Non sempre il bene trionfa e un cazzotto nello stomaco arriva all’improvviso .. e fa male.
Massimo Carlotto, non ha mai un finale scontato ma i suoi libri, non sono mai un risultato a sorpresa.
Il successo è sicuro, l’apprezzamento è già in scaletta ed i suoi estimatori, molti della prima ora, crescono pagina dopo pagina.
Qui è arrivata la sua gente.
Carlotto è uno dei più famosi scrittori europei di noir, lui stesso al centro di uno dei casi giudiziari più controversi della storia italiana.
Sorride, ed esordisce con “sarò breve, come nei libri, perché quando arrivo a 120 pagine inizio seriamente a preoccuparmi della pazienza del lettore”.
Si lascia ascoltare, sa benissimo – lui l’autore di Arrivederci amore ciao – che il noir potrà anche essere accolto in modo discorde dalla critica.
Ma la gente lo ama.
Mordere la realtà. È questo che significa, noir. “Fin da La Verità dell’alligatore sono sempre stato spinto da questa intuizione: che narrare il crimine sia scavare nella realtà. Di fatto ero un lettore che aveva colto le potenzialità di quel tipo di letteratura. Fino a quando un giorno ho aperto un giornale e c’era scritto: “Carlotto è scrittore di genere”. Fu una sorpresa anche per me!”.
Ma l’obiettivo, precisa l’autore di Respiro corto, “non era certo fondare una scuola. Piuttosto, rivendicare la dignità dell’ambientazione nelle nostre città che ci era stata negata a lungo. Per molto tempo, infatti, ha dominato l’equivoco secondo cui non era credibile il crimine a Varese, ma solo a New York”.
Sta agli autori, dunque, “colmare questa voragine”: “Basta prendere un giornale per trovare storie accadute nel proprio territorio, da cui prendere spunto. Camilleri è un precursore, ha il merito di aver nobilitato il genere. E piano piano i romanzi gialli italiani iniziano a essere tradotti all’estero. Con il risultato che dal ’95 il genere ha riscosso un grande successo di pubblico, e critiche all’interno del mondo letterario: una polemica che ancora continua”.
Nella Città del Capo, come poi a Brolo, Carlotto ha presentato la serie noir “Le vendicatrici” (Einaudi) scritta a quattro mani con Videtta
Presso la libreria Mondadori in via Colonnello Magistri 61 B, a Milazzo Massimo Carlotto ha dialogato con Lucia Bartolone.
Ksenia, protagonista del primo romanzo, è una giovane siberiana vittima ignara della “tratta delle spose”, insieme a lei altre tre donne, fra cui Eva la profumiera, troveranno la forza di ribellarsi agli aguzzini e riscattare la propria dignità.
Prima però Massimo Scaffidi ha parlato del progetto Naxoslegge in tour e delle sue ambizioni per il 2014, e quindi Maria Ricciardello ha aperto la conversazione, nella doppia qualità di dirigente scolastica e presidente del consiglio comunale, e alla fine -a caldo – commenta “è stato un incontro molto emozionante con un autore di romanzi di denuncia sociale che scuotono nel profondo l’attuale società italiana”.
E consiglia: “Le vendicatrici” è certamente un libro da leggere.
E appunto Ksenia e le sue amiche che continuano a ripetere “Gente come quella non può essere perdonata, e allora picchia duro, ragazza”, sono le accompagnatrici di Carlotto in questo viaggio in Sicilia, ieri è stato anche alla Cavallotto di Catania e oggi sarà a Naxoslegge, poi ancora a Messina ospite della libreria Doralice.
Ma tornando a Carlotto scrittore.
Un genere che vuole distrarre, dunque. Ma che “riflette una profonda ansia”.
Parla, sia della sua esperienza di scrittore, giornalista, ma guarda quello che gli scorre intorno.
Quindi politica, criminalità, rapporti tra media e comunicazione, e le grandi pressioni che, anche chi scrive romanzi, subisce … “Ma in un paese dove la corruzione è una piaga, riproporre il delitto di una ragazzina del sud o del nord ovest non ha un senso collettivo: è solo un morboso senso di consolazione”.
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