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FENOMENI LETTERARI – Un “Alligatore” tra Brolo e Milazzo

 

Non sempre il racconto è  politicamente corretto.

Non sempre il bene trionfa e un cazzotto nello stomaco arriva all’improvviso .. e fa male.

Massimo Carlotto, non ha mai un finale scontato ma i suoi libri, non sono mai un risultato a sorpresa.

Il successo è sicuro, l’apprezzamento è già in scaletta ed i suoi estimatori, molti della prima ora, crescono pagina dopo pagina.

Parla in una libreria, la Mondandori a Milazzo, e nell’ex macello comunale, oggi sala convegni, la “Rita Atria”, di Brolo.

Qui è arrivata la sua gente.

Carlotto è uno dei più famosi scrittori europei di noir, lui stesso al centro di uno dei casi giudiziari più controversi della storia italiana.

Sorride, ed esordisce con “sarò breve, come nei libri, perché quando arrivo a 120 pagine inizio seriamente a preoccuparmi della pazienza del lettore”.

Si lascia ascoltare, sa benissimo – lui l’autore di Arrivederci amore ciao –  che il noir potrà anche essere accolto in modo discorde dalla critica.

Ma la gente lo ama.

E lui sa scrivere il noir.

Mordere la realtà. È questo che significa, noir. “Fin da La Verità dell’alligatore sono sempre stato spinto da questa intuizione: che narrare il crimine sia scavare nella realtà. Di fatto ero un lettore che aveva colto le potenzialità di quel tipo di letteratura. Fino a quando un giorno ho aperto un giornale e c’era scritto: “Carlotto è scrittore di genere”. Fu una sorpresa anche per me!”.

Ma l’obiettivo, precisa l’autore di Respiro corto, “non era certo fondare una scuola. Piuttosto, rivendicare la dignità dell’ambientazione nelle nostre città che ci era stata negata a lungo. Per molto tempo, infatti, ha dominato l’equivoco secondo cui non era credibile il crimine a Varese, ma solo a New York”.

Un dibattito “entusiasta”, dunque, “ci porta a individuare due elementi che caratterizzano il giallo degli anni ‘90: il primo è che non si può narrare il crimine senza narrare il territorio: ognuno, insomma, deve ambientare le sue storie dove vive e abita. Secondo: il giornalismo investigativo è morto, con i giornalisti che ormai se ne stanno seduti alla scrivania  e si avvalgono degli esperti. Il risultato, è che sulla cronaca giudiziaria c’è grande ignoranza dell’opinione pubblica”.

Sta agli autori, dunque, “colmare questa voragine”: “Basta prendere un giornale per trovare storie accadute nel proprio territorio, da cui prendere spunto. Camilleri è un precursore, ha il merito di aver nobilitato il genere. E piano piano i romanzi gialli italiani iniziano a essere tradotti all’estero. Con il risultato che dal ’95 il genere ha riscosso un grande successo di pubblico, e critiche all’interno del mondo letterario: una polemica che ancora continua”.

Ma tornando agli incontri di ieri.

Nella Città del Capo, come poi a Brolo, Carlotto ha presentato la serie noir “Le vendicatrici” (Einaudi) scritta a quattro mani con Videtta

Presso la libreria Mondadori in via Colonnello Magistri 61 B, a Milazzo Massimo Carlotto ha dialogato con Lucia Bartolone. 

Ksenia, protagonista del primo romanzo, è una giovane siberiana vittima ignara della “tratta delle spose”, insieme a lei altre tre donne, fra cui Eva la profumiera, troveranno la forza di ribellarsi agli aguzzini e riscattare la propria dignità.

A Brolo è stato un “passionale” Turi Schepis a “esaminare” il profilo di Carlotto. Poi l’attenzione della sala è stata tutta per l’Autore.

Prima però Massimo Scaffidi ha parlato del progetto Naxoslegge in tour e delle sue ambizioni per il 2014, e quindi Maria Ricciardello ha aperto la conversazione, nella doppia qualità di dirigente scolastica e presidente del consiglio comunale, e alla fine -a caldo – commenta “è stato un incontro molto emozionante con un autore di romanzi di denuncia sociale che scuotono nel profondo l’attuale società italiana”.

E consiglia:  “Le vendicatrici” è certamente un libro da leggere.

E appunto Ksenia e le sue amiche che continuano a ripetere “Gente come quella non può essere perdonata, e allora picchia duro, ragazza”, sono le accompagnatrici di Carlotto in questo viaggio in Sicilia, ieri è stato anche alla Cavallotto di Catania e oggi sarà a Naxoslegge, poi ancora a Messina ospite della libreria Doralice.

Ma tornando a Carlotto scrittore.

E oggi? “Si sta dimenticando l’uso sociale del noir”, ammonisce Carlotto in un intervista al blog dela Fondazione Musica di Roma, Perché “dal primo poliziesco della storia, I delitti della Rue Morgue di Edgar Allan Poe, la letteratura smette di trattare la morte come tragedia e inizia a considerarla un oggetto di inchiesta: il cadavere diventa qualcosa da analizzare”.

Un genere che vuole distrarre, dunque. Ma che “riflette una profonda ansia”.

Parla, sia della sua esperienza di scrittore, giornalista, ma guarda quello che gli scorre intorno.

Quindi politica, criminalità, rapporti tra media e comunicazione, e le grandi pressioni che, anche chi scrive romanzi, subisce … “Ma in un paese dove la corruzione è una piaga, riproporre il delitto di una ragazzina del sud o del nord ovest non ha un senso collettivo: è solo un morboso senso di consolazione”.

 

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