In un tempo segnato da fratture sociali, smarrimenti esistenziali e sfide epocali, la giovinezza torna ad essere protagonista, non solo come fascia anagrafica, ma come “sacramento del futuro”. È con questa espressione densa di significato che Mons. Luigi Mistò – presidente della Fondazione Spe Salvi Facti Sumus – ha voluto rileggere il senso profondo della Giornata Mondiale della Gioventù, ma anche il ruolo che la dimensione educativa e comunitaria ha nel custodire la dignità della persona umana.
Durante il secondo Festival romano “Umano tutto intero”, Mons. Mistò ha offerto due potenti riflessioni: da un lato, la Giornata Mondiale della Gioventù come laboratorio dello Spirito, dall’altro, il gioco – e con esso la relazione, la condivisione, il senso del “noi” – come forma concreta di speranza. Due facce della stessa medaglia: “Vedere i giovani pregare, camminare, ascoltare, piangere e gioire – ha detto – è come assistere a una nuova Pentecoste storica”.
In questa visione, la giovinezza non è solo l’età del cambiamento, ma il volto di una Chiesa che si rinnova, che ha ancora il coraggio di credere nella forza trasformante del Vangelo. Mistò sottolinea che i giovani, pur immersi in un mondo frantumato, sanno ancora desiderare l’infinito, e che anche la loro ribellione è spesso una forma di ricerca autentica di verità e bellezza.
A incarnare questo spirito, è stata anche la presenza della Fondazione Mattia di Patti, protagonista al Festival romano con una testimonianza concreta di vicinanza, solidarietà e progettualità. Il presidente Giuseppe Giddio ha raccontato l’impegno quotidiano della fondazione in Sicilia, con azioni dirette a famiglie in difficoltà, progetti educativi per bambini vulnerabili e – presto – l’accoglienza di minori in fuga da contesti bellici.
“Vogliamo costruire un futuro in cui ogni bambino possa giocare, imparare e sentirsi accolto come parte di una comunità vera”, ha dichiarato Giddio. “La nostra risposta è concreta: esserci, sempre, con umanità e responsabilità”.
Anche Mons. Mistò ha insistito su questo punto, ricordando come non si tratta di trattenere i giovani, ma di accompagnarli, con rispetto e fiducia, nelle loro domande e nei loro sogni. “La vera giovinezza – ha detto – non è anagrafica ma spirituale: è la libertà di lasciarsi ferire dalla verità per essere guariti dalla misericordia”.
Il Festival “Umano tutto intero” ha così rappresentato un crocevia prezioso: dove la testimonianza della Chiesa si intreccia con l’impegno civile, dove l’educazione incontra la prossimità, dove le parole si fanno carne nel lavoro silenzioso di associazioni, scuole e fondazioni che ogni giorno, nei luoghi reali della società, provano a costruire ponti e non barriere.
E se la giovinezza è davvero sacramento del futuro, allora non si tratta solo di guardarla con nostalgia, ma di viverla come uno stile di discepolato: con audacia, fiducia e amore senza misura. È questo il messaggio che parte da Roma, risuona nei cuori di chi opera nei territori – come a Patti – e invita tutti, giovani e adulti, a riscoprire la bellezza di un cammino condiviso.
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