Ancora bombe su Aleppo, ancora morti. Continua la strage in Siria la strage degli innocenti. Bambini che il web tramuta in testimial. Foto che diventano virali
È scampato all’orrore di un bombardamento.
Piange come il piccolo Omran, ritratto qualche giorno fa su un’ambulanza.
Vittime che non riusciranno, anche se l’hanno scampata bella, a sottrarsi al sacrificio umano imposto dai media occidentali.
Hanno bisogno dei loro sguardi, del loro dolore, di quegli occhi assenti, del loro volto spaventato, della raggelante catatonia.
Ne hanno bisogno per puntellare quel terrore che sta cedendo.
Non frega più niente a nessuno, della Siria, e fra quei pochi che se ne interessano ormai quasi nessuno ha ancora il coraggio di dipingere uno scontro tra forze democratiche e un regime sanguinario. Serviva un coniglio da estrarre dal cilindro. E allora ci hanno dato. Ecco il bambino in copertina, ecco l’Omran di ieri. Di quest’ultimo almeno sappiamo anche il nome.
Questa foto sarà la nuova “foto che commuove il web”. In un mondo gonfio di empatia e di stupidità, quel faccino terrorizzato serve ad azzerare la riflessione. Non è il primo bambino vittima della guerra siriana. Non è neanche quello che se la passa peggio, dato che, apparentemente, un terribile choc e qualche ferita superficiale sono tutto ciò che si porta appresso. Non è poco, ma nell’inferno siriano, nella terra un tempo laica e progredita caduta in mano a tagliagole psicopatici, forse si può azzardare che loro, l’Omran di turno, sia persino “fortunato”, sia detto con tutte le cautele del caso. Ma le immagini degli altri bambini non fanno notizia.
Bisogna allora commuovere di