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ASA – Nuova stella afro-pop tra funk e reggae e tutti i ritmi di Lagos, la sua cittÃÂ

Diverse contaminazioni musicali caratterizzano il sound di Asa (che si pronuncia «Asha» e in lingua yoruba, una delle etnie della Nigeria, significa falco) che con la sua chitarra suona il soul di Marvin Gaye e il reggae di Bob Marley.
Partendo dalle assolate strade di Lagos e dai club africani la cantante è approdata a Parigi facendosi conoscere all’Europa con una musica interessante ricca di spunti etnici ma nel contempo di denuncia e di speranza.
Il sogno di Asa, questa giovane cantautrice nigeriana, vista in Italia, a Milano nella diciottesima edizione di «Suoni e Visioni» si sintetizza nel suo impegno sociale dalla parte dei giovani di tutto il mondo,
«Nei miei brani parlo molto di problemi sociali e poco di storie d’ amore perché penso che oggi i giovani di tutto il mondo hanno davanti sfide difficili».
Un impegno che Asa dimostra dichiarando la sua ammirazione per il cantante senegalese Youssou n’ Dour, autore dell’iniziativa a favore della realizzazione del nuovo progetto di microcredito per l’ Africa, che trova come partners anche il chitarrista Keziah Jones, la cantante Ayo e la rapper Nneka (nomi già notissimi in Francia e che anche in Italia iniziano ad aver credito).
Asa, non ancora trentenne, ha trovato produttori e discografici che puntano su di lei come nuova rivelazione dell’afro-pop, dove i ritmi percussivi sono stemperati dalla melodia.
La cantante ha imparato a suonare per le strade di Lagos, suonando per giornate intere le cover di Bob Marley, di Fela Kuti, il grande sassofonista nigeriano, e Marvin Gaye.
«Contrariamente all’Europa, – dice in una sua recente intervista – dove tutto è controllato da criteri economici, in Africa è facilissimo suonare nei club. Hai ancora grandi possibilità, e se la tua musica è di valore puoi andare avanti» e continuando «Sono molto vicina alla vita politica e sociale del mio Paese. Nelle grandi città la libertà d’ espressione non è ancora messa in dubbio; spero che i giovani continuino a pensare alla musica come mezzo d’emancipazione».

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