Intervista di Rita Sberna al professore Salvatore Bucolo (Studioso di Pedagogia Sociale Interculturale ed Esperto di Immigrazione).
Professore Bucolo, Islamici e cristiani sono figli di un unico padre?
Certamente si! Sono entrambi figli di Abramo. Il cristianesimo e l’islam fanno parte delle tre grandi religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo. Quest’ultime possono anche definirsi religioni abramitiche in quanto trovano le proprie radici nella figura carismatica di Abramo. Abramo, come narrato nella Bibbia, rifiutò politeismo e idolatria imperanti nella sua città natale, la sumera Ur, e nella sua stessa famiglia, per abbracciare l’idea del Dio unico. Nell’Antico Testamento è narrato che Abramo, a causa della sterilità della moglie Sara, prese come concubina la serva egiziana Agar, e da questa ebbe ufiglio, Ismaele (in ebraico ישמעאל, Ishmael, Dio mi ascoltò); successivamente la moglie Sara ebbe (all’età di 90 anni) un figlio, Isacco (in ebraico יצחק, Yitzchak, rise perché Sara aveva riso all’annuncio della gravidanza, vista la sua età). La gelosia nata in Sara verso la rivale Agar spinse Abramo a cacciare quest’ultima. In un passo della Bibbia è narrato che Agar, allo stremo delle forze dopo aver lasciato la casa di Abramo col figlio Ismaele, fu salvata da Dio che le promise una progenie numerosa, aggiungendo tuttavia che sarà tra gli uomini come un asino selvatico; la sua mano contro tutti e la mano di tutti contro di lui e si ergerà in faccia a tutti i suoi fratelli. Dalle due mogli di Abramo derivarono quindi il popolo ebraico (discendente di Isacco) e gli Ismaeliti, discendenti di Ismaele, poi noti col nome di Arabi.
Professore, oggi più che mai islam e cristianesimo sono chiamati a una convivenza. Quale il suo pensiero in merito a questa presenza massiccia di islamici in Italia?
Partendo da questi legami storici di fede Abramitica, voglio fare una considerazione sulla situazione odierna di queste due grandi realtà religiose, economiche, politiche, diplomatiche, culturali, e cioè: considerando che in questo mondo economico nulla accada per caso, e dando seguito a questa riflessione logica, i flussi in Italia d’immigrazione sono voluti o forse non si fa nulla, volutamente per evitarli. Oggi stiamo assistendo in Italia a un fenomeno abbastanza chiaro:
– I giovani cervelli sono fuggiti, tutti quelli che vogliono un futuro per loro e per i loro cari, sono emigrati all’estero o stanno valutando di farlo. I dati dicono che il livello di emigrazione è molto più alto di quello di immigrazione;
– Il sistema pubblico italiano, scuole e tutti gli atri servizi, sono ormai impraticabili per gli standard europei. Quindi per chi rimane in Italia l’unica strada è il privato. Ergo tutti questi immigrati? Tenuto conto, che se possono anche gli immigrati cercano paesi differenti, si punta ad avere una nuova base lavorativa per il futuro. Quelli che oggi, sono i tanto indesiderati migranti, saranno il futuro e la rinascita del Paese Italia, che in futuro vedrà ritornare la produzione con costi di manodopera molto bassi e il tutto con un marchio tra i più famosi al mondo e cioè il Made in Italy! La peggio è per la mia generazione che sta vivendo questo downgrade qualitativo strutturale. Quindi la riflessione è che se uno oggi dovesse decidere di vivere in Italia sarebbe costretto a rivolgersi al privato per la qualsiasi cosa e sarebbe chiamato ad avere come vicini di casa più stranieri che italiani! In sintesi, ormai, questo fenomeno sociale, culturale, economico, politico e religioso, è frutto di un progetto irreversibile!!!
Professore, vi sono dei punti in comune tra queste due grandi religioni monoteiste?
Si! Fra i punti di contatto tra le religioni abramitiche, oltre la comune discendenza da Abramo, vi è la “regola d’oro” (tra l’altro non esclusiva delle religioni abramitiche, ma presente pure in altre tradizioni e culture).
