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“Food Factor” – A “Taobuk” l’incontro con Don Luigi Ciotti

“Food Factor – Il cibo che fa del bene contro le mafie e contro lo spreco”.

L’incontro è stato moderato dai giornalisti Gigi e Clara Padovani. L’allarme di Don Ciotti: “Con la crisi economica le mafie sono ritornate forti. Si adattano alle trasformazioni della nostra società. La corruzione è divenuta incubatrice del potere mafioso”. E sulla confisca dei beni: “Riformare con urgenza la legge 109, ferma alla Camera da due anni”. Il saluto della Federazione delle Associazioni Antiracket portato da Francesco Pizzuto: “Quella degli imprenditori che denunciano è una testimonianza che contribuisce all’elevazione culturale della nostra società verso la legalità”. Valentina Fiore, di Libera Terra Mediterraneo: “Il nostro è un progetto collettivo fondato sulla valenza del riuso sociale dei beni confiscati alla mafia. Oltre al messaggio sociale puntiamo sulla qualità dei nostri prodotti”. Alla fine, l’abbraccio del sacerdote fondatore di Libera al suo vecchio amico Renato Accorinti, sindaco di Messina.

 

Nel palinsesto di Taobuk – Taormina International Book Festival, rassegna d’eccellenza presieduta e diretta da Antonella Ferrara e Franco Di Mare, la sezione Food Factor, ispirata ai temi dell’Expo di Milano, è stata arricchita dalla presenza di Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, rete di associazioni contro le mafie, nonché creatore del gruppo Abele, associazione che da cinquant’anni opera sul fronte dell’accoglienza di soggetti in difficoltà.

Nella splendida cornice di piazza IX Aprile, a Taormina, si è parlato di iniziative finalizzate alle produzioni e trasformazioni agricole che traggono origine dai terreni confiscati alla mafia, gestiti da cooperative formate da lavoratori, tra cui soggetti svantaggiati, che sono riusciti a trasformare in risorsa beni segnati dall’illegalità e dal malaffare, restituendo loro dignità e funzione sociale. Anche i numeri cominciano ad essere importanti: le cooperative di Libera Terra gestiscono milletrecento ettari di terreni appartenuti ai mafiosi, ed il marchio vanta ben settanta prodotti che rispondono a standard di qualità anche di natura etica, immessi sui mercati nazionali e internazionali.

Intorno a tutto ciò ci sta l’impegno di attivisti e operatori che della legalità e della lotta contro le mafie ne hanno fatto una ragione di vita. Primo fra tutti, appunto, Don Luigi Ciotti, parroco di frontiera, che da cinquant’anni opera per gli ultimi, i più bisognosi, chiedendo a gran voce umanità, legalità e giustizia su tutti i fronti. Con il trascorrere del tempo, dopo gli anni novanta, nel campo dell’associazionismo antimafia, sono comunque cresciute talune sensibilità che tradotte in organizzazioni hanno portato dei buoni frutti. Tra queste, la FAI – Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura, una cui delegazione, guidata dal presidente nazionale Giuseppe Scandurra, ha partecipato alla serata.

Il saluto a Taobuk e ai presenti impegnati nell’evento è stato portato da Francesco Pizzuto, avvocato, vicepresidente della Federazione, della quale è anche responsabile dell’ufficio legale. “Il movimento antiracket – ha detto Pizzuto – è costituito da imprenditori che con le loro denunzie hanno condotto battaglie di legalità. Queste lotte sono state portate avanti anche a fianco di movimenti come Libera. Quella degli imprenditori che denunciano gli estorsori – ha proseguito l’avvocato – è una testimonianza che contribuisce all’elevazione culturale della nostra società verso la legalità. In questo caso, ci sentiamo al fianco di imprenditori che vogliono sviluppare ed esporre problematiche di questo tipo legate alla produzione di cibo”.

