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DANTE ALIGHIERI – Come oggi, ma nel 1321, moriva il Sommo Poeta.

“Risorgimentali e antirisorgimentali, mettetevi l’anima in pace. L’Italia non l’ha fatta Garibaldi, e nemmeno Cavour o Vittorio Emanuele. L’ha fatta la geografia, l’ha fatta la storia, l’ha fatta la letteratura. Ma se cercate il fondatore, se avete bisogno di un padre, un Enea per l’Italia, allora quel Fondatore non fu un condottiero, ma un poeta. L’Italia fu fatta da Dante Alighieri. Fu lui a dare dignità al terreno primario e comune di una nazione, la lingua. Fu lui a riannodare l’Impero e il Papato, cioè la civiltà cristiana e la civiltà romana, riconoscendoli come i genitori dell’Italia….”

(Marcello Veneziani)

Il 14 settembre del 1321 moriva DANTE ALIGHIERI.

«Risorgimentali e antirisorgimentali, mettetevi l’anima in pace. L’Italia non l’ha fatta Garibaldi, e nemmeno Cavour o Vittorio Emanuele. L’ha fatta la geografia, l’ha fatta la storia, l’ha fatta la letteratura.

Ma se cercate il fondatore, se avete bisogno di un padre, un Enea per l’Italia, allora quel Fondatore non fu un condottiero, ma un poeta. L’Italia fu fatta da Dante Alighieri.

Fu lui a dare dignità al terreno primario e comune di una nazione, la lingua. Fu lui a riannodare l’Impero e il Papato, cioè la civiltà cristiana e la civiltà romana, riconoscendoli come i genitori dell’Italia.

Ebbero altri figli, certamente, ma la figlia che ereditò la casa paterna e materna fu l’Italia. Certo, Dante vaticinava una monarchia universale, ma fu il primo a considerare il fulcro di una rinascenza in Roma, nell’Italia cattolica ma non clericale, dove l’Impero ha dignità pari a quella del Papato.

E fu ancora Dante a creare un mito di fondazione e una narrazione su cui costruire l’Italia, e a cercare un Veltro che la unisse da «feltro a feltro», come egli scrisse, «di quell’umile Italia fia salute»; alimentando così un’aspettativa che altri letterati – da Petrarca a Machiavelli, da Alfieri a Foscolo e Leopardi – poi coltivarono.

La nostra è una nazione culturale, nata non con la forza delle armi, ma con la forza della poesia; per questo l’Italia è uno Stato fragile, ma un’identità forte.

Tuttora, al di là di tutto, la dignità universale dell’Italia non è di natura commerciale o industriale, militare o tecnologica, ma culturale: si studia l’Italiano per ragioni culturali, si viene in Italia per ragioni culturali, si considera l’Italia per ragioni culturali.»

«Imporre a tutti Dante fu una necessità per la scuola ma condannò all’inferno la sua grandezza.

Dante dovrebbe citarci per danni. Vi risparmio il Dante vituperato come «reazionario» dalle avanguardie o il più recente Dante malato di narcolessia e allucinazioni, secondo studi medici…

L’Italia risorgimentale, desanctisiana e carducciana si nutrì del culto di Dante e sognò il Veltro, Ruggiero Bonghi fondò la Società Dante Alighieri, il fascismo lo celebrò come precursore d’Italia e della risorta romanità, ma nessun grande poeta o scrittore italiano osò mettersi nel suo solco (d’Annunzio stesso, benché Vate, percorse altre vie). Si posero invece, sulla scia di Dante, Milton, Blake, i romantici, Eliot e Edgar Lee Masters con Spoon River e sopra tutti Ezra Pound, l’unico poeta dantesco del ‘900.»

Marcello Veneziani

Redazione Scomunicando.it

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