“Accettare di essere sospesi… Accogliere la propria fragilità e abbracciarla come si farebbe con un bambino spaventato… Stiamo riscoprendo il piacere di desiderare, diverso dall’avere bisogno di qualcosa.”
Il momento che tutti gli italiani stanno vivendo non ha precedenti dalla fine della Seconda guerra mondiale, pur trattandosi, allora, di situazioni differenti. Le condizioni familiari e personali, lo stato di isolamento forzato, i pensieri e le preoccupazioni, ma anche la scoperta di una dimensione nuova in cui ritrovare se stessi, inevitabilmente provocano degli effetti sia a livello personale che sociale. Per questo abbiamo incontrato una professionista d’eccellenza che potesse spiegare tutto ciò, alla luce delle percezioni e delle esperienze di chi opera quotidianamente nel campo delle scienze sociali.
Donatella Lisciotto è psicologa, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana (SPI-IPA), socio fondatore del Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala, presidente dell’Associazione Sostieni un Paziente a Distanza.
Intanto un’anomalia che cogliamo volentieri: la dottoressa Lisciotto, attenta e particolarmente motivata, anticipa le nostre domande con un intervento preliminare:
“Vorrei subito dire che, sebbene l’impegno dell’intervistatore, del giornalista, sia quello di porre domande che possano dare risposte che rassicurino e informino, sarebbe piuttosto auspicabile accettare l’idea che non ci sono risposte che possano dare certezze. Quello che dobbiamo accogliere è di non sapere cosa accadrà, questa è la grande forza dell’individuo: accettare di essere sospesi.
Siamo funamboli, in equilibrio, alle prese col baratro, la nostra forza è riuscire a tollerarlo”.
Dottoressa, a causa di questa emergenza ci ritroviamo tutti chiusi in casa, all’improvviso. Pesa la costrizione, la privazione di libertà. Si vive tra la preoccupazione e l’attesa. Qual è il miglior antidoto all’ansia e alla paura?
Un proverbio siciliano dice: Calati junco chi passa ‘a china. Ecco, noi, adesso, dobbiamo essere come giunchi flessibili che si piegano al passaggio della piena, resistendo al peso, sopportandolo ad oltranza anche nel momento in cui sembra ci manchino le forze, affinché possiamo ritornare successivamente dritti, stabili, ma non impettiti.
In questo momento la cosa più sana e funzionale è riconoscere e accettare di provare ansia e angoscia piuttosto che negarla o minimizzare. Paradossalmente, l’antidoto migliore è proprio quello di accogliere la propria fragilità e abbracciarla come si farebbe con un bambino spaventato. Di fronte a certi fatti, come quello che stiamo vivendo, è importante consentirsi di provare dolore, paura, di viversi l’impotenza.
Cosa ci lascerà alle spalle questa fase critica? Cambieranno le nostre abitudini quotidiane? Comprenderemo il valore della libertà e della solidarietà?
Vorrei citare il genio Freud quando nel suo articolo “Caducità” del 1915, commentando gli esiti della guerra, disse: “La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio”. Quello che ci lascerà alle spalle questa fase critica, per le variabili dell’individuo, è difficile prevederlo, ma ciò che sarebbe auspicabile è che non si dimentichi facilmente il “pregio” della “limitazione del godimento”: limitazione delle libertà, da quella di abbracciare i propri cari, raggiungere persone lontane – visto che oggi, molte famiglie, a causa della “colta emigrazione”, sono separate dai figli – al potersi spostare e viaggiare in ogni dove, a quelle più comuni come andare a prendere un caffè con un’amica o farsi una piega dal parrucchiere.
Non è scontato il valore della solidarietà, quando la realtà è troppo pesante, incombente e persecutoria, quando si è troppo impauriti e impotenti, non sempre l’individuo è capace di gesti di solidarietà o di altruismo.
Cantare fuori dai balconi, tutti insieme, in questo momento di difficoltà, esporre bandiere e condividere una speranza “nazionale”, fino a che punto può dare sollievo?
Comportamenti come cantare fuori dai balconi possono dare sollievo nella misura in cui la perdita delle sicurezze, della stabilità personale, produce un vero e proprio lutto per ciò che sta venendo a mancare, che si sta perdendo. Questo vissuto può venire alleviato investendo in atteggiamenti patriottici che virano verso il recupero di valori imperituri. Non a caso uno dei canti più in uso è l’Inno di Mameli o L’Italiano di Toto Cutugno.
In considerazione di queste iniziative così drastiche, prese a livello nazionale e territoriale, che contributo stanno dando gli psicologi, al fine di valutarne e prevederne le conseguenze, cercando i giusti rimedi?
L’Ordine degli Psicologi, la Società di Psicoanalisi Italiana e altre comunità psicoanalitiche si sono attivate per realizzare sportelli d’ascolto gratuiti per il sostegno psicologico. A Messina il Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala e l’Associazione Sostieni un Paziente a Distanza, in linea con la loro politica sociale, si sono attivati subito, prima di tutti, e hanno istituito un punto d’ascolto telefonico, gratuito (in calce all’intervista, i numeri telefonici contattabili nei giorni e orari della settimana, ndr).