L

’incontro ha avuto come moderatori i giornalisti Gigi e Clara Padovani, che con le loro domande, frutto di approfondita conoscenza degli argomenti, hanno fatto da stimolo per gli ospiti.

A fianco di Don Ciotti, sul palco, è intervenuta Valentina Fiore, amministratrice delegata del consorzio Libera Terra Mediterraneo, società d’eccellenza in questo campo, composta da nove cooperative che danno lavoro a centocinquanta persone. La prima nata e più conosciuta tra queste è la cooperativa Placido Rizzotto, intitolata al giovane sindacalista ucciso dalla mafia nel 1948. “Il nostro è un progetto collettivo, un’idea nata dall’associazione Libera per dimostrare concretamente la valenza del riuso sociale dei beni confiscati alla mafia”, ha detto Valentina Fiore. “L’idea forte è che si possa fare impresa sociale sui beni confiscati – ha proseguito l’a.d. – attraverso la memoria ed il messaggio, assieme alla piena concretezza di ciò che realizziamo. Le società aderenti a Libera Terra sono cooperative sociali che si occupano di reinserimento lavorativo anche di soggetti svantaggiati”.

Viste le finalità sociali, sembrerebbe ovvio, a questo punto, considerare già raggiunto lo scopo primario. Invece gli obiettivi guardano anche ad altro, a buona ragione. “Oltre al messaggio sociale puntiamo sulla qualità dei nostri prodotti. A noi interessa uno scambio equo non solo per il produttore, ma anche per il consumatore, ossia lavorare per restituire un giusto valore a ciò che viene acquistato. Queste iniziative di impresa sociale sui beni confiscati assumono così il significato di risposte concrete a bisogni concreti”.

Le vendite dei prodotti fuori dalla Sicilia, così, diventano prove inconfutabili: “Le nostre esportazioni riguardano innanzitutto i vini. All’estero, ad esempio, la nostra identità non è molto compresa, per cui il prodotto va a prescindere dal messaggio che contiene. Stesso discorso vale per Vinitaly, dove sicuramente non c’è un pubblico particolarmente sensibile alle nostre tematiche. E’ ovvio, dunque, che chi assaggia ed apprezza il nostro vino avrà la curiosità di leggere l’etichetta, con la provenienza del prodotto e la dedica ad un familiare di vittima di mafia. Così, portiamo in giro per il mondo un prodotto made in Italy con un valore aggiunto…”

Don Luigi Ciotti, coinvolgente e determinato come sempre, ha raccontato in più fasi storie, aneddoti, esperienze di strada. Ha tenuto a rimarcare l’ “importanza dei segni”. Il suo incontro con Papa Francesco il 21 Marzo, ad esempio, nella parrocchia romana di San Gregorio VII, in occasione della commemorazione delle vittime di  mafia: “Appena gli andai incontro ci siamo presi per mano ed entrammo in chiesa. Con me il Papa è stato affettuoso come sempre. Le nostre mani hanno parlato…tra noi c’era profonda stima e riconoscenza. Gli dissi che tutti noi cercavamo in lui un padre, mentre abbiamo trovato un fratello”. Cita grandi personalità della chiesa che nel segno dei grandi temi etici, proprio come il Santo Padre, hanno coniugato religione e laicità: Carlo Maria Martini, Luigi Sturzo, don Tonino Bello. Parlando della sua storia e del suo impegno civile, ha raccontato le circostanze che lo hanno unito a Giovanni Falcone e alla Sicilia. Esperienze che lo hanno portato, dopo le stragi del ’92, a creare la più grande rete di associazioni antimafia: “Libera nasce nel pensiero di quel momento”, ha detto alla platea.

