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Barcellona – “E se Attilio fosse tuo fratello?”

 

 

“E se Attilio fosse tuo fratello?”

E’ questa la domanda, che esprime un chiaro senso d’indignazione, posta dall’ANAAM – Associazione Nazionale Amici di Attilio Manca, nell’organizzare il corteo che si è svolto a Barcellona P.G. Lunedì sera, allo scopo di informare e sensibilizzare la cittadinanza in merito alla decisione del GIP del Tribunale di Viterbo che ha disposto l’archiviazione per cinque delle sei persone indagate per la tragica morte del giovane urologo, avvenuta a Viterbo il 12 Febbraio del 2004.

Secondo la Procura della città laziale, Attilio Manca sarebbe quindi morto per essersi iniettato un’overdose di droga, e per questo è stata rinviata a giudizio una donna romana, Monica Mileti, con l’accusa di avergli fornito la sostanza letale.

Scartata a priori, invece, l’ipotesi dell’omicidio mafioso, con archiviazione per i cinque barcellonesi indagati sulla vicenda.

Ma la famiglia di Attilio Manca – la mamma Angelina, il papà Gino ed il fratello Gianluca – il loro legale, Fabio Repici, gli amici, a tutto questo non ci stanno.

E denunciano, a tal proposito, gravissime carenze investigative, parlando di tabulati telefonici non consultati, di prove sparite, disattese, o comunque non considerate dagli inquirenti, di testimoni non ascoltati, dell’esistenza di intrecci, coincidenze ed incongruenze.

Tutti fattori che concorrerebbero a considerare la morte di Attilio un omicidio di mafia, avente, tra l’altro, come filo conduttore, la latitanza tra Lazio e Umbria del super boss Bernardo Provenzano, operato alla prostata a Marsiglia proprio nei giorni in cui il giovane urologo si era recato in Costa Azzurra per motivi di lavoro. Quel volto tumefatto del giovane chirurgo trovato morto nel proprio appartamento di Viterbo e quei due buchi nel braccio sinistro, per lui che era tutt’altro che drogato, nonché mancino conclamato, lasciano in piedi mille dubbi, poi, sull’ipotesi “overdose”.

Fatto sta che quella morte avvolta da tanti misteri, al di là dell’aspetto mafioso, non è stata considerata neppure come “semplice” omicidio.

In questa vicenda, a fianco della famiglia Manca, in virtù di tutto ciò, ci hanno messo la faccia tante personalità del mondo politico – istituzionale, dell’associazionismo, della cultura e del giornalismo “militante”.

Ed il corteo barcellonese, partito dalla piazza antistante il Tribunale, proseguito per via Roma e culminato con un suggestivo sit – in in piazza San Sebastiano, ha dimostrato tutto questo.

La città del Longano non ha certo partecipato in massa all’evento, ma questa non è una novità.

Non a caso, dalla parte iniziale del corteo, i giovani delle associazioni lanciavano spesso uno slogan diretto ai barcellonesi, che facevano capolino dalle finestre di casa, che recitava: “Scendi giù, scendi giù, manifesta pure tu!”.

Ciò che conta, piuttosto, è la significativa presenza, in prima linea, dei rappresentanti dell’Amministrazione comunale.

E viste le presenze, se il “peso specifico” della manifestazione è stato enorme, lo è ancor di più in virtù di tutti coloro che alla vigilia hanno dato la propria adesione, ma che per una ragione o l’altra non hanno potuto presenziare personalmente all’evento.

Buona parte dei presenti, inoltre, ha potuto dare un ulteriore, valido contributo, intervenendo in piazza dalla postazione microfonica allestita dagli organizzatori.

“Attilio, ormai, è il fratello di tutti. Siamo qui perché in quel procedimento ci sono tantissime situazioni che potrebbero riguardare chiunque di noi e non soltanto lui”, ha detto Gianluca Manca in apertura degli interventi. “Questa manifestazione pacifica è volta proprio ad evitare che ci siano altri Attilio Manca, perché quel procedimento penale è vergognoso. Le verità, in realtà, sono tutte lì, ma sono state considerate soltanto come degli enigmi, delle falsificazioni”, ha aggiunto, tra l’altro, il fratello di Attilio Manca.

Parla, invece, di “vicinanza, affetto e di legame con la famiglia in un momento particolarmente difficile” Maria Teresa Collica, sindaco di Barcellona P.G., il cui intervento ha preceduto quello dell’assessore alla Cultura Raffaella Campo. Il primo cittadino ha tenuto poi a precisare: “Rispetto l’esito dei procedimenti giudiziari, tuttavia la presenza di tutti noi qui serve a dire a gran voce che è bene che non si spengano i riflettori su questo caso. La vicenda è complessa e io mi auguro che si faccia ancora chiarezza e che se emergono nuovi elementi di prova il caso si possa riaprire”.

