Per due anni, dopo il “verdetto” giunto con un atto di notifica, il docente messinese è a rischio di sospensione.
Un procedimento discutibile, sotto mille profili, compreso quello giuridico.
Non ci sono limiti di tempo per avviare e chiudere il procedimento (la legge prevedeva 60 giorni prima e 120 dopo, sempre con la possibilità di straforare, non c’è l’obbligo di rispettarla, dopo la riforma della legge Madia).
Qui il giudice è lo stesso PM e nell’ulteriore “accertamento” i nuovi atti non sono stati sottoposti alla difesa, ma presentati in sentenza – infatti il prosieguo di indagini dopo il deposito della memoria difensiva, senza che la difesa nè l'”imputato” ne siano a conoscenza elude ogni “diritto” -.
E poi, di fatto, Mazzeo viene condannato senza specificare quale articoli delle normative e dei contratti hai violato.
Lui ora può ricorrere al Giudice del Lavoro, ma oggi salta agli occhi – e la vicenda del docente messinese e della “sua” Dirigente diventa un caso nazionale – che quello che sta avvenendo nelle istituzioni scolastiche sfugge alle regole.
Un caso da attenzionare, seriamente, e che dovrebbe far accendere i riflettori su quelle “piccole monarchie” che sono i plessi scolastici, mentre da più parti scatta la solidarietà incondizionata per Antonio Mazzeo.
Cangemi (PCI) è stato tra i primi ad esprimerla: “Solidarietà a Antonio Mazzeo, la denuncia della militarizzazione della scuola continua”. Scrive e nella nota si denuncia quell’azione persecutoria nei confronti del prof. Antonio Mazzeo, colpevole solo di denunciare democraticamente la presenza sempre più pervasiva di strutture militari, nazionali e Nato, nelle scuole del nostro paese.
E si evidenzia l’enorme solidarietà che si è manifestata attorno ad Antonio, subito dopo l’annuncio, a maggio, dell’avvio di un provvedimento disciplinare per il dissenso espresso rispetto ad una manifestazione militare nell’istituto dove insegna.
Un dissenso coerente con quanto denunciato tante altre volte e coerente, soprattutto, con una vita d’impegno per la pace.
In favore di Mazzeo, e in maniera trasversale, da ogni parte d’Italia si sono levate voci e scritti documenti votati anche contro l’autoritarismo nelle scuole.
Sono state le voci di insegnanti, di giornalisti, di intellettuali fino a numerosi settori politici e sindacali.
Ma la dirigente scolastica, la professoressa Giovanna Cacciola, non è arretrata di un sol passo, e ieri ha emesso la condanna irrogando contro Antonio Mazzeo “la sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto”.
Un segnale chiaramente autoritario che giunge praticamente all’inizio dell’anno scolastico, e che si estende, il messaggio e chiarissimo, contro tutti coloro che non intendono rinunciare alla democrazia ed alla libertà di espressione nella scuola della repubblica.
E un punto fermo che potrebbe “far scuola”.
Conoscendo Mazzeo sappiamo che pur rischiando seriamente il suo posto di lavoro – e per questo gli esprimiamo la piena solidarietà – non smetterà di rivendicare il diritto di espressione, di manifestare le sue idee e di denunciare quel crescente condizionamento militare sull’intero sistema dell’istruzione che l’ha portato a questo provvedimento.
Per questo non bisogna spegnere i fari dell’attenzione su di lui.
Anche se tutto è una brutta storia.
La scuola – come dice Luca Cangemi, responsabile nazionale scuola del Partito Comunista Italiano – della Costituzione è scuola di pace e democrazia, che deve respingere l’ideologia della guerra e l’autoritarismo che inevitabilmente l’accompagna, come anche questa triste vicenda conferma.
Il tutto parte quando il “Maestro” divenne oggetto di un procedimento disciplinare per aver contestato la presenza della propaganda militare e dell’Esercito nella propria scuola.
Lui è Antonio Mazzeo, docente dell’ICS “Cannizzaro – Galatti” di Messina, contro il quale la dirigente scolastica dell’Istituto, Giovanna Egle Candida Cacciola, ha promosso un procedimento disciplinare, oggi divenuto “sentenza”
La colpa di Mazzeo, da sempre in prima linea contro il Muos e contro la Guerra, era ed è quella di aver contestato, civilmente, a colpi di articoli, senza arretrare di un passo, con si fa in guerra, la presenza della propaganda militare e dell’Esercito nella propria scuola.
I fatti risalgono allo scorso 17 aprile quando in quell’istituto venne ospitata una delegazione della Brigata Aosta con la sua banda, che si esibì a scuola.
Nei giorni precedenti, Antonio Mazzeo, da sempre impegnato in difesa della pace e nella promozione della soluzione non violenta di tutti i conflitti, aveva inviato una lettera alla D.S. nella quale sottolineava di aver appreso dell’esistenza dell’iniziativa dalla stampa.
Mazzeo evidenziava che la stessa era in contrasto con i valori didattico-educativi dell’istituzione scolastica e sottolineava che non era stata regolarmente deliberata dagli organi collegiali.
Il docente concludeva esprimendo un totale dissenso “per questo pseudo-progetto “Militari-studenti […] realizzato proprio nei giorni in cui si consuma l’ennesima tragedia di guerra internazionale utilizzando ancora una volta come piattaforma di morte la Sicilia e le sue basi militari”.
Successivamente, con modi coerenti e pacati, il professore aveva espresso pubblicamente le medesime riflessioni, che venivano divulgate su alcuni blog on line, compreso sul nostro giornale.
Il 15 maggio del 2018 la D.S. contestava al docente di avere pubblicamente danneggiato l’immagine della scuola poiché aveva screditato la dirigente e denigrato l’istituzione scolastica.
Va notato che la D.S., nella contestazione mossa a Mazzeo, sostiene, fra l’altro, che non c’era nessun obbligo a partecipare all’iniziativa del 17 aprile.
Ciò in palese contrasto con la circolare 102/DS del 13 aprile 2018 nella quale, in riferimento alla contestata attività, si legge: “tutti gli studenti dei tre gradi di istruzione prenderanno parte all’evento”.
L’obiettivo svolgimento dei fatti dimostra la pretestuosità dell’accusa e, soprattutto, la mal dissimulata volontà di negare la libera espressione delle opinioni, anche quando queste ultime sono perfettamente coerenti con il dettato costituzionale.
E la sanzione di oggi lascia molto perplessi sia per i modi che per i contenuti.
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