Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista al ventenne Edoardo Laddomada, il quale studia recitazione e cinematografia
Ciao Edoardo! Vorrei domandarti subito come, quando e da quale motore interiore ha avuto origine il tuo viaggio nel mondo della recitazione.
Da piccolo chi desideravi diventare “da grande” e che bambino sei stato? “Già da piccolo desideravo diventare un attore, oppure un medico. Sono sempre stato molto sensibile ed emotivo e ho sempre avuto interessi (associabili, spesso, a un’età maggiore rispetto alla mia anagrafica) differenti dai miei coetanei… tant’è che ho sempre stretto amicizia con persone più grandi di me”.
Quale colore e quale canzone assoceresti alle fasi maggiormente significative della tua esistenza finora?
Cosa rappresenta, per te, la Bellezza e cosa l’Arte e quale ritieni esserne il potere nonché principale pregio e valore? “Credo che la bellezza e l’Arte siano tutto ciò che comunica qualcosa, attraverso l’osservazione. Faccio un esempio: posso reputare esteticamente o artisticamente qualcosa/qualcuno migliore di qualcun altro ma, se quello che osservo non mi comunica niente, la sua bellezza perde di valore”.
In un’ideale scala da 0 a 10, quant’è e quanto dovrebbe essere importante – a tuo avviso – l’aspetto esteriore e soprattutto com’è possibile capire e riuscire a far emergere la personalità del singolo attraverso un’esteriorità che sia fedele “bigliettino da visita” di ciò che si è interiormente?
Mi permetto di affrontare l’argomento dei disturbi alimentari in quanto, tu stesso, lo hai fatto con grande senso di responsabilità verso chi ne soffre. Te la senti di condividere con noi cosa ritieni sia fondamentale sapere anche al fine di cercare di abbattere, così, taluni stereotipi? “È fondamentale dare un minimo segnale del proprio malessere alle persone fidate, non chiudersi in sé e non pensare che non ci sia chi può comprendere. Non bisogna credere che le persone si prenderebbero gioco delle nostre difficoltà. Spesso quando ti ci trovi dentro a tali detti disturbi, ma in realtà in qualsiasi disturbo psicologico, durante una fase acuta è come essere dentro a un uragano. Intorno a te – anche se c’è qualcuno – è come se fossi da solo, avvolto su te stesso. Trovo importante sfatare la diceria che essi siano prettamente correlati alle femmine e che i ragazzi che ne soffrono celino confusione sul proprio orientamento sessuale… non è così, purtroppo i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità, vigoressia, alimentazione incontrollata ecc.) appunto possono colpire tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”.
Secondo te, perché in alcune persone c’è ancora una sorta di ossessione di identificare il genere di appartenenza con il sesso di nascita (come se nascere maschio o femmina determinasse o, comunque, dovesse determinare indiscutibilmente un qual certo comportamento piuttosto che un altro)? “Spesso le persone tendono ad attribuire un’identità di genere specifica alla propria persona per riuscire a esprimere ciò che sentono… l’obiettivo, dunque, non è quello di etichettarsi ma di associare la propria personalità a un qualcosa. Detto ciò, tuttavia, non condivido l’utilizzo inappropriato che se ne fa. Il farne un uso improprio è, infatti, una mancanza di rispetto sia verso se stessi sia verso la comunità (in quanto, ciò, porta a una mancanza di credibilità). Io, ad esempio, non mi configuro né con il genere maschile né con quello femminile… chiaramente ognuno di noi è diverso ed è giusto rispettare le richieste altrui affinché ciascuno si possa sentire a proprio agio, a maggior ragione a riguardo di temi così tanto delicati e attuali”.
Quanto ti pare pesi – per larga parte della gente (senza, tuttavia, voler generalizzare) – il timore del giudizio altrui, il luogo e il tempo in cui si vive, la posizione lavorativa e famigliare che si ricopre nello scegliere come apparire e come invece non mostrarsi reprimendo così il piacere dell’assecondare il gusto personale e se stessi?
