Inaugurata la mostra su Fabrizio De Andrè. All’Ara Pacis fino al 30 maggio
di Massimo Lomonaco
La mostra e’ una narrazione virtuale, (ideata da Studio Azzurro) nella quale ogni spettatore – promettono i curatori, Vittorio Bo, Guido Harari e Vincenzo Mollica – puo’ mettersi in relazione con l’universo dell’artista.
La rassegna – promossa dall’assessorato alle politiche culturali del Comune di Roma, dalla sovraintendenza ai beni culturali, dalla Fondazione De Andre’, da quella di Genova Palazzo Ducale e da Zetema – affronta i grandi temi della visione di De Andre’: la societa’ del benessere e il boom economico anni ’60, gli emarginati e i vinti, la liberta’, l’anarchia e l’etica, gli scrittori e gli chansonnier, le donne e l’amore, la ricerca musicale e la linguistica. Suddivisa in quattro percorsi, la poetica, la musica, i personaggi/tarocchi delle canzoni (”quella che preferisco”, dice Dori Ghezzi), la vita, la mostra arriva a Roma ad una settimana dai 70 anni che De Andre’, morto nel 1999, avrebbe compiuto. ”Non volevamo – spiega ancora Dori Ghezzi ricordando l’avvio della rassegna a Genova – una mostra statica, senza vita, ma che invece sapesse rappresentare anche l’aspetto ludico, circense e autoironico di Fabrizio. Lati ai quali teneva molto. Insomma qualche cosa che il pubblico proprio non si aspetta”. Umberto Croppi (assessore alle politiche culturali) e Umberto Broccoli (sovrintendente ai ben culturali) insistono molto sull’accostamento tra le mostre su Faber e Caravaggio: ”Mentre parlavo di Fabrizio e riascoltavo i testi delle sue canzoni – sottolinea il primo – mi sono venuti in mente i personaggi ritratti da Caravaggio: hanno entrambi pescato nei bassifondi della vita”; ”senza togliere nulla alle altre – dice il secondo dopo aver esaltato la ”tolleranza” come valore principe di De Andre’ – le rassegne che oggi contano nella capitale, sono queste due. Una bella coincidenza”. Guido Harari – fotografo di Faber – preferisce parlare invece di cosa avrebbe cantato oggi l’artista (”forse la rete”) e di come si sarebbe espresso (”probabilmente su un blog, come il suo amico Grillo”), ma Dori Ghezzi non e’ d’accordo (”Fabrizio non era molto tecnologico”).
E se Francesco Marcolini, presidente di Zetema, si dice ”onorato di aver portato la mostra a Roma”, Guido Mollica sceglie la definizione piu’ appropriata per la rassegna: ”uno sguardo sul’arte di Fabrizio come se fosse ancora in tournee”’.
Fonte e Foto da Ansa.it
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