Quel insegnante che ha difeso una vittima, ha assolto al suo ruolo e giustamente punito un bullo con l’intenzione di fargli comprendere l’orrore generato dalla violenza, dalla sopraffazione e dalla denigrazione.
Quell’insegnante, come tutti gli insegnanti oggi, opera in un Paese privo di tutele e di leggi antidiscriminatorie per le persone gay, lesbiche e trans e in una scuola che non offre agli operatori culturali strumenti utili di prevenzione e contrasto al bullismo omofobo.
Sarebbe bene che la sentenza di Palermo apra spazi di dibattito sulla necessità di costruire finalmente una cultura del rispetto, tema sul quale si gioca la crescita civile e il futuro del Paese.
Per evitare che le vittime continuino ad essere vittime e i carnefici carnefici, chiediamo ai giudici una riflessione più attenta e approfondita sull’omofobia e esprimiamo la nostra solidarietà all’insegnante, insieme all’auspicio che le istituzioni siciliane, e il Ministero dell’istruzione, esprimano il loro sostegno ad una persona ingiustamente condannata.
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