L’europarlamentare Sonia Alfano, presidente della Commissione Antimafia Europea e dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime della Mafia, indica il caso Manca e la manifestazione come “l’ennesima occasione utile ai cittadini onesti di Barcellona per schierarsi dalla parte giusta”. Trasmette, quindi, coraggio e solidarietà alla famiglia riguardo la quale afferma: “Nonostante tutto continua a restare qui, con ostinazione e determinazione. Il suo sacrificio si rinnova di giorno in giorno, allorquando continua a vedere in faccia i personaggi la cui posizione è stata archiviata”.

E sulla sentenza di Viterbo dice: “La rispetto ma non la condivido, motivo per cui continuerò a fare tutto quanto possibile che rientri nelle mie prerogative. Nelle prossime settimane andrò a parlare con il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti per illustrargli la situazione, affinché si possa valutare un interessamento della Procura Nazionale”.

Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso in via D’Amelio nel ’92, fa subito riferimento al simbolo della sua battaglia civile, associandolo alla vicenda Manca: “L’agenda rossa rappresenta per me il simbolo della giustizia negata e della verità nascosta, perché quell’agenda fu sottratta all’atto della morte di Paolo.

Quando ci fu la sentenza che mandò assolta la persona fotografata con la sua borsa per me fu un colpo durissimo, perché era una pietra tombale che veniva messa sulla verità”.

L’assonanza con il caso in questione sta tutta dentro l’analisi che fa il fratello del magistrato, trovando delle similitudini.

“E’ per questo motivo che oggi sono qui – prosegue Borsellino – perché si sta tentando di mettere la stessa pietra tombale su un’altra verità: Attilio Manca non si è suicidato, è stato ucciso”.

Ed è esplicito anche nello specifico del caso giudiziario: “E’ vero che le sentenze vanno rispettate, ma di fronte a certe cose non si possono chiudere gli occhi. In questo caso non è possibile non ribellarsi”.

Antonio Ingroia, ex Procuratore aggiunto di Palermo ed attuale leader politico di Azione Civile, parla di “valore comune che si ritrova nel dolore non soltanto per la perdita di un familiare, ma dovuto all’ingiustizia in uno Stato che non è in grado di dare giustizia ai familiari di chi è stato vittima di un potere criminale, uno dei tanti allevati dalla mafia”.

Essendo ormai ex magistrato, adesso Ingroia può esprimersi senza vincoli di sorta: “Bisogna difendere quei magistrati che vanno avanti con la schiena dritta per cercare la verità a tutti i costi senza paura di andare contro i poteri forti, a costo di rimetterci la vita o la carriera. Ma ci sono tanti magistrati che preferiscono voltarsi dall’altro lato, piegare la schiena, scegliendo la scorciatoia di verità ufficiali che sono menzogne costruite”.

E parla, così, da cittadino: “Abbiamo compiti, responsabilità e doveri nei confronti di Attilio Manca e delle altre vittime di questo potere criminale, mafioso e non solo, tollerato e spesso appoggiato dallo Stato italiano”.

Sulla base di un forte scetticismo fa emergere, poi, il suo duro giudizio sugli apparati “deviati”, invertendo provocatoriamente le parti e indicando tra essi i magistrati assassinati, mentre “lo Stato – dice Ingroia – è quello che ha perseguito la pax mafiosa e l’appoggio dei poteri criminali”. Ed ecco cosa tocca fare: “Dobbiamo cambiare questo Paese, solo così vale la pena continuare a viverci”. Ma il suo segnale di delegittimazione più forte sta tutto nella ricetta per risolvere il caso Manca: “Occorre fare emergere la verità senza delegare la magistratura. Non ci possiamo più accontentare di delegare lo Stato. Dobbiamo essere in grado di fare verità nonostante lo Stato non la voglia. Si può fare, adesso ci sono a disposizione anche strumenti legislativi a disposizione delle parti offese nei delitti”.