Ecco tre esempi dalle tre principali religioni abramitiche (Ebraismo, Cristianesimo e Islam):
Il cristianesimo è una religione monoteista a carattere universalistico, originatasi dal giudaismo nel I secolo, fondata sulla venuta e predicazione di Gesù di Nazareth, contenuta nei Vangeli, inteso come figlio del Dio d’Israele, incarnato, morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini, ovvero il Messia promesso, il Cristo. Assieme a ebraismo e islam, è classificata da alcuni come “religione abramitica”, ed è religione di Stato in diversi paesi del mondo. È la religione più diffusa, con circa 2,5 miliardi di fedeli in tutto il mondo.
I concetti fondamentali sono:
1 Trinità
2 Gesù Cristo, figlio di Dio e salvatore dell’umanità
3 Amore verso Dio e verso il prossimo!
L’Islamismo, invece, rimanda a un insieme di ideologie che ritengono che l’Islam debba guidare la vita sociale e politica così come la vita personale. Si tratta dunque di una concezione essenzialmente politica dell’Islam.
L’Islam è una religione monoteista manifestatasi per la prima volta nella penisola araba nella cittadina higiazena della Mecca nel VII secolo dell’era cristiana grazie a Maometto, considerato dai musulmani l’ultimo profeta portatore di legge inviato da Dio (in arabo الله, Allāh) al mondo per ribadire definitivamente la Rivelazione, annunciata per la prima volta ad Adamo, il primo uomo e il primo profeta. Con circa 1,6 miliardi di fedeli, ossia il 23% della popolazione mondiale, l’Islam è la seconda religione del mondo per consistenza numerica e vanta un tasso di crescita particolarmente significativo.
Nel ʾaḥādīth di Gabriele (ʾaḥādīth Jibrīl) l’Islàm è presentato come parte di una triade composta da imān («fede») e iḥsān («eccellenza»), dove la definizione teologica dell’Islam sarebbe il Tawḥīd (quella storica, l’affermazione di fede nella missione profetica di Maometto, quella dottrinale nel rispetto dei Cinque Pilastri).
I 5 pilastri dell’Islam sono:
“Testimonio che non c’è divinità se non Dio (Allàh) e testimonio che Muḥammad è il Suo Messaggero“.
In ambienti come quelli sciita, kharigita e sunnita-hanbalita si aggiunge un sesto pilastro: il jihād, ma se nella sua accezione di “jihād maggiore” (akbar, dice la giurisprudenza), teso cioè a combattere gli aspetti più deteriori dell’animo umano, esso è accettato da ogni scuola di pensiero sunnita come un potenziale sesto pilastro, la sua accezione di “impegno sacro armato” è talmente densa di condizioni e limitazioni da non consentire che il “jihād minore” (jihād aṣghar) sia accettato sic et simpliciter dal madhhab hanafita, malikita e sciafeita come sesto degli arkān al-Islām.
La misericordia di Dio può essere lo strumento da adottare per avviare una sana convivenza tra queste due grandi realtà?
Si! Basti pensare alla formula con la quale si aprono tutte le sure del Corano (fatta eccezione per la nona). Eccovi le testuali parole: “Bi-smi llāhi al-Raḥmāni al-Raḥīmi” (In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso). Queste due grandi realtà religiose amano pensare a Dio come il “Misericordioso” e se riflettiamo-, che noi come loro amiamo Dio “Il Misericordioso” (Colui che ha pietà di cuore), preghiamo, digiuniamo, ci rechiamo nei nostri luoghi di culto, facciamo l’elemosina, e osserviamo tanti precetti simili ai loro e siamo chiamati continuamente a perdonare noi stessi per le nostre debolezze e gli altri per i torti che spesso per via delle fragilità umane compiono nei nostri confronti o nei riguardi dei nostri simili-, capiamo che la MISERICORDIA è lo strumento per imparare a convivere con i nostri fratelli in Abramo!
Quali devono essere, secondo Lei, le soluzioni che i nostri politici dovrebbero adottare in merito alla legislazione in materia di accoglienza?
