Non erano forse pelati (va da sé che inclusi sono gli stempiati) Socrate o Shakespeare? Giulio Cesare o Cezanne?
E non si può certo dire che Sean Connery (da agente 007 indossava un toupet), William Hurt e Luca Zingaretti (l’apoteosi) non siano sexy!
«Uno studio sulla calvizie è uno studio sulla natura umana — premette lo scrittore —. La superficialità e la vanità sono sotto gli occhi di tutti e in ogni dove. L’illusione di chi è convinto che sia impossibile individuare la sua parrucca o il suo riportino è al tempo stesso esilarante e deprimente».
E siccome le statistiche vanno per assonanza (tre trentenni su dieci sono calvi e stanno perdendo i capelli; poi quattro quarantenni sui dieci; cinque cinquantenni su dieci e così via) Baldwin ha deciso che raccontare le storie dei pelati più famosi al mondo, gli aneddoti, gli errori e le leggende fosse il modo migliore per arrivare ai quaranta validi motivi per andare fieri della propria pelata.
A cominciare dal fatto che (al contrario di quanto pensano i signori) nessuno riesce mai a capire l’età dei calvi; che ci si guadagna in sicurezza e accettazione di sé; che è igienicamente più facile curarsi; che la «piazza pulita» incute rispetto; che è più semplice da baciare; che non si perde più tempo dai parrucchieri chiacchieroni; che i malocchi stanno lontani.
Trapianti e riporti, però, in politica. E qualche calvo coraggioso (da Churchill a Mitterrand). «Ma non, ahimè, in Usa», dice Baldwin. Oltreoceano vale sempre la legge di Noble («The hirsute tradition in American Politics»): «A pari condizioni, un calvo non potrà mai essere eletto presidente degli Stati Uniti». Tanto è vero che nel ’72 George McGovern non riuscì a battere Richard Nixon: si ritirò quando scoprirono che indossava un toupet.
E dovettero faticare non poco Carter e Clinton per ricreare l’immagine giovanile e vigorosa di una chioma alla John F. Kennedy. Fissazione tutta americana quella dei capelli se è vero che fra i divi c’è persino chi si attaccò la parrucca col mastice (Tony Curtis) o chi, non contento del riporto, si fece ritoccare (Kevin Costner in «Guardia del corpo») al computer le piazze! Ma la «modernità» è Bruce Willis che dichiara in tv: «La calvizie è il modo in cui Dio ti fa vedere che sei solo un essere umano».
Dall’antichità si è data ogni tipo di colpa alla perdita dei capelli che in realtà ha a che fare con una combinazione fra testosterone ed ereditarietà. Ma nei secoli sono stati accusati: il sesso (il troppo — dicevano — fa cadere le chiome perché toglie calore al bulbo); l’intelligenza (i cervelli sviluppati o in attività premono e non permettono una buona irrorazione, sempre al bulbo); le dieta (ora troppa carne, ora troppa verdura); l’empietà (per via del fatto che le guide religiose avessero sempre chiome rigogliose!); gli choc (questo è vero ma si tratta di «alopecie» particolari); il riso (inteso ridere, perché negli anni Cinquanta gli studiosi avevano notato che le scimmie avevano facce statiche sì, ma pelose)! I rimedi? Fra i più terrificanti: dagli sterchi vari, alle leccate di mucca, al latte di pipistrello, alle ragnatele, alla pipì sino al cerume. E poi ortiche, bacche di mirra, denti di cavallo tostati, serpenti, lanolina, fulmini (sì, fulmini) e paraffina. Giusto per ricordarne qualcuno. Oggi? Ma non era che calvo è bello?
fonte: www.corriere.it
SOTTO IL CAPPELLO NIENTE
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