Anche se l’armistizio era stato firmato, non significava nulla fino al momento in cui fosse stato possibile renderlo pubblico.
Durante l’intervallo gli Alleati continuarono a uccidere gli italiani.
Tre giorni dopo la firma, fu sferrato contro Frascati uno degli attacchi aerei più massicci che si fossero visti fino a quel momento.
Frascati, situata a una quarantina di chilometri a sud-est di Roma, era un legittimo obiettivo militare, data la presenza di numerosi alti comandi tedeschi.
Ma i bombardieri alleati, con l’abituale imprecisione, riuscirono a causare solo danni lievi a uno di essi, e uccidere invece centinaia di donne e bambini. (da ‘La guerra inutile’, pag.141)
Nelle grandi città e piccole coloro che vivevano nel sud liberato si trovavano in condizioni più difficili di quelli sotto l’occupazione tedesca. Tuttavia, se una città del nord aveva qualche importanza commerciale, veniva bombardata regolarmente e indiscriminatamente. (da ‘La guerra inutile’, pag.347)
Le storie ufficiali indicano che 64.000 italiani furono uccisi dai bombardamenti alleati contro i 56.000 civili britannici uccisi dalla Luftwaffe. (da ‘La guerra inutile’, pag.492)
Il primo attacco su Torino e Milano avviene nella notte fra il 12 e il 13 agosto. Nel capoluogo lombardo la saturazione delle bombe in un’area ristretta è tale da rischiare di provocare un’altra Amburgo, la città tedesca appena devastata dalla ‘tempesta di fuoco’ degli incendi.
Non c’è pezzo della Milano storica che non subisca immense devastazioni, dalla Galleria alla Scala, da Palazzo Marino al Castello Sforzesco, oltre a ottomila edifici distrutti o lesionati. […] Le vittime civili sarebbero ascese a 1600, i feriti a 3600 e a quasi mezzo milione i senzatetto. […]
Alla camera dei Comuni il leader laburista Bevan criticò il governo per la mano pesante usata proprio sulle città italiane che più delle altre, con i loro scioperi, avevano manifestati vivi sentimenti antifascisti.
Churchill si difese sostenendo che la durezza degli attacchi doveva convincere Badoglio e casa Savoia a gettare definitivamente la spugna. In effetti, appena si seppe dell’intenzione italiana di trattare la resa, gli attacchi aerei, almeno nel Nord Italia, cessarono. (da ‘I disperati’, pag.288-289)
A mezzogiorno oltre cento quadrimotori americani bombardano Frascati per colpire il Quartier generale di Kesselring, seminando distruzione e provocando migliaia di morti e feriti nella popolazione senza peraltro centrare l’obiettivo. (da ‘I disperati’, pag.295)
Ugo La Malfa (uno dei fondatori del Partito d’Azione), durante una riunione di esponenti antifascisti, ‘propose, e la proposta fu accettata con una risicata maggioranza, di rivolgere agli Alleati il consiglio urgente di sbloccare la situazione […] con intensi bombardamenti sulle principali città italiane […] Questi ebbero come deliberato obbiettivo i centri cittadini. Furono cioè chiaramente bombardamenti politici […] Il numero dei morti, mai acclarato completamente, soltanto a Milano superò i 10.000’. (da ‘J.V.Borghese e la X MAS’, pag.116)
Suonava mezzogiorno, quando 135 bombardieri B-17 rovesciarono su Frascati 389 tonnellate di bombe, uccidendo 6.000 degli 11.000 abitanti. Costoro pagavano con la loro vita l’inesattezza delle informazioni fornite a suo tempo da Castellano agli Alleati sulla dislocazione del Quartier Generale tedesco: esso, infatti, non si trovava proprio a Frascati, ma in diverse ville vicine, tra Montecavo e Grottaferrata, fra cui la celebre Villa Aldobrandini. Cosi i tedeschi se la cavarono con un centinaio di morti ed il loro Quartier Generale continuò a funzionare perfettamente. (da ‘In nome della resa’, pag.352)
La gente, nella stragrande maggioranza, si chiuse in un atteggiamento passivo, concentrandosi nel proprio lavoro e cercando alla meglio di sopravvivere, procurandosi il cibo necessario che le carte annonarie non fornivano e tentando di evitare ‘Pippo’, un ricognitore che anticipava i bombardamenti alleati i quali, giorno e notte, con sadismo, si accanivano contro tutto ciò che si muoveva lungo le strade grandi e piccole, contro i casolari ed i singoli passanti, seminando morte e paura. Questa tecnica crudele, militarmente ingiustificata, che gli Alleati applicavano pure in Germania, si rivolgeva da noi, giuridicamente parlando, contro i cittadini del cobelligerante Regno d’Italia, visto che né Londra né Washington riconoscevano il governo italiano idi Gargnano. Ma chi si preoccupava di queste ‘sfumature’? (da ‘In nome della resa’, pag.423)
Il dicembre del 1943 iniziò bene per gli Alleati, sul fronte italiano: il 1° del mese, infatti, essi presero, dopo dieci giorni di lotta, il Monte Camino, che era uno dei perni della ‘Linea Bernhard’.
