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CASO CUCCHI – “Io, poliziotto, chiedo scusa alla famiglia di Stefano per l’oltraggio infinito”

Io, poliziotto, chiedo scusa alla famiglia di Stefano Cucchi per l’oltraggio infinito    

Servo lo Stato da 26 anni soltanto grazie a un prudente disincanto che mi permette ancora di sopravvivere tra le pieghe di quel medesimo nulla costituito per lo più da ingiustizie, bugie, miserie umane, silenzi, paure, sofferenze.

Oggi intendo rompere quel silenzio cui si è condannati quasi contrattualmente da regolamenti di servizio che impongono e mitizzano l’obbedire tacendo, perché le parole pronunciate dal Segretario nazionale del Sap all’esito della pronuncia di assoluzione non restino consegnate anch’esse al fenomeno di cui sopra.

Il diritto di parola consentito al Segretario nazionale del Sap gli ha permesso di esprimere ”La piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati ” con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio dove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia.

“Sono convinto che potrebbe ricapitare altre volte, se questo clima perdura”.

Così Giovanni Cucchi, padre di Stefano, entrando nel tribunale di Roma per incontrare il procuratore capo della Capitale Giuseppe Pignatone.

“Le parole del Sap? Sono sempre le stesse. Per tutti i ragazzi morti sono sempre le stesse frasi” ha detto invece Rita, la madre del geometra romano, in merito alle polemiche scatenate dal segretario del sindacato di polizia Sap

“Bisogna finirla in questo Paese di scaricare sui servitori dello Stato la responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità.

Se uno ha disprezzo della condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze” .

Queste parole, in un contesto democratico che ne apprezzasse il loro peso, sortirebbero reazioni, conseguenze, interrogativi e dibattiti sul loro senso, sull’utilità e gli effetti di questa allegra scampagnata lessicale sul dolore di una famiglia nonché una minima inchiesta semantica sul concetto di vita dissoluta e al limite della legalità.

Sarebbe da attendersi dal Segretario la spiegazione su quanto realmente produca paura in questo Paese e se l’abuso di alcol e droghe sia causa di morte per lesioni e se vi sia qualcosa di più dissoluto di un diritto calpestato.

Andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l’universo della Polizia o invece siano la personale interpretazione di un dramma o la recensione di un abominio. E ancora gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l’indicatore di un Paese dove domina sul diritto l’incertezza, sulla complessità della vita l’omologazione, sui drammi umani l’assenza di indignazione e l’ignavia.

Per questo chiedo scusa alla famiglia Cucchi per questo oltraggio infinito, per questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia neppure quelli a cui per regolamento è precluso il diritto di indignarsi e di affrancarsi dalla convivenza col divieto di opinione .

Nel dubbio, semplicemente nel dubbio.

 

punti di vista contrari.

Sappe Informa

Caso Cucchi:

Sappe, processo da’ ragione a polizia penitenziaria

“Il processo d’appello per la morte di Stefano Cucchi, che ha confermato l’assoluzione per i poliziotti penitenziari coinvolti loro malgrado nella triste vicenda, ci dà ragione quando, in assoluta solitudine, sostenemmo che non si dovevano trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari”. E’ quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria.

“Abbiamo avuto ragione nel confidare nella magistratura, perché la polizia penitenziaria non aveva e non ha nulla da nascondere – sottolinea Capece – Già nel dicembre 2009, la rigorosa inchiesta amministrativa disposta dall’allora capo del Dap Franco Ionta, sul decesso di Stefano Cucchi, escluse responsabilità da parte del personale di polizia penitenziaria, in particolare di quello che opera nelle celle detentive del palazzo di Giustizia a Roma”.

“Ognuno è libero di dire quel che vuole, ma poi si corre il rischio di mettere in evidenza la propria ignoranza. E’ il caso di Adriano Celentano, che ha scritto una lettera a Stefano Cucchi rassicurandolo che dove è ora può “scorazzare fra le bellezze del Creato, senza più il timore che qualche guardia carceraria ti rincorra per ucciderti”. Celentano è tanto ignorante da non sapere che in Italia non esistono guardie carcerarie ma, soprattutto, che i poliziotti penitenziari coinvolti nella vicenda giudiziaria sulla morte di Stefano Cucchi, sono stati assolti due volte dalle gravi accuse formulate nei loro confronti. Lo preferiamo come cantante, Celentano. Almeno evita di dire stupidaggini….”.

