Clima: addio alle mezze stagioni? L’Italia sempre più divisa tra alluvioni e siccità. L’area del Po quella più a rischio. Secondo gli scenari elaborati dagli scienziati dovremo fare i conti con un‘Italia senza più “mezze stagioni”, e questa volta per davvero. Ma come si vive in un Paese il cui clima passa da un estremo all’altro? Con ombrelli in mano e stivali ai piedi, ma tenendo in borsa cappelli da sole e ventagli per combattere la calura in arrivo, e viceversa. Ma il problema non si limita ovviamente all’abbigliamento o alle abitudini di vita: l’impatto più evidente è quello sulle aree agricole e quindi sul cibo, ma anche sulla produzione di energia idroelettrica e industriale.
E’ previsto, infatti, un aumento di periodi aridi, caratterizzati cioè da giornate consecutive senza precipitazioni particolarmente significative, in regioni quali la Toscana, Calabria, Sardegna, Veneto e arco alpino. Tali periodi potrebbero aumentare anche fino al 30%, secondo lo scenario “medio” (lieve aumento delle emissioni) in Toscana, giungendo fino all’80% per lo scenario peggiore, sempre in Toscana. Nello scenario più pessimistico, che vede nel 2100 i gas climalteranti di 4-5 volte più alti dell’era preindustriale, i modelli indicano un aumento delle temperature fino a 8 gradi, mentre le precipitazioni diminuiranno del 20-30%. Con uno scenario meno pessimistico gli esperti prevedono per il nostro Paese una diminuzione delle precipitazioni soprattutto al nord.
Altra conseguenza temuta e sempre più probabile sarà l’inversione marina, con l’ingresso del cuneo salino lungo il fiume a causa della diminuzione della portata d’acqua dolce, con danni per agricoltura e industria. Quindi, in sostanza, per il Po si prospettano oltre due mesi di magra in estate, quando evaporazione e traspirazione mettono a dura prova le coltivazione e l’afa provoca evidenti difficoltà per l’industria zootecnica.
Nell’ultimo trentennio del XXI secolo (2071-2100), nei mesi estivi le regioni settentrionali della nostra penisola potrebbero mediamente registrare incrementi addirittura maggiori di 6°C. Le precipitazioni invernali al nord e in particolare in Liguria, secondo lo scenario “medio” aumenteranno, andando oltre i 4-5 millimetri al giorno nello scenario più pessimista (con maggiori emissioni di gas serra), accentuandone così la stagionalità. Si verificherà un incremento degli eventi meteo estremi, come i periodi aridi, caratterizzati cioè da giornate consecutive con precipitazioni inferiori a un millimetro al giorno che, in regioni come la Toscana, potrebbero aumentare tra il 30%, secondo lo scenario “medio”, e giungendo fino all’80% per lo scenario pessimistico.
Con questi scenari, in campo agricolo colture come la vite e l’olivo subiranno pesanti ripercussioni: l’areale della vite tenderà a spostarsi verso Nord e in altitudine, mentre per quanto riguarda l’olivo lo scenario è quello dell’anticipo delle fioriture e situazioni critiche per i lunghi periodi di siccità che potrebbero causeranno inevitabilmente l’incremento della richiesta di acqua da irrigazione.
Intanto, i centri di ricerca più autorevoli come il Giss della Nasa e il Noaa hanno confermato l’anno 2015 come il più caldo mai registrato sulla Terra (i dati scientificamente attendibili esistono a partire dal 1880). Superati tutti i record precedenti, sia quello del 2005 che del 2010 e del 2014. Tendenza confermata nel gennaio 2016, di ben 1,3°C superiore alla media tra il 1959 e il 1980 (fonte Giss Nasa). Il cambiamento climatico è una delle minacce più devastanti per gli ecosistemi, la biodiversità, la straordinaria ricchezza della vita sulla Terra grazie alla quale deriviamo il nostro benessere e il nostro sviluppo e la vita di centinaia di milioni di persone sul pianeta
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