Politica

GRUPPO 29 FEBBRAIO – Il “blind recruitment” in Italia. Intervista a Emily Clancy (consigliera comunale a Bologna)

Partendo da qui a giorni la proposta del gruppo politico-sociale-culturale  orlandino.

Il Rapporto tra Cittadinanza e Amministrazione ha sempre rivestito un ruolo cruciale nel dibattito politico. Negli ultimi tempi, in diverse parti del mondo, si è giunti a delle sperimentazioni davvero interessanti, che forniscono, anche per una comunità relativamente piccola come la nostra, dei curiosi spunti di riflessione. Emily Clancy, Consigliere Comunale di Bologna, aveva formulato una proposta volta a ricalcare un metodo di assunzione molto in voga nei paesi anglosassoni, e noi abbiamo raccolto la sua testimonianza:

1) Cosa l’ha portata a proporre questa iniziativa?

Il nostro statuto prevede alcuni istituti circa la partecipazione cittadina molto importanti, uno di questi è il referendum consultivo cittadino, indetto dal Sindaco quando lo richiedano novemila cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune su questioni di rilevanza generale attinenti alla competenza del Consiglio. Prima della raccolta delle firme la proposta è sottoposta al giudizio di ammissibilità di un Comitato di Garanti: i cinque componenti del “Comitato dei Garanti” sono scelti dal Consiglio Comunale tra persone in possesso di preparazione giuridico-amministrativa, in grado di offrire la massima garanzia di imparzialità e indipendenza degli organi del Comune.
La mia proposta nasce proprio in questo contesto: ci trovavamo all’interno della scelta dei cinque membri del Comitato di Garanti, e stavamo valutando i curricula pervenuti. Solitamente e informalmente la scelta viene fatta in questo modo: la maggioranza sceglie tre membri, le opposizioni due, e la cinquina risultante viene poi votata in Consiglio.

2) Come si è sviluppata la sua proposta?

Non trovavo il meccanismo efficiente o trasparente: il Comitato dei Garanti è un organo posto a tutela dei cittadini, non dell’Ente e men di meno dei suoi organi politici. Sono chiamati a valutare la congruità di alcuni quesiti referendari di cui l’amministrazione farebbe volentieri a meno, come fu nel caso dell’ultimo referendum consultivo sui finanziamenti pubblici alle scuole private. Un giorno potrebbero essere chiamati a valutare la congruità di un quesito che non piace né alla maggioranza né all’opposizione: non sarebbe stato meglio dotarsi di uno criterio di valutazione dei curricula che permettesse davvero quella imparzialità e indipendenza dagli Organi del Comune che prevedeva lo statuto? Proposi quindi di fare una prima scrematura dei curricula valutandoli “in bianco”: senza tutta la parte anagrafica.
Gli studi dimostrano che a parità di curricula e competenze spesso viene preferito un uomo a una donna con pari esperienza. In alcuni paesi si preferisce il giovane, in altri viene scartato a priori. Ci sono discriminazioni talvolta anche inconsce circa la provenienza geografica, la cittadinanza, la disabilità. Una prima valutazione senza considerare questi fattori sarebbe stata completamente scevra da pregiudizi e ci avrebbe dato la possibilità di analizzare esclusivamente la presenza o meno di quelle competenze giuridico-amministrative necessarie per il ruolo.

3) Come viene implementata l’iniziativa nel resto del mondo?

La proposta era inedita all’interno di questo contesto ma in tutto il mondo vengono adottati diversi criteri anti-discriminatori nella valutazione dei curricula, sia nel privato che nel pubblico, anche in base ai comportamenti discriminatori più frequenti in un determinato contesto.
Per esempio nel Regno Unito stanno combattendo l’ageism, o la discriminazione per età, eliminando i riferimenti cronologici all’interno di cv, magari indicando solamente gli ultimi lavori o le esperienze più significative in ambito professionale in modo che non si possa desumere l’età del candidato: questo perché capitava spesso che un candidato magari più anziano ma con tutte le competenze necessario veniva scartato a priori perché più prossimo alla pensione.
Luoghi diversi hanno costumi diversi, mi duole dirlo ma l’inserimento della fotografia nel cv in molti ambiti professionali anglosassoni ne determinerebbe automaticamente l’eliminazione. Qui invece si scrive ancora “di bella presenza” al di fuori dell’ambito della moda, anche nella ricerca di commessi o di camerieri: a che pro?

4) Perché alla fine la sua proposta è stata rigettata?

Dopo un primo voto quasi unanime (ci fu solo un’astensione) molti gruppi affossarono il criterio, dal Partito Democratico a Forza Italia. Immagino perché preferissero la vecchia logica spartitoria: tu ne scegli tre, io ne scelgo due, ci sentiamo tutti tutelati. Dimenticandosi però che l’organo è pensato appositamente per tutelare i cittadini ed essere indipendente dagli organi del Comune.
Alcuni posero obiezioni circa la pari rappresentanza di genere, ma le avevamo già smontate. Mi spiego: si diceva “e se vengono eletti cinque uomini o cinque donne” (senza quindi rispettare il criterio dell’equilibrio di genere)? Ma bastava fare come in medicina con l’esperimento in cieco: nella sperimentazione di nuovi farmaci si dividono i pazienti a cui si sottopone la somministrazione dei farmaci o del placebo. Allo stesso modo avremmo potuto tenere i cv in due pile, una di donne e una di uomini, senza però sapere quale fosse una e quale l’altra. Nel raro caso in cui ci fossimo accorti che i cinque migliori cv fossero tutti appartenenti a una pila avremmo potuto sostituire il peggiore con il migliore dell’altra. Anche se devo dirlo: procedendo a una scelta aprioristicamente scevra da pregiudizi molto probabilmente si sarebbe naturalmente portati verso una scelta equilibrata.

 

Decisamente. E’ chiaro che va modulato in base all’ambito di applicazione. Per esempio se si volesse applicare nel privato nella scelta di dipendenti trovo normale che vi sia anche un aspetto di preferenza, di intuitu personae da tenere in considerazione nella scelta. Ma quello che è importante è dare un’equa opportunità a tutti: una prima scrematura fatta con il criterio del cv in bianco permetterebbe di fare una prima analisi scevra di pregiudizi. Magari rendendosi anche conto, per la prima volta, di avere dei pregiudizi.
Nel pubblico invece il rapporto di impiego solitamente prevede una modalità costitutiva del rapporto di pubblico impiego che è strutturalmente all’opposto della selezione intuitu personae, cioè il concorso pubblico. Dove così non fosse l’analisi del cv in bianco potrebbe essere uno strumento alternativo per consentire di eliminare le discriminazioni della scelta dei candidati, concentrandosi esclusivamente su competenze e titoli posseduti.
intervista di Paolo Paparone

 

Redazione Scomunicando.it

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