 

Caso Cucchi, Sappe risponde ad Adriano Celentano: parla di cose che ignora, continui a cantare che è meglio

Lo dichiara Donato Capece, Segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, commentando l’intervento di Adriano Celentanosul profilo del blog «Il Mondo di Adriano».

“Celentano ci aveva regalato un’altra perla del suo garantismo a intermittenza qualche tempo fa, quando chiese la grazia per Fabrizio Corona, che sconta una pena in carcere per essere stato condannato con sentenze definitive”, prosegue Capece. “Meglio Corona di uno dei tanti poveracci che sono oggi in carcere: almeno la visibilità mediatica, con lui, è assicurata… Celentano sappia che da sempre l’impegno del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, è stato ed è quello di rendere il carcere una “casa di vetro”, cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci “chiaro”, perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale – ma ancora sconosciuto – lavoro svolto quotidianamente – con professionalità, abnegazione e umanità – dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Giusto per la cronaca, negli ultimi vent’anni anni, dal 1992 al 2012, abbiamo salvato la vita, in tutta Italia, ad oltre 17.000 detenuti che hanno tentato il suicidio ed ai quasi 119mila che hanno posto in essere atti di autolesionismo, molti deturpandosi anche violentemente il proprio corpo. Altro che le gravi accuse e illazioni di un cantante che evidentemente non ha più nulla da dire”, conclude Capece.

Sappe Informa

 

Il sindacato di polizia querela Ilaria Cucchi
E su Facebook: ‘È fortunata a vivere in Italia’

Non sono bastati i primi comunicati. Ora il sindacato autonomo della Penitenziaria – Sappe – ha depositato una denuncia per istigazione all’odio contro la sorella di Stefano. ‘Basta con le illazioni contro di noi’. Mentre sui Social Network si scatenano gli insulti. E le difese delle guardie

Istigazione all’odio. Ne sarebbe responsabile, secondo il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, morto mentre era nelle mani dello Stato il 22 ottobre del 2009 . «Dopo essersi improvvisata aspirante deputato, aspirazione che tale è rimasta grazie al voto degli italiani, prendiamo atto che Ilaria Cucchi vorrebbe ora vestire i panni di Pubblico Ministero», attacca il segretario generale del sindacato Donato Capece, in un comunicato pubblicato in rete e ripreso dalla stampa nazionale: «magari consegnando quelli da giudice al suo difensore Fabio Anselmo, per confezionare una sentenza sulla morte del fratello Stefano che più la soddisfi ma che non è la risultanza delle sentenze di primo grado e di appello».

Insomma: la richiesta di giustizia della famiglia , nata da una sentenza che ammette (mentre si aspettano le motivazioni) un black out di Stato sulla morte di un ragazzo di 31 anni visto in una settimana, fra camere di sicurezza e ospedale, da numerose persone, fra funzionari, agenti e medici, sarebbe totalmente illegittima, secondo il sindacato. «Bisogna finirla con essere garantisti a intermittenza, rispettando le sentenze solo quando queste fanno comodo», continua Capece: «Bisognerebbe mostrare pubblicamente anche le 250 fotografie fatte prima dell’esame autoptico (che dimostrano che sul corpo di Stefano Cucchi non c’era nulla) [Loro però non le stanno pubblicando ndr] e non sempre e solo quella, terribile, scattata dopo l’autopsia e che presenta i classici segni del livor mortis. E quali sono le presunte nuove prove sulla morte del giovane che non sono state portate in dibattimento?».

Per tutto questo il corpo poliziesco ha deciso di depositare una querela nei confronti di Ilaria Cucchi con l’accusa di istigazione all’odio nei confronti della categoria. Lei, a cui “è stato ucciso il fratello”. «L’insieme delle dichiarazioni diffuse da Ilaria Cucchi pare, con ogni evidenza, voler istigare all’odio e al sospetto nei confronti dell’intera categoria di soggetti operanti nell’ambito del comparto sicurezza, con particolare riferimento a chi, per espressa attribuzione di legge, si occupa della custodia di soggetti in stato di arresto o detenzione», recita il comunicato: «Questo non lo possiamo accettare. Proprio per questo abbiamo deciso di adire le vie legali nei confronti della signora Cucchi: a difesa dell’onore e del decoro della Polizia Penitenziaria».

