“Dopo circa duemila anni di inattività, la scintilla dell’arte torna a brillare nel teatro antico di Tindari”.
Così scriveva Arturo Meli sulla “Gazzetta del Sud” il 15 agosto del 1956 presentando lo spettacolo “Aiace” di Sofocle che da lì a pochi giorni sarebbe andato in scena presso l’antico teatro tindaritano segnandone la riapertura al pubblico e all’arte.
A distanza di sessant’anni, in occasione dell’importante anniversario, questa sera, sabato 27 agosto, dalle 21, presso il teatro antico di Tindari, si svolgerà “Echi del teatro greco” un evento celebrativo fortemente voluto dal direttore artistico Anna Ricciardi che vuol fare il punto ma anche essere quello di partenza per una nuova primavera di questo Teatro.
Nel corso della serata saranno ripercorsi i sessant’anni del Tindari Festival attraverso i monologhi più famosi delle tragedie greche qui rappresentate nel tempo.
L’ex direttore dell’Azienda di Soggiorno e Turismo di Patti Filippo Nasca e la giornalista Tindara Caccetta – volto della Rai – condurranno la serata, e con loro ci saranno Andrea Costanzo, Alfio Noto, Domenico Scaffidi, Melo Freni e Nicola Adamo.
Personaggi che hanno dato vita all’utopia di veder risorgere a nuovi lustri il Teatro di Tindari.
Un sogno cullato fortemente anche da Ennio Maria Mellina, avvocato, uomo di cultura, amministratore comunale, per lustri, all’opposizione consiliare qui eletto tra le file del Movimento Sociale.
Un intellettuale prestato alla politica, corretto e onesto.
Una serata che vedrà anche gli interventi di Nino Lo Iacono, l’ultimo presidente della vecchia Pro Loco, e Giuseppe Lembo, il nuovo volto Pro Loco di Patti recentemente costituita, e quello del regista Stefano Molica che ripercorrerà gli anni in cui Paolo Gazzara diresse il Festival portando in scena “un’altra”Aiace in occasione del 40° anniversario.
Storie raccontante anche dal direttore artistico del Teatro dei due mari, Filippo Amoroso.
Una serata intensa dove spazio ci sarà anche per l’indimenticato Massimo Mollica, scomparso il primo maggio del 2013.
Ma tornando ad Ennio Mellina, lui c’era quando il 26 e 27 agosto 1956 per due sere consecutive andò di scena l’Aiace di Sofocle, interpretata da attori famosi sotto la regia di Michele Stilo, barcellonese, grande appassionato di teatro e poi c’era ancora quando venne celebrato il 40° del Festival…
Ma oggi quegli “Echi” celebrativi devono mettere in evidenza anche le grandi occasioni perdute.
La mancata comprensione della necessità di costituire, in pianta stabile, l’Ente Teatro Tindari, fondamentale per la valorizzazione e il rilancio del Teatro, che gli avrebbe permesso di occupare, già da tempo, il posto che merita nel panorama culturale italiano e oggi l’opportunità che si potrebbe avere costituendo una Fondazione.
Ieri come oggi si perdono occasioni.
La politica quella con la p minuscola, è miope, cieca. Non si comprende la parola “circuito”, non comprendere che “un contenitore” bisogna riempirlo di contenuti.
Ennio Mellina nel 1996 organizzò a Tindari un convegno, proprio in occasione del quarantesimo anniversario della riapertura del teatro, ne illustrò le potenziali, ma anche i limiti della classe dirigente e politica del tempo.
Fu Cassandra e nello stesso tempo il Nume Tutelare di questi luoghi.
Anticipò con le sue “visioni” il futuro che sarebbe potuto essere e ne incassò le delusioni di veder passare, senza cge nessuno ci salisse sopra, troppi e tanti treni.
Lui, tra i giovani” che c’erano e che vollero riaprire nel 1956 il teatro antico di Tindari con l’Aiace di Sofocle, diede il senso di un intero momento storico, con una Sicilia che recava ancora evidenti le ferite del conflitto, finito da pochi anni, e continuò a crederci fino alla fine, sempre ben sostenuto dalla professoressa Maritta Noto, sua moglie.
Quelle serata “magiche” dell’estate del 1956, devono esser un grande stimolo per tutti.
Questo teatro ha visto recitare i migliori protagonisti del teatro italiano da Michele Stilo a Paolo Gazzara, da Vittorio Sindoni, Alberto Lupo e Salvo Randone, Andrea Camilleri e Turi Ferro, Lilla Brignone, Valeria Moriconi, Giorgio Albertazzi, poi negli anni, quando la stagione tindaritana ha assunto i caratteri di un vero e proprio festival, i protagonisti della musica e della danza, aprendosi ora, grazie anche ad Anna Ricciardi che ne ha curato la direzioni artistica beli ultimi anni a prestigiose collaborazioni, vedi quella del Teatro dei due Mari e di Teatro Giovani e proprio nel segno del “Circuito” con il Teatro Massimo di Palermo, TaoArte e con il polo teatrale nato a Gibellina.
Ecco da qui si riparte.
Senza perdere occasioni o vivere con il patema d’animo che una commissione tecnica, umorale o burocrate, posso impedire l’avvio degli spettacoli.
E’ finito il tempo dell’improvvisazione.
Il Teatro deve avere vita, finanziamenti, garanzie che devono passare sopra gli ambiti comunali, spesso asfittici e senza risorse.
Deve aver un futuro certo, con la consapevolezza che Tindari, è un simbolo, non di una città, ma di un comprensorio.
“L’orgoglio di essere un pattese, cioè cittadino appartenente a una comunità erede di Tyndaris, antica colonia greca fondata da Dionisio, tiranno di Siracusa nel lontano anno 396 a.C. nel nostro territorio e l’essere altresì erede del Conte Ruggero d’Altavilla, padre del primo re normanno di Sicilia, ai primi dell’anno Mille, mi impone di difendere, anche, se fosse necessario, coi denti, l’onore della mia città”.
Così scriveva Ennio Maria Mellina a chi attaccava e denigrava la città.
Un bell’esempio di civitas fierezza
Ecco da questa sera lavoriamo tutti per la nuova stagione di Tindari.
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