COMPLOTTISTI DEL WEB – Analfabetismo funzionale e pregiudizio di conferma

Organizzati in tribù diffondono bufale, algoritmi li riconoscono.
– di Claudia Lentini
Quanto conta oggi condividere sui social media? Quanto conta il clamore suscitato dai contenuti che pubblichiamo? Quanto conta esternare con forza le proprie convinzioni e trovarne validificazione attraverso articoli di dubbia attendibilità, bufale clamorose, pubblicate da siti online che non hanno alcuna credenziale giornalistica?.
Comunque la pensiate è un fatto concreto, anche una pericolosa tendenza, ciò che è ben rilevato da Walter Quattrociocchi, capo del CSSLab dell’IMT di Lucca, (si occupa di scienze sociali computazionali), in questo approfondimento ANSA che vi proponiamo integralmente.
L’invito, quello di continuare a leggere, a postare sui social media, con spirito critico, magari, verificando l’attendibilità della fonte, l’autore, il direttore responsabile e l’editore del quotidiano da cui traete le notizie.

TERRORISMO E IMMIGRATI NEL MIRINO DEI COMPLOTTISTI DEL WEB (Fonte: ANSA)

Gli attacchi terroristici? Solo una messa in scena per toglierci libertà; l’immigrazione fa parte di un piano per indebolire gli europei; quanto ai vaccini, sono il ‘trucco’ delle aziende farmaceutiche per assicurarsi una clientela ‘fissa’: sono gli ultimi arrivati fra gli argomenti più gettonati dai ‘complottisti’ di Facebook e degli altri social media, utenti fai-da-te di Internet che si rafforzano a vicenda scambiandosi con fervore informazioni dall’attendibilità dubbia, bufale che finiscono per cementare legami in vere e proprie ‘tribù’.

“Per ogni tipo di narrativa c’è una comunità”, spiega Walter Quattrociocchi, dell’Istituto Imt Alti Studi di Lucca, che ha presentato gli ultimi dati sul ‘complottismo’ online nel convegno sui Big Data organizzato a Roma dagli Archivi di Stato di Venezia e Roma, Politecnico di Losanna, università Ca’ Foscari e Tor Vergata di Roma, Ambasciata svizzera in Italia.

A cementare le tribù del Web “è la combinazione di una vastissima quantità di contenuti, molto eterogenei, accettati senza controllo e senza mediazione”, rileva Quattrociocchi.
“A farla da padrone – osserva – è la tendenza a prendere per buono solo ciò che è affine alle proprie credenze”, una tendenza che gli esperti definiscono ‘pregiudizio di conferma’. In più i complottisti della rete hanno l’abitudine di rilanciare le notizie ‘gradite’ senza verificarle: un comportamento che i ricercatori chiamano ‘analfabetismo funzionale’, inteso come incapacità di capire un testo.

Da questo mix di elementi nascono le tribù ‘social’. In sostanza ci sono utenti della rete che rilanciano, senza controllarle, le informazioni che confermano il proprio punto di vista. Sui social media trovano facilmente chi la pensa come loro e solo con questi si confrontano. Una volta formata la tribù, al suo interno ogni membro “piano piano – osserva il ricercatore – tende a prendere la strada del personaggio e diventa uno stereotipo”.

Localizzare le tribù non è affatto semplice: “sondiamo i diversi social media utilizzando algoritmi di riconoscimento dei topic”, ossia temi oggetto di discussione. Quindi – prosegue Quattrociocchi – altri algoritmi permettono di calcolare quanto un utente sia coinvolto in una narrativa”.

Una tecnica chiamata ‘Sentiment analysis’ permette inoltre di calcolare quanto le emozioni contino nell’interazione online. Sull’importanza dell’emotività la dicono lunga anche gli scontri che vedono coalizzate più tribù contro un nemico comune. Di solito il nemico è chi ha una posizione opposta, sostenuta in modo ugualmente radicale.

Redazione Scomunicando.it

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