Un impegno portato avanti con coraggio e determinazione, tant’è che il suo nome rientra tra i “prescelti” da Totò Riina, con conseguente scorta a suo seguito ventiquattro ore al giorno. “Riina ha sbagliato tutto – ha commentato Ciotti – perché io rappresento una piccola entità. In questi anni abbiamo costruito il “Noi” che lui non può uccidere”. Ma il suo autorevole punto d’osservazione sul fenomeno mafioso non lascia dubbi: “Con la crisi economica in atto le mafie sono ritornate forti. Si adattano alle trasformazioni della nostra società. Si sono globalizzate e noi globalizziamo il ruolo della società civile responsabile e consapevole, attraverso le attività nelle scuole.

Le mafie non sono un mondo a parte, ma sono una parte del nostro mondo. Cambiano sempre restando sempre se stesse. Hanno continuità nel cambiamento ed abilità nel nascondersi tra di noi, ma restano sempre le stesse. La corruzione, ad esempio, è divenuta incubatrice del potere mafioso, il suo avamposto”. E sulla confisca dei beni: “Bisogna riformare con urgenza la legge 109, per la quale allora abbiamo raccolto un milione di firme, ferma alla Camera da due anni. E’ ormai insufficiente e deve essere adeguata e migliorata. Lotta alla mafia adesso significa occuparsi di scuola e lavoro”. Mafia, dunque, ma non solo, perché l’argomento svicola su temi come l’alimentazione e le condizioni del Pianeta: “Il quaranta per cento dei conflitti avvengono per il possesso di terre, risorse naturali e acqua. L’uno per cento più ricco del Pianeta possiede il quarantotto per cento della ricchezza mondiale.

La FAO ci dice che cinquecento milioni di piccole aziende di contadini sono in crisi. Non c’è che da allarmarsi”. L’Expo: “Con Carlo Petrini ed Ermanno Olmi abbiamo scritto un appello affinché l’evento diventasse occasione di sensibilità e lotta alla povertà. Ho chiesto agli organizzatori che venisse apposto un cartello in tutte le lingue del mondo per spiegare tutto ciò, assieme alla denuncia sulle  condizioni di schiavitù e le violazioni dei diritti umani perpetrate da molti paesi espositori”. La povertà in Italia: “In dieci giorni sono scomparsi due milioni di poveri. Com’è possibile? Certo, hanno cambiato i parametri di valutazione”. Il dramma dell’immigrazione: “Quei naufragi sono stati anticipati dal naufragio delle nostre coscienze. L’Europa si è svegliata solo dopo aver visto delle foto!” Ed ha concluso: “Non dimentichiamoci che l’unità di misura dei rapporti umani è la relazione e che la prima dimensione della giustizia si chiama prossimità. Dobbiamo recuperare un’anima dentro le nostre realtà. Adesso, purtroppo, c’è grande paura verso la relazione e l’ascolto. Oggi più che mai necessitano punti di riferimento veri e autentici”.

Nella folta platea della piazza del “belvedere” taorminese, non si poteva non scorgere la presenza di Renato Accorinti, sindaco di Messina, vecchio amico di Luigi Ciotti, con il quale ha condiviso idee, impegni ed iniziative. Così lo abbiamo avvicinato: “Don Ciotti è un simbolo che resiste da cinquant’anni – ci ha detto il primo cittadino messinese –  che ha il merito d’aver creato una rete con gente che si è impegnata innanzitutto nella presa di coscienza.

E’ giusto e doveroso che ciascuno faccia qualcosa”. Inevitabile il riferimento con la città dello Stretto: “Il nostro slogan della campagna elettorale, Cambiamo Messina dal basso, è una sintesi di tutto ciò, concreta e precisa e dà l’idea che il cambiamento può avvenire solo con la compartecipazione di tutti noi. E’ importantissimo partire dai bambini, dalle scuole, dal lavoro culturale, dalle prese di coscienza”. Il punto su Messina e la legalità: “Avverto un senso di speranza quando vedo crescere i movimenti cittadini”. Dopodiché l’abbraccio con Don Ciotti e la promessa strappata al sacerdote più famoso d’Italia per una sua prossima presenza a Messina.

Corrado Speziale

Redazione Scomunicando.it

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