«Non è Ilaria Cucchi a istigare l’odio ed il sospetto nei confronti dei poliziotti ma la sentenze scandalosa della corte di appello di Roma che vede tutti assolti gli imputati per la morte del fratello Stefano», commenta sulla pagina Facebook del sindacato (9mila like) Salvatore Mara: «State scavando un solco preoccupante tra istituzioni e cittadini». Ma non tutto il dibattito è di questo tenore. «Per me Cucchi non è sicuramente innocente o un santo perché comunque sia ha seminato morte spacciando droga», è la convinzione di Ilaria Dimitrio Bonsignore: «La fortuna della sorella di Cucchi è di vivere in Italia ovvero il paese dei balocchi in un altro Stato tutto ciò non sarebbe mai esistito». «Un applauso al nostro condottiere dott. Donato Capece. Lei è l’unico a difesa della Polizia Penitenziaria», scrive entusiasta il casertano Paolo Galeone.

«Io servo lo stato non la violenza, ma ti farei fare un giorno in carcere chiavi in mano con soggetti come il Cucchi…», scrive Vincent B. di Formia: «Che pretendono solo e ti denigrano continuamente… saresti il primo a tirare due ceffoni. Noi invece resistiamo, li calmiamo, io ci parlo con loro. Ma purtroppo quando, come per Giuliani, nel momento in cui ti lanciano un estintore ti devi difendere». «Due ceffoni sono una cosa, pestare come hanno fatto molti tuoi colleghi alla Diaz per puro divertimento è un’altra. O magari anche quelli si sono comportati da impeccabili servitori dello Stato?», replica Paolo. «Perdonami ma con Cucchi siamo oltre i 2 ceffoni», interviene sempre su Facebook Giovanni Spagnolo: «Io sono per il rispetto dell ordine, sto dalla parte di chi ci difende e capisco che ci sono soggetti che ti mandano fuori di testa ma siamo pur sempre in Italia non in una galera messicana e abbiamo strumenti moderni per sedare un facinoroso senza sfondarlo di botte». «Qui si parla di soggetti che anche senza motivo collezionano testate al muro per capire quanto misura il perimetro della cella, oppure si tagliano sapendo di essere infetti da patologie veneree e ti schizzato il sangue addosso, oppure prendono, scaldano lolio e te lo buttano in faccia», ribatte allora Vincent: «Magari ci fossero le pistole elettriche, almeno si paralizza il soggetto… alla nostra incolumità non pensa nessuno: siamo diventati camerieri, nessuno ci loda o ci lustra. Sai quanti suicidi ci sono nel nostro corpo? Siamo alla frutta. E la storia di Cucchi è una storia triste da entrambe le parti: gli agenti padri di famiglia avevano piacere gratuito ad uccidere di botte un ragazzo senza motivo? Non credo…».

Dopo gli sfoghi arrivano anche gli insulti. Concentrati in queste ore contro Adriano Celentano, per uno suo post sul blog personale in cui scrive a Stefano Cucchi dicendogli «Ora puoi scorazzare fra le bellezze del Creato, senza più il timore che qualche guardia carceraria ti rincorra per ucciderti». «Ognuno è libero di dire quel che vuole, ma poi si corre il rischio di mettere in evidenza la propria ignoranza», ha risposto Capece: «Celentano è tanto ignorante da non sapere che in Italia non esistono guardie carcerarie ma, soprattutto, che i poliziotti penitenziari coinvolti nella vicenda giudiziaria sulla morte di Stefano Cucchi, sono stati assolti due volte dalle gravi accuse formulate nei loro confronti. Lo preferiamo come cantante, Celentano. Almeno evita di dire stupidaggini». «Querelate anche lui», suggeriscono gli amici sui social network.

fonte:
http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/11/03/news/e-il-sindacato-di-polizia-querela-ilaria-cucchi-e-su-facebook-fortunata-a-vivere-in-italia-1.186402
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