È lui il simbolo principale dell’impresa dei bianconeri. Numero uno, in campo e fuori. Capitano, guida e coscienza critica del gruppo. È Buffon a imprimere la svolta nel momento di massima crisi nell’ottobre scorso. «A 38 anni non ho voglia di fare figure da pellegrini» tuonò dopo la disfatta contro il Sassuolo, punto più basso della storia recente juventina. La sua voce ebbe un impatto talmente forte che provocò la reazione, altrettanto forte e impetuosa, della squadra. Tanto che ora, a impresa compiuta, riconosce che «probabilmente gli schiaffoni presi ci hanno fatto bene e ci hanno risvegliato dal sonno».
È Gigi l’architrave di una difesa da record: spesso insuperabile (20 volte imbattuta nelle prime 35 gare), per il quinto anno consecutivo è la migliore del campionato (soltanto 18 reti al passivo, solo 9 da quando è iniziata la rimonta a quando è arrivata la certezza del titolo: 25 partite) e sul podio tra quelle d’Europa. Barzagli-Bonucci-Chiellini alzano il muro, cui si aggiunge con più continuità, nel finale di stagione, il giovane Rugani. E Buffon veste ancora una volta i panni di Superman, aggiornando gli almanacchi con il nuovo primato di imbattibilità in serie A: 974 minuti senza subire gol. Che è stato anche il modo migliore per rispondere a chi si era dimenticato di lui, vale a dire la Fifa, che non l’ha inserito nella lista dei 59 candidati al Pallone d’oro.
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