Era una grande fortuna che mantenessero l’iniziativa, poiché, se si fossero trovati in difficoltà, a causa di una controffensiva tedesca che avesse minacciato una rottura del loro fronte, non avrebbero esitato – sul nostro suolo – a far uso dell’iprite. I fatti di Bari del 2 dicembre ne erano la prova inconfutabile. […]
Secondo Janusz Piekalkiewicz, il bombardamento di Bari fu il più proficuo del conflitto, dopo quello giapponese di Pearl Harbor. […]
Ma la tragedia non finisce qui.
Tra le navi colpite vi era la John Harvey, che trasportava, tra l’altro, 100 tonnellate d’iprite, confezionate in bombe da 45,5 kg ognuna. La nave affondò subito con tutto l’equipaggio. Com’era prevedibile, molte bombe si ruppero ed il gas riempi il porto, ma la cosa non fu resa nota ed anzi tenuta segreta per decenni.
Molti però si sporcarono di nafta contaminata e dopo un paio d’ore iniziarono ad avvertire dolori atroci. Dopo 18 ore, il primo dei 617 che furono contaminati mori. Altri 82 lo seguirono in questa sorte: l’ultimo un mese dopo il bombardamento!
La nave Bistera, che raccolse 30 superstiti dal porto di Bari per far rotta su Taranto, giunse in questo porto, 18 ore dopo, con l’equipaggio quasi cieco. Malgrado ciò, tutto fu messo a tacere.
Churchill impedì che una commissione d’inchiesta esaminasse i fatti ed ordinò che i morti per l’iprite fossero sepolti come morti per ustioni!
Al Premier britannico non andava infatti l’idea che si venisse a sapere in Italia (e nel mondo) che la Gran Bretagna era disposta ad adoperare gas venefici, contrariamente alla convenzione internazionale stipulata a Ginevra nel 1925. (da ‘In nome della resa’, pag.473)
Ma non basta: nel centro-nord, solo tra l’ottobre ed il dicembre del 1943, le incursioni aeree alleate provocarono, tra i civili, 6.500 morti, 11.300 feriti e distrussero 3.500 edifici. In questo contesto si comprende l’importanza dell’aeronautica della Repubblica Sociale Italiana, che ebbe il grandissimo merito di tentare di proteggere le città italiane più esposte ai bombardamenti condotti dalia RAF e dalla US-Air Force.
Bombardamenti che spesso, a dispetto che tanti bombardieri portassero il nome di Liberator, erano per giunta di tipo terroristico. È triste perciò che il merito dei piloti repubblicani fino ad oggi non sia stato ancora né riconosciuto, né tanto meno onorato. (da ‘In nome della resa’, pag.476)
Si era sparsa la voce che Hitler e Mussolini sarebbero convenuti il 7 aprile a Treviso per una conferenza (che invece ebbe luogo presso Salisburgo). Gli Alleati, nell’intenzione di uccidere i due dittatori, scaraventarono tonnellate di bombe sulla città e alla sera del 7 aprile oltre duemila trevigiani erano morti a causa una diceria! (da ‘In nome della resa’, pag.487)
Nel corso di un anno, a partire dal 2 novembre 1943, la RAF si era accanita ben 54 volte sulla piccola Zara, malamente contrastata dagli 8 pezzi da 75 mm della contraerea. Il risultato fu che sui 10.000 abitanti originari, quasi la metà – 4.000 – rimasero uccisi forse con lo scopo di far sfollare o di ‘ridurre’ la comunità italiana più folta della costa balcanica. (da ‘In nome della resa’, pag.518)
Dal 1939 la guerra era divenuta sempre più brutale. Pochi giorni dopo combattimento di Eglio, il 18 novembre, accadde un episodio che dimostra come i crimini di guerra non fossero monopolio degli Stati del Patto Tripartito: la nave ospedale tedesca Tubingen, malgrado che le grandi insegne della Croce Rossa fossero perfettamente riconoscibili, venne affondata dalla RAF presso il delta del Po. (da ‘In nome della resa’, pag.519)
Palermo era già stata martoriata il 18 aprile: le bombe avevano centrato il rifugio di piazza Sett’Angeli, accanto alla cattedrale. Le macerie avevano seppellito centinaia e centinaia di donne, bambini, anziani.
Niente in confronto a ciò che accadde tre settimane dopo. Al mattino due gerarchi fascisti, Cucco e Caradonna, avevano celebrato la ricorrenza della fondazione dell’Impero con una grottesca cerimonia nella Sala delle Lapidi a Palazzo delle Aquile. A mezzogiorno giunse la prima ondata di quarantotto Liberator. Se ne susseguirono altre undici. I morti furono più di tremila, il numero esatto rimase ignoto giacchè molti corpi non furono mai recuperati. Interi quartieri, quelli più caratteristici che tramandavano agli arabi, ai normanni, agli spagnoli, vennero spazzati via. (da “Arrivano i nostri – 10 luglio 1943: gli Alleati sbarcano in Sicilia”, pag.148-149)
Quei bombardamenti indiscriminati rispondevano alla logica del Foreign Office, accettata a Casablanca, di piegare il morale degli italiani con il terrore, con i massacri, con le distruzioni. (da “Arrivano i nostri – 10 luglio 1943: gli Alleati sbarcano in Sicilia”, pag.150)
da:http://www.controstoria.it/bombardamenti-in-italia.html
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