Una lettera aperta da Rebibbia denuncia le condizioni estreme nei penitenziari italiani e invoca un intervento legislativo urgente. “Le celle non siano tombe, la pena non diventi tortura”
“Un’Italia che brucia in silenzio”
Così viene descritta la drammatica situazione delle carceri italiane nella lettera indirizzata al Presidente del Senato Ignazio La Russa e al Presidente della Camera Lorenzo Fontana, firmata da Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma e detenuto a Rebibbia, e da Fabio Falbo, da anni impegnato in attività di supporto e scrittura giuridica per i detenuti.
Un appello vibrante, lucido e accorato, che denuncia senza mezzi termini la condizione insostenibile vissuta da oltre 62.000 persone detenute in strutture concepite per meno di 47.000.
“Le celle sono camere a gas”, scrivono, raccontando un’estate nelle prigioni italiane fatta di caldo asfissiante, acqua razionata, docce intermittenti, finestre sigillate e sovraffollamento record.
I numeri parlano chiaro: tasso medio di sovraffollamento del 133%, con punte drammatiche come il 220% a San Vittore e il 192% a Regina Coeli. Ma soprattutto – il dato più allarmante – 38 suicidi nei primi sei mesi del 2025, uno ogni cinque giorni. “Chi muore in carcere, spesso muore due volte: nella cella e nell’indifferenza collettiva”.
La denuncia, già inoltrata mesi fa al Ministro della Giustizia, non ha ricevuto risposta concreta se non l’annuncio di un piano da 32 milioni di euro per moduli prefabbricati, giudicato dagli autori della lettera “una goccia nel mare”.
La proposta, ora, è quella di un intervento parlamentare “trasversale” per approvare una legge che ampli la liberazione anticipata speciale per chi mantiene una buona condotta. Una misura già oggetto di una proposta di legge a firma Roberto Giachetti, sostenuta dall’associazione “Nessuno Tocchi Caino” e da Rita Bernardini, in sciopero della fame per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Alemanno e Falbo precisano: “Non chiediamo impunità, chiediamo umanità. Non chiediamo clemenza, chiediamo giustizia”. Nessuna scorciatoia, ma un provvedimento equilibrato per restituire dignità a un sistema che rischia l’ennesima condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
La lettera si chiude con un appello forte ai presidenti delle due Camere affinché prima della pausa estiva si affronti “con coraggio e senso di responsabilità” quella che definiscono “una delle più gravi emergenze sociali del Paese”.
Una voce che viene da dietro le sbarre, ma parla al cuore delle istituzioni e della coscienza collettiva.
il testo
Al Presidente del Senato della Repubblica, Sen. Ignazio La Russa
Al Presidente della Camera dei Deputati, On. Lorenzo Fontana
Signori presidenti,
Ci rivolgiamo a Voi che rappresentate i1 massimo punto di riferimento dell’attivìtà parlamentare, per far sentire la nostra voce di persone detenute nel Braccio G8 del Carcere di Rebibbia NC. Siamo persone con esperienze molto diverse – una contraddistinta da un pluridecennale impegno politico e istituzionale, l’altra da una lunghissima esperienza carceraria vissuta studiando Giurisprudenza e lavorando come “scrivano” al servizio delle altre persone detenute – ma accomunate dallo stesso impegno per rendere pubbliche le drammatiche condizioni in cui si vive negli istituti penitenziari italiani.
Drammatiche condizioni che stanno esplodendo: nel cuore dell’estate italiana, mentre milioni di cittadini cercano refrigerio tra ventilatori e condizionatori, c’è un’Italia che brucia in silenzio, è quella delle carceri, dove oltre 62.000 persone vivono stipate in celle pensate per meno di 47.000, dove il caldo non è solo un disagio, ma una pena aggiuntiva, dove la dignità umana si scioglie, giorno dopo giorno, tra muri scrostati, letti a castello e finestre sigillate da pannelli di plexiglass.
Mentre le temperature superano i 45 gradi, i ventilatori sono un lusso per pochi, le celle sono camere a gas, le docce funzionano a intermittenza e l’acqua potabile scarseggia, ogni estate si ripete lo stesso copione: suicidi, proteste, appelli, e poi il silenzio. Nel carcere milanese di San Vittore il tasso di sovraffollamento ha superato il 220%, a Regina Cocli nel cuore di Roma è al 192%, mentre quello medio di tutti gli istituti di pena italiani è del 133% (calcolando non le capienze teoriche, ma i reparti realmente utilizzabili).
Nel 2024, ben 71 persone detenute si sono tolte la vita, nei primi sei mesi del 2025 siamo già a 38, un suicidio ogni cinque giorni, numeri che gridano vendetta, ma che non fanno rumore, perché chi muore in carcere, spesso, muore due volte, nella cella e nell’indifferenza collettiva.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti, e se le cose non cambieranno rapidamente, il nostro Paese, “patrìa del diritto”, rischia si subire di nuovo la stessa umiliante condanna.
Prima di Voi ci siamo rivolti al Ministro della Giustizia: sono passati due mesi e non abbiamo ottenuto alcun riscontro, se non la notizia che il Ministero ha predisposto un piano di 32 milioni di euro per l’ampliamento di nove istituti penitenziari mediante l’istallazione di moduli detentivi prefabbricati. Ebbene, questo intervento dovrebbe mettere a disposizione 384 nuovi posti in cella, con un costo medio per detenuto di 83.000 curo: una goccia nel mare, a fronte di un sovraffollamento di più di 14.000 persone detenute.
Oggi ci rivolgiamo a voi, Signori Presidenti, perché riteniamo che l’unica possibilità di dare una risposta immediata, concreta e adeguata a questa emergenza, sia quella di approvare un provvedimento di legge con il concorso trasversale di forze politiche provenienti da ogni schieramento. Non un indulto o un’ amnistia per i quali, non solo sarebbe necessaria una maggioranza qualificata, ma bisognerebbe sfidare un’opinione pubblica giustamente preoccupata dai problemi della sicurezza e della certezza della pena.
Pensiamo, invece, a quella che è stata definita la “Legge della buona condotta”, ovvero un provvedimento che preveda una “liberazionc anticipata speciale” tale da aumentare lo sconto di pena già previsto quando le persone detenute mantengono un comportamento giudicato irreprensibile dagli Uffici di sorveglianza.
Su questa ipotesi – come il Presidente La Russa ben sa – si sono già svolti degli incontri politici che hanno coinvolto l’on. Roberto Giachetti, che ha depositato una proposta di legge in questo senso, e l ‘on. Rita Bernardini, presidente dell ‘Associazione “Nessuno Tocchi Caino”, che sta conducendo proprio in questi giorni uno sciopero della fame per richiamare l’attenzione sull’emergenza carceri.
Ci rendiamo conto che nel frattempo sono intervenuti conflitti internazionali che hanno messo in secondo piano ogni dramma sociale, compreso quello delle carceri, ma adesso – prima della pausa estiva, che coinciderà con il momento peggiore per la condizione delle persone detenute – è necessario dare una svolta a questi contatti politici, mettendo nell’agenda parlamentare l’urgenza di intervenire sulla situazione degli istituti di pena.
Non chiediamo impunità, chiediamo umanità, non chiediamo clemenza, chiediamo giustizia, anche perché nessuna pena può diventare tortura, perché nessuna cella può diventare una tomba, perché nessuna persona mai dovrebbe essere trattata come meno di un essere umano.
Roma Rebibbia., 30 giugno 2025
GIANNI ALEMANNO
FABIO FALBO
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