In un’epoca di impegni serrati, frenetici, di pause lavoro fuori casa, di genitori distanti dai figli, le persone hanno ritrovato la condizione di trascorre il proprio tempo in famiglia. Può essere l’occasione giusta per riacquistare certi valori da mantenere anche in futuro?
Questa epidemia ci ha colti di sorpresa e ha destabilizzato la nostra organizzazione, non solo quella esterna, pianificata dalla nostra agenda, ma sta interessando soprattutto il nostro assetto interno. Questo processo sta avvenendo lentamente e inaspettatamente, senza che noi lo avessimo richiesto e senza che ce ne rendiamo conto. Al solito, quelli che vengono interessati sono i processi che si muovono nell’inconscio e i cui segnali si fanno sentire a passi felpati. Ogni giorno, al risveglio, sorseggiando il caffè, fiutiamo la nostra nuova condizione, non sappiamo ancora se ci piace. Si manifesta a volte con spaesamento, altre con un sentore di pace, di maggiore compostezza. In verità è una condizione di cui non abbiamo confidenza, eppure è così familiare… Non l’abbiamo scelta noi, si è infilata nella nostra vita. È un incontro. Forse avevamo bisogno di questa “botta” di Coronavirus. Ma per modificare le condizioni interne dell’individuo deve passare molto tempo ed è necessario un buon lavoro di elaborazione, sicché è facile che i cambiamenti assaporati non durino a lungo. Di conseguenza, anche i cambiamenti nella società possono non essere significativi. È certo che stiamo riscoprendo la lentezza del tempo, il rumore del silenzio, che a volte diventa assordante come un acufene, il piacere di scambiare due parole coi vicini – prima pressocché sconosciuti – di cucinare, di ricamare, di leggere. E soprattutto, stiamo riscoprendo il piacere di desiderare, diverso dall’avere bisogno di qualcosa.
In una sua gag, Luciana Littizzetto, prendendo spunto da un dato della Cina, ha detto che a causa della troppa vicinanza e condivisione tra marito e moglie, in questa fase possono aumentare le divergenze e quindi le separazioni. Non è che alla fine, dallo scherzo può venir fuori una verità…?
Questo è possibile. Una recente ricerca effettuata in Cina durante l’isolamento da coronavirus ha evidenziato una maggiore incidenza di separazioni coniugali. Tuttavia, sono dell’idea che le dinamiche di coppia o familiari che funzionano bene, non patiscano la condivisione “forzata” in senso talmente distruttivo.
Più che l’uso dei social, penso che sia l’uso della tecnologia che possa diventare una grande risorsa. E una scoperta. Per esempio, in questo momento dalle scuole elementari a quelle di specializzazione, le lezioni vengono fatte in remoto. Mi risulta che gli studenti si siano adattati bene a queste soluzioni nonostante lamentino la mancanza del contatto. Potremmo dunque scoprire un metodo nuovo di studiare, di lavorare, di stare insieme, di produrre. Persino le psicoterapie per ora vengono fatte in remoto, via Skype o in videochiamata. Anche questa cosa, relativamente nuova, avvierà un gran dibattito nelle comunità psicoanalitiche. Mentre lo scambio di vignette comiche o di buona cultura che imperversano nelle chat, servono, piuttosto, a farci compagnia e sentirci uniti in questo momento in cui siamo lontani.
Alla fine, cogliendo qualche lato positivo, questo silenzio intorno a noi può essere l’occasione per farci riflettere e ritrovare un po’ se stessi?
Senz’altro. A patto però di riuscire ad essere flessibili, proprio come il giunco! Potremmo uscire da questa esperienza delle persone migliori, senza tuttavia prescindere dal renderci conto, finalmente, che finora abbiamo fatto di tutto per distruggere il nostro ambiente, e ci siamo riusciti. È una lezione molto dura che stiamo ricevendo. L’importante è non dimenticare. Io credo che in questo momento di morte, non siamo mai stati così vivi.
Corrado Speziale
Per l’emergenza da coronavirus a Messina il Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala e l’associazione Sostieni un Paziente a Distanza hanno istituito un punto telefonico gratuito per supporto psicologico.
Questi i numeri telefonici contattabili nei giorni e orari indicati:
3534058974 lunedì h.01.00/02.00
3397552120 martedì h. 9.00/12.00
3479361803 martedì h.15.30/17.00
3467347228 martedì h.18.00/20.00
3478629850 mercoledì h.9.00/11.30
3479361803 mercoledì h. 15.30/17.00
3534058974 mercoledì h. 01.00/02.00
3470655137 giovedì h.18.00/20.00
3478629850 venerdì h.8.00/10.00
3497842436 venerdì h.17.00/20.00
3534058974 venerdì h.01.00/02.00
3397552120 sabato h.9.00/12.00
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