Pensi che debba esserci una sorta di galateo del buongusto e, in caso affermativo, cos’è il buongusto tenendo comunque presente il rispetto delle differenti soggettività e preferenze di ciascuno di noi? “Se teniamo conto delle differenti soggettività e preferenze di ognuno di noi, secondo me, il buongusto è un qualcosa di estremamente dinamico e contestualizzabile. Non credo che esso possa rimanere costante poiché la società è in continuo cambiamento e noi, in quanto individui, idem. Nonostante ciò, sicuramente, in base a un ben determinato evento ci sarà un altrettanto preciso e specifico gusto dominante (rispetto a un altro)”.
L’empatia, nella vita e per un attore in ispecie, quanto è importante e quale metafora utilizzeresti per spiegarla a un bambino? L’ironia invece quale valore incarna e aggiunge, conferisce, all’esistere? “L’empatia è importantissima, chiaramente bilanciandola… dacché sia essa sia la sensibilità sono due armi estremamente a doppio taglio. La metafora più semplice che mi viene in mente, per spiegarla a un bimbo, è legata all’interpretazione degli stati d’animo altrui ossia significa prestare attenzione e cercare d’essere d’aiuto al prossimo. L’ironia è leggerezza applicata all’esistere. Esistono molte persone, ma quante vivono veramente? È appunto anche grazie proprio all’ironia circa la propria esistenza che ci si può sentire un po’ in vita”.
Professionalità di cosa ritieni sia sinonimo e vi è qualcuno con il quale, alla luce di ciò, vorresti collaborare nella veste d’attore? “Professionalità, dal mio punto di vista, è sinonimo di spazio. Può sembrare paradossale, ma la professionalità più grande non si pone limiti… analizza, va in profondità, non ha un confine definito (per l’appunto, proprio come è peculiare dello spazio). Io sono un grandissimo fan di Timothée Chalamet, trovo fantastico il suo modo di spaziare. So che probabilmente non collaborerò mai con lui, dunque lavorare insieme a qualsiasi altro attore/attrice poliedrico e umile sarebbe già una conquista fantastica”.
I ricordi, la sperimentazione e l’osare, il pianificare e l’organizzare, l’istinto e la ragione quanto sono fondamentali nel tuo vivere e in che misura timonano il tuo percorso nell’accademia di recitazione e cinematografia? “Tutte le volte in cui ho avuto le maggiori soddisfazioni è stato quando ho osato. Organizzare e adottare un metodo funzionale per sé e, poi, osare è una doppietta che può portare a molte soddisfazioni. La recitazione è un mondo talmente tanto variegato che un buon attore non può usare maggiormente l’istinto o la ragione… deve saperli portare avanti entrambi, insieme”.
Qual è il tuo punto di vista sui social [clicca qui https://instagram.com/eddie_banny_?igshid=YmMyMTA2M2Y= per accedere al profilo Instagram di Edoardo Laddomada] e con quale finalità ti ci approcci e li utilizzi? “Io adoro comunicare e i social, su questo fronte, sono un ottimo mezzo. Mi hanno aiutato tantissimo nella quarantena dovuta al Covid-19. Se non ci fosse stato tale periodo di chiusura all’interno delle proprie mura domestiche, forse non avrei avuto modo di comprendere che dovevo iniziare un percorso serio di recitazione e che ci dovevo credere veramente in ciò che il recitare mi può dare. Nonostante ciò, la mia opinione sui social è negativa a causa della superficialità, dei giudizi, della cattiveria a manetta che vi ha luogo… ma, dopotutto, essi sono la rappresentazione amplificata di quello che siamo ed è anche una realtà stereotipata. Attualmente domina l’indifferenza e la mancanza di forti personalità, la maggior parte della gente è orientata verso un’unica traiettoria idealizzata e la assurge a modello giusto da seguire ed emulare”.
Infine, prima di salutarci, vuoi anticiparci quali sono i tuoi prossimi progetti? “Sono stato richiesto in talune trasmissioni televisive, per partecipare ad alcuni talk show e reality abbastanza conosciuti in Italia. Ogni esperienza bisogna coglierla, per lo meno all’inizio, anche per capire che cosa ci appartiene di più e che cosa sentiamo maggiormente affine a noi. Una chicca importante che voglio condividere è il fatto che – in questi primi mesi di anno accademico – ci stiamo focalizzando un sacco sul monologo di Marco Antonio tratto dal “Giulio Cesare” di William Shakespeare. Spero che le cose evolvano per il meglio e ti ringrazio tantissimo per la tua disponibilità. Un caro saluto”.
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