preso da lì a poco. Il Rito, per qualche ora, resta sospeso ad un filo di speranza, riconducibile quantomeno all’ipotesi di qualche trasformazione o trasferimento. Ma sono solo ipotesi, perché Antonio Presti è deciso: “Il Rito non può proseguire. E’ sospeso”. A data e luogo da destinarsi, s’intende. Per cui, la mission di “rigenerare valori e restituire bellezza” non si interrompe, persiste nel proprio cammino, quantunque le asperità che incontra, talvolta, inducano alla resa. Ma Antonio Presti non è tipo che molla tanto facilmente. Anzi, rilancia, chiamando a sé il ristretto numero di giornalisti rimasti fino a tarda ora. Il mecenate, padre del Rito, a dispetto delle attese, allontana subito i rancori: “Lo spirito che anima l’amare non conosce mai fine. Amo Catania, amo i catanesi e soprattutto i bambini delle scuole con i quali in questi anni abbiamo fatto un grosso lavoro di condivisione”, ha detto in premessa.
Ma non tarda, come previsto, ad esternare il proprio punto di vista col consueto animo di sfida: “E’ finito il tempo della cultura vittima di altri poteri di sistema del nulla che si nutre di niente. La luce non si spegne, deve sempre illuminare le coscienze. Questo Rito restituisce una possibilità in quel futuro dove il pensiero può animare le nuove generazioni. Per questo può dar fastidio. Probabilmente si potevano accendere candele rispettando i vincoli – ha proseguito Presti – ma sembra strano che tutto questo sia avvenuto proprio la sera del Rito e non due o tre mesi prima, durante campagne di stampa che abbiamo portato avanti o nel corso dei rapporti istituzionali con la scuola”. Dopodiché riflette: “Mi chiedo il perché di tutto questo. Penso ai bambini e ai tantissimi artisti che avevano dato col cuore la loro disponibilità per l’evento. Una vera domanda contiene sempre una risposta, e quella che io mi sento di dare, pur provando un forte senso di delusione, è che lo spirito della bellezza è la trasformazione. Per cui il Rito non muore, si trasforma”. Ma il mecenate di Fiumara d’Arte che si è fatto apprezzare nella storia è tutto contenuto in quella che al tempo stesso è una promessa e una provocazione: “Il Rito rinascerà presto in un’altra sede. Qui vedrò di contemplare con qualche artista anche la creazione di un’opera che si consegni al fuoco come atto liberatorio, perché forse può far bene anche ai pompieri nutrirsi di un fuoco di conoscenza, visto che per loro quello delle candele è un fuoco ad alto rischio…!”
E nei suoi argomenti non poteva mancare una delle “nemiche” principali: “Ciò che è successo mi ha ferito un po’. La nostra risposta è anche politica, di quella con la P maiuscola, che quando sceglie la via della conoscenza e vuole proteggerla, fa della resistenza il suo valore di differenza. Per questo la trasformazione del Rito avverrà in un altro luogo. Eravamo cinquantamila, forse anche centomila, ma stavolta saremo l’infinito valore di essere differenza”.
Parola di Antonio Presti, uno che non si arrende mai, che ha fatto dello stupore una sua ragione di vita.
Corrado Speziale
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