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BROLESI – La buona pesca

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Diversa dalla “mattanza” di Favignana, sulla spiaggia di Brolo, come in quelle del messinese, era una lotta, alla “pari”.

Quasi tutte le sere, sulla spiaggia, chi andava a pesca, preparava gli arnesi per affrontare di notte il più grosso e combattivo pesce dello stretto di Messina: il tonno.

Ricordo che tra i tanti pescatori del tempo, c’erano anche i fratelli Paviolo, giovanissimi, tra i più accaniti appassionati di questa pesca. E loro, in quella mattina d’estate furono protagonisti di una bella pescata.

I pescatori durante il giorno non parlavano d’altro.

Innescare gli ami: un’operazione che durava a lungo e che veniva eseguita con la massima cura.

Tutto avveniva in un silenzio quasi religioso.

Chissà, forse i pescatori, fumando, pregavano anche, durante quei preparativi! Erano scaramantici, Ma a volte ci scappava anche “un santiuni”, quando l’amo infliggeva i muscoli della mano.

Erano uomini  – in queagli attimo – solitari, in cerca di pace interiore e non amavano la pesca chiassosa.

Accettavono di dover trascorrere un’intera nottata in mare nella speranza di assistere alla cattura di quel mastodonte.

Oggi, che i tempi sono cambiati, ci si rende conto che non aver presenziato a quel “rito” vuol dire aver perduto l’occasione di assistere ad uno degli eventi  più emozionanti di tutta l’attività di pesca di questo tratto del mar tirreno.

E veniva in mente il racconto di Hemingway ” L’uomo e il mare “, per scrutare l’animo del pescatore descritto dal grande romanziere.

Partivano di sera, prima che facesse buio, ed era un lungo vagare per il mare, senza alcuna certezza di successo.

C’era chi calava il conso, chi amava il traino.

L’amo, innescato con un grosso pesce, meglio se vivo, veniva trainato, legato ad una lunga lenza di nylon che nel suo svolgersi, cambiava di spessore, fino a diventare una robusta corda. Quasi 250 passi di fune (oltre 300 metri) divisa in due ceste di vimini, ben arrotolata e pronta ad essere unificata, in caso di bisogno.

Una volta la pesca era abbondante.

Era, tornando a quella foto, una bella mattina d’estate, quei fieri abitanti del mare, sulla battigia, erano ancora splendidi, con le loro pinne lunghe, incutevano rispetto, lucidi, immobili, quattro o cinque quintali di buon pesce che venivano osservati dai curiosi che facevano corona intorno a loro o si assiepavano sul muretto del nuovo lungomare.

Il mare, sin ora azzurro, sarebbe presto diventato rosso di sangue e di interiora….

Era estate, c’era caldo, per i due fratelli, tra gli ultimi, come Jachino e suoi figlio, veri pescatori brolesi, era stata una bella mattinata di pesca.

 

 

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