Riflessioni della blogger Giulia Quaranta Provenzano
Oggi vi proponiamo un’ennesima riflessione e analisi della blogger e critica imperiese Giulia Quaranta Provenzano. L’anche fotografa d’arte
Sì, io sono nata a Imperia e attualmente vi risiedo… il mare, l’acqua è un elemento imprescindibile quanto vitale per me ma invero lo è per tutti noi esseri umani in viaggio tra conscio e inconscio e che eppure talvolta ci troviamo in tempesta e magari pure ad aggiungere le nostre lacrime alle già più o meno in parte salate ferite. Le profondità della mente e quelle del cuore non sempre dialogano fra loro e riescono a combaciare e così – come canta Olly in “Menomale che c’è il mare” [clicca qui https://g.co/kgs/bthFgm per leggere il testo] –
L’acqua è simbolo dell’inconscio ed è altresì simbolo del mare uterino tuttavia nessuno di noi può esimersi, prima o poi, di fuoriuscirvi e di solcarlo e persino di andare da una sponda all’altra in un viaggio individuativo in cui siamo tutti chiamati a confrontarci e a relazionarci soprattutto con noi stessi e non solamente e non soltanto nelle giornate di sole, bensì anche nelle intemperie. Ognuno di noi dovrebbe cioè assumersi la responsabilità di essere l’unico capitano della propria vita e intraprendere la rotta che più attrae e si sente conforme e adatta a sé, a prescindere dalla paura delle conseguenza che non dipendono da un nostro capriccio imputabile a colpa o dall’audacia come sinonimo di superficialità. Ecco dunque che è sulle onde e tra le onde d’alto mare che siamo appunto chiamati, volenti o nolenti se non ci si vuole lasciare affondare senza possibilità altra alcuna, a rispondere e a far credito alla nave d’una coscienza non più ormeggiata a riva in balia del vento. Il viaggio della nave-coscienza ha avvio solo se forti della sopracitata audacia d’una volontà più urgente dell’inconscio-mare che così, grazie alla nostra azione di soggetti e non oggetti, non contiene più limitativamente la coscienza che in esso si è originata.
Ebbene, è ossia quando sogni ad occhi aperti che non le chiudi le persiane [clicca qui https://youtu.be/MC4VYKpqGP4 per ascoltare la canzone “Menomale che c’è il mare”, di Olly] ovvero che ci si apre alla vita e alle sue possibilità da scegliere con sincerità a se stessi e che pertanto non si frappongono più barriere a separare potenza e atto, interno ed esterno ma la possibilità immaginata si traduce e si fa appunto azione concreta in accordo alle proprie ime sensazioni ed emozioni… nozze ossia del mare, che comunemente è femminile e rappresenta l’istinto, con il maschile cielo quale simbolo di potere e ambizione in una ribaltata nuova nascita che vede proprio il mare e non il cielo essere motore portante della rinascita e generazione in quanto è dall’acqua del piacere fine a se stesso, acqua che fluisce inesausta e non è stagnante, che viene la vita e non da imposizioni a opera di un’autorità estranea alle profondità della propria psiche, dell’anima …
Quello di Olly è un invito – a prescindere da che lui sia consapevole o meno del messaggio più profondo del suo brano – a fare come i pescatori che fischiano, fanno e tu canta la-la-lalala e tutto si risolverà in un attimo ossia a farci immagine noi stessi della vita (come loro, così pure noi, contrapposti ai cacciatore quali emblemi dell’immagine della morte) e ciò grazie all’espressione di sé, della propria individualità, dei propri sentimenti a cui il canto si collega. La-la-lalala che indica un luogo distante da chi prima non li nominava neppure i sentimenti, figurarsi mettersi in contatto con essi e assecondarli, e distante anche da chi ascolta senza però disporsi amichevolmente e di buon grado verso le sensazioni incoraggianti del metaforico cantare altrui. Cantare che ha il potere di modificare positivamente e fattivamente qualcosa nel sognatore, riflettendosi sulla sua realtà non più rispondente all’eco di un volere estraneo perché appiccicato addosso per essere in accordo a terzi ma dissonanti con se stessi.
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