– di Corrado Speziale –
Il mecenate, accanto ai suoi impegni tra l’Atelier sul Mare di Castel di Tusa, la Piramide e il parco scultoreo di Fiumara d’Arte, rilancia il suo straordinario progetto sulla rigenerazione del popoloso e disagiato quartiere della periferia catanese.
Abbiamo incontrato Antonio Presti e dialogato con lui sulle nuove iniziative a Librino.
Maestro Presti, con Il Cantico di Librino, ispirato a San Francesco, dopo i grandi risultati conseguiti con La Porta della Bellezza, abbiamo assistito ad un’incredibile partecipazione di persone nel segno della rigenerazione di un quartiere. Adesso si parla di sogno, cosicché si lascia una realtà per guardare più in alto…
Quando si affronta un luogo si scorge soltanto la visione dell’ordinario. Mi riferisco, ad esempio, ai bambini che vivono a Librino, una generazione di diecimila persone che frequenta le scuole elementari e medie. Quando si pensa a loro, si vogliono restituire quelle supplenze, soprattutto di necessità ordinaria, come per esempio, legittimamente, può essere una piazza, una strada, l’energia elettrica, la fognatura, tutto quanto concerne il servizio pubblico.
Che importanza ha il sogno per bambini e ragazzi che vivono in un luogo disagiato, secondo Antonio Presti?
È il nutrimento primario, il legittimo potere che l’arte deve restituire a questi ragazzi: il sogno del sognare. Perché quando un bambino nasce in un luogo di mancamento diventa ciò che vede. Se vede spaccio diventa spacciatore, se vede spazzatura ha come esempio la spazzatura, se vede degrado tende al degrado. Un posto così nega l’ordinario fisico, per cui bisogna passare al metafisico, allo straordinario. Considerare sempre la possibilità che qualunque potere non potrà mai distruggere: quella del sognare.
Come si traduce tutto questo?
Voglio tradurre in forma, in opera, questo processo artistico che deve restituire il sogno a tutti i bambini di Librino, attraverso un’immagine iconografica come quella del cavallo. Nelle periferie il cavallo è da sempre riconosciuto come simbolo di un certo tipo di potere, di arroganza, sfruttamento, potenza, o anche di violenza, perché alla fine i cavalli vengono ammazzati e con la complicità collettiva, in maniera festosa, diventano carne da gustare per le vie della città. Il cavallo, proposto in questo percorso esistenziale, è un essere che nasce e finisce con la morte, da quando è stato portato al calesse fino a quando non gli avranno sparato per ucciderlo.
In che modo?
I bambini potranno descrivere su degli elementi di argilla tutti i loro sogni. Questi daranno vita a una grande installazione a pavimento, in uno spazio, in un luogo ancora da stabilire. Cosicché, si prende quel cavallo, simbolo di morte, e si trasporta iconograficamente nel cavallo del sogno, quindi “Pegaso”, il cavallo alato…
Una bellissima idea…Che tipologia avrà questo cavallo?
Quindi avremo il sogno quale protagonista quotidiano a Librino e non solo…Gioverà in questa fase così difficile per tutti?
In questo momento di depressione ed emergenza sanitaria, di depressione economica, di depressione del futuro, l’unico elemento che non ci possono negare, uccidere, è quello del sogno, l’atto del sognare. Questo non vale solo per Librino ma per tutta la società contemporanea. Parlare, riproporre il sogno come “via della bellezza” è un atto eversivo, “terroristico”, secondo una parte del sistema. Ma è un grande nutrimento per l’anima, per non cadere tutti in quella depressione spirituale che è la “dittatura della paura” che si sta alimentando, innestando nelle coscienze della gente, dell’umanità.
Con la Porta della Bellezza a Librino si è visto un miglioramento. Tra la gente si nota un maggiore senso di responsabilità, di attenzione verso l’arte e la cura del luogo. Potrebbe darsi che questi passaggi, pian piano, portino a risultati importanti, strutturati all’interno della comunità e della città?
La Porta ha innestato una coscienza rinnovata che si è concretizzata nel rispetto dell’opera stessa. Il fatto che questa, in oltre undici anni, non sia stata violata neanche di un centimetro, è la risposta politica e culturale di come l’arte e la cultura diventino un’agenzia educativa alla bellezza. Il fatto che la Porta abbia visto mantenere il rispetto dagli stessi abitanti, testimonia l’affermazione del grande potere politico della conoscenza quando questa educa alla bellezza.
Come si entra in sintonia con la gente del luogo?
Per fare tutto questo devi vivere là, devi stare nella condivisione collettiva di questo quartiere che trova sempre il suo senso nell’umanità, nell’abbraccio. Quindi, ben vengano tante porte della bellezza…! Per questo come ringraziamento sto pensando a una nuova Porta. Adesso farò un bellissimo slogan che il popolo capirà: scriverò in tutte le rotatorie che “rispetto porta rispetto”. Se loro hanno rispettato la porta, significa che questo rispetto porterà altro rispetto. E il rispetto come valore sarà che la Porta continua con un’altra installazione monumentale in continuità alla prima Porta.
Quindi avremo questa nuova Porta…
Sì, ci stiamo lavorando. Sarà lunga un chilometro e mezzo, ci saranno 48 opere di artisti, avrà una sua monumentalità e questa volta si chiamerà Porta delle Farfalle. Perché tutti i bambini dovranno diventare come quella farfalla che nasce bruco, ma poi sarà sempre farfalla. Mi farà piacere citare questi bellissimi versi di Alda Merini: “E se diventi farfalla nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali”. Questa frase la farò scrivere all’ingresso.
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