La propria vicinanza alla famiglia Manca la esprime anche Valentina Zafarana, parlamentare regionale, portavoce del Movimento 5 Stelle. “Questo momento – dice la Zafarana – crea agonismo nel nostro cuore tra il rispetto di una sentenza e la non condivisione della stessa”. Ed ha poi proseguito: “Mi rendo conto da cittadina all’interno delle istituzioni quanto sia superata l’immagine della mafia tradizionale. Adesso la mafia è anche quella che non ti fa avere le carte, che ti dà informazioni smezzate e non ti consente di conoscere fino in fondo cosa succede. Ed è soprattutto terribile quando riesce a mescolarsi profondamente, a gestire l’economia, creando un ‘altro’ Stato”. E sulla sentenza dice: “Non ci lascia sereni. Cerchiamo solo di non perdere l’idea di famiglia sull’esempio dei Manca. Occorre stare in rete e continuare a sentirci vicini.”

Francesco D’Uva, anch’egli del Movimento 5 Stelle, parlamentare alla Camera: “Siamo qui perché non condividiamo questa sentenza. La dinamica della morte di Attilio Manca ci riporta ad una prassi utilizzata dalla criminalità organizzata. In altre occasioni – prosegue D’Uva – casi del genere vengono fatti passare come problemi passionali. Noi siamo qui perché questo non lo possiamo accettare”. Ed indica cosa fare: “Stare vicini alla famiglia e continuare a divulgare ciò che a noi appare come verità”.

Renato Accorinti, sindaco di Messina, grande amico e sostenitore della famiglia Manca, anche stavolta non ha fatto mancare la sua presenza. Inizia il suo intervento con un gesto d’affetto verso mamma Angela: “La sua figura mi commuove. Dietro quegli occhi e quel sorriso c’è una forza interiore che spacca il mondo. Questa energia c’è in tutti gli esseri umani, per questo non dobbiamo scoraggiarci”. Strappa, quindi, applausi, appena alza i toni sulla città che ospita la manifestazione: “Non dite che siamo pochi, perché saremo sempre di più. La Barcellona che dorme e che passeggia qui davanti senza fermarsi ad ascoltare, cambierà. Noi non abbiamo mai perso”.

Ed è suggestivo il concetto che esprime sul termine più utilizzato nel corso degli interventi: “La verità non è solo quella ufficiale, essa è di più. Il fatto di crederci e di stare qua in strada è già in sé una vittoria”. Immancabili i riferimenti alla sua Messina: “Hanno vinto i valori e l’utopia. C’è un contagio che non c’era mai stato e la gente adesso si sente rappresentata. Le nostra strade sono state invase dalle mafie, tra cui quella barcellonese, e nessuno osava toccarle o sfidarle. Noi abbiamo osato con la gioia dentro al cuore con molta determinazione. Così abbiamo vinto e vinciamo ogni giorno. Cambia così la storia di un popolo”. Ed in chiusura si rivolge nuovamente ad Angela Manca: “Devi essere felice, ce la faremo, siamo stretti a voi e Attilio vive dentro ognuno di noi”.

L’intervento di Santo Laganà, presidente dell’associazione “Rita Atria”, presente alla manifestazione assieme alla fondatrice Nadia Furnari, è stato tra i più forti e incisivi. “Viterbo, per alcuni aspetti, è una bella città – dice Laganà – per altri, è invece una città sotterranea, criptica, silenziosa, piena di misteri. E’ una città massonica. Mio ‘fratello’ Attilio è morto in questa città ed è probabile che tutti i poteri in essa risentano di questa sotterraneità. Bisogna fare in modo, allora, che la vicenda giudiziaria sia fatta trasferire altrove.”

E questa è la sua proposta: “Raccogliere tante firme affinché la famiglia possa fare attivare la Commissione Parlamentare Antimafia”.

In piazza hanno portato il loro saluto anche il sindaco di Santa Marina di Salina Massimo Lo Schiavo, l’assessore alla Cultura di Milazzo Dario Russo, la testimone di giustizia Valeria Grasso e Sonny Foschino, presidente dell’associazione “Peppino Impastato”.

Per ragioni di tempo, non sono invece stati possibili gli interventi, programmati in partenza, dello scrittore Luciano Armeli Iapichino, autore del libro “Le vene violate”, che tratta proprio il caso di Attilio Manca, e dei giornalisti – scrittori Riccardo Orioles, Antonio Mazzeo e Luciano Mirone.

In conclusione c’è stato l’intervento, come sempre toccante, di Angela Manca. “Quando ho saputo dell’archiviazione del caso di mio figlio – ha detto la madre di Attilio – sono rimasta sconvolta, ma poi ho ricevuto tanto affetto da ogni parte d’Italia attraverso Facebook. Allora ho capito che non eravamo soli e che potevo continuare la mia battaglia. Stasera me lo avete dimostrato, ed anche se i barcellonesi presenti sono pochi non ha importanza, perché ho visto comunque tanti amici unirsi a noi”.

 

Corrado Speziale

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