Fotografie, appostamenti, pedinamenti, mesi di indagini e riscontri sono l’articolato lavoro investigativo condotto dalla Polizia di Stato.
Ora professionisti, gente per bene dei Nebrodi, irreprensibili uomini timorati di Dio, mariti fedeli e moralisti sempre pronti a recitar omelie o sermoni nel nome della comune morale, temono che i loro nomi possano trapelare dai verbali quali bavosi abituè, frequenatatori di quei locali che tra Sant’Agata di Miltello, Torrenova, Caprileone e Caronia – ma anche nella zona di Brolo, e a Patti se ne contano – erano diventati meta delle loro serate, dove desiderare, toccare, approcciare una donna non era un problema in quanto bastava pagare e tutto era risolto.
La Polizia ha accertato che dietro le insegne di circoli privati e ritrovi c’erano i più classici dei “privè” con tanto di lap dance e salottini, poi a determinare se in quei luoghi c’era l’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione sarà il Giudice, ma di fatto si sa che le ragazze, erano per lo più straniere, molto belle, e a volte figuravano anche come socie dei club e che i reati amministrativi si sono consumati a iosa.
Finito il clamore della vicenda giudiziaria, ammutolite le sirene delle volanti – che già questa notte, si leggeva su facebook, annunciavano una “retata” , si doveva stabilire solo per chi e per cosa – resterebbe di fare la solita analisi sulla provincia bacchettona e senza fantasia dove nei club privèe, vicino a vaccari con le scarpe sporche di fango c’erano anche notabili e professionisti, sicuri di aver sesso o sbirciante goderecce, a suon di euro, ma anche e sopratutto era, consapevolmente, vicino al dramma di chi è costretto a vendersi; di chi è costretta a farsi laidamente toccare e deve sorridere, facendo finta di godere, a chi di umano ha ben poco. Uomo che va condannato, e messo alla gogna, con ugual o più disprezzo da riservare a chi gestisce il mercato del sesso a qualsiasi latitudine si svolga questa attività.
Le indagini hanno permesso di disegnare i profili di tre distinte organizzazioni criminali, operanti autonomamente in ogni singolo locale. Qui si reclutavano le donne, spesso straniere e si definiva anche la tipologia dei servizi da offrire ai clienti, che venivano da tutta l’isola.
Si spaziava dalle semplici consumazioni, agli spettacoli di lap dance o spogliarello; agli incontri nei privè, anche alla “consumazione” di rapporti sessuali all’interno ma anche all’esterno della sede del circolo stesso, in appartamenti o alberghi.
Storie complesse, profili umani differenti, ma certamente ci sentiamo di stare dalla parte delle ragazze costrette a prostituirsi.
Abbiamo idea da dove vengono, cosa hanno lasciato, come subiscono ricatti e violenze, come sono private della loro dignità, violate e violentate.
Tante “sconosciute”, come nel film di Michele Placido, oggi finite sotto i riflettori, in Questura, ma che, questo momento, potrebbe essere anche quello di recuperare libertà e dignità.
Anche qui la Magistratura, il Giudice, dovrebbe, come sopra, nel definire responsabilità, colpe, condanne, pensare ad azioni riabilitative, di recupero, di assoluzione e compensazione per colpe subite.
Riepilogando i dati dell’operazione: la Polizia di Stato ha proceduto all’esecuzione di:
n. 3 sequestri di immobili sede dei locali notturni “Deja Vu” di Torrenova; “Dolce Vita” di Torrenova; “Dubai Night Club” di Caronia;
n.7 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di: LO RE Giuseppe , GUEORGUIEVA Dimona Dimitrova, ALESSANDRINO Francesco, GALATI RANDO Vincenzo, HAMHODERA Jevgenia, OLIVIERI Alessandro, SANFILIPPO TABO’ Claudio Valentino.
n. 6 ordinanze di arresti domiciliari a carico di: SEMILIA Vincenzo, DILATI Emanuele, GALATI RANDO Andrea , GHEORGHIU Carmen Georgiana, CALA’ LESINA Sebastiano, MARINO Carmelo.
n.1 ordinanze di obbligo di dimora a carico di: GIARDINIERI Benedetto.
n.20 denunce all’autorità giudiziaria per apertura di locali pubblici senza licenza e associazioni a delinquere finalizzate allo sfruttamento della prostituzione.
Abbiamo omesso le foto. Non per rispetto di chi è accusato di un reato che noi giudichiamo gravissimo – ma che è “non colpevole” fino a sentenza – ma forse per evitare che le famiglie paghino ulteriormente la colpa di aver in casa debosciati di simil fatta.
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