Riflettiamo su un fattore: l’esistenza del “confine”! Esso, il confine, è il presupposto dell’autentica solidarietà!!! Trovo assai imbarazzante il vedere, spesso sulla meravigliosa e seguita trasmissione televisiva “Porta a Porta” di Bruno Vespa, alcuni dei nostri politici dibattere pubblicamente sul problema degli sbarchi, specialmente dopo le avvenute tragedie che hanno coinvolto i clandestini inghiottiti nei nostri mari.
Solo un animo bestiale potrebbe restare impassibile di fronte ai cadaveri, ai corpi e corpicini ripescati davanti a Lampedusa, e non soltanto a nella ridente Lampedusa. È ovvio che la Chiesa e il volontariato, oltre alle strutture pubbliche, si mobilitino per risolvere tali drammi, ma tutto questo non c’entra niente con il dopo, con il “che fare”, con l’assurdità di una nazione sovrana lasciata da sola a gestire gli sbarchi, l’accoglienza, le espulsioni, a fare da porta scorrevole per l’ingresso in Europa. Tutto questo non c’entra nulla con la verità che anche e soprattutto di fronte alle tragedie va raccontata: se esiste l’Occidente, se ancora resistono le nazioni occidentali, il problema dei flussi migratori illegali deve essere affrontato e gestito dove partono le rotte dei disperati, non al punto d’arrivo.
Gli scafisti non devono solo essere arrestati: non devono partire. Tornare in Africa, e rimediare ai danni che una gestione dissennata e poco lungimirante degli accordi transfrontalieri continua a provocare alle nazioni dell’Europa meridionale, è l’unica strada per evitare morte e illegalità, per impedire che l’industria dello sfruttamento continui a mietere vittime e depositare sulle nostre coste un’umanità che solo in piccola parte riuscirà a trovare reali strumenti di integrazione, e in gran parte finirà nelle mani del caporalato o delle reti di commercio illegale.
Ovviamente la mia riflessione non può essere quella di un intollerante ma solo di un pensatore che ha avuto modo di capire che gli africani vanno aiutati in Africa e che bisogna fare in modo che i tesori e le importanti risorse presenti nella meravigliosa terra d’Africa possano restare nelle mani degli Africani e non vadano omaggiate ai furbi di turno, che spesso sono i veri promotori delle guerriglie presenti sul territorio africano e che stanno spopolando l’Africa Centrale allo scopo di “succhiarvi” gratuitamente tutto quanto vi si possa estrarre e commercializzare nei paesi sviluppati. Tutti noi “civilizzati” sappiamo bene che l’Africa è una terra ricchissima di petrolio, pietre preziose, legname, carbone, oro, eccetera e ancora moltissimo altro eccetera!
Il mondo si dovrebbe vergognare nella continua promozione di questa opera teatrale a carattere drammatico se non addirittura horror e cioè: “Poveri africani, scappano perché non hanno come vivere”! Gli africani hanno e hanno tantissimo, basterebbe solo che la politica internazionale promuovesse leggi serie e oneste allo scopo di riconoscere agli africani una percentuale di tutto ciò che viene estratto ed esportato dalla loro terra, obbligando cosi le multinazionali, e non solo quest’ultime, a pagare il dovuto oppure a realizzare, con una parte dei loro utili, scuole, ospedali, biblioteche, e quant’altro fosse necessario a rendere l’Africa un continente pari a tutti gli altri! È venuta l’ora di tirare giù le maschere e di dare fine alle ipocrisie promuovendo così un mondo migliore che possa essere l’inizio di un assaggio di ciò che nell’altra vita ci attende e che renderà tutti i popoli veramente uguali e esenti da sofferenze e disagi che stanno rendendo la vita degli africani un vero e proprio inferno terreno.
Con quest’ultima domanda abbiamo concluso l’intervista al Professore Salvatore Bucolo, Teologo, Pedagogista, Cognitivista, Bioeticista, Sessuologo ed Esperto d’Immigrazione.
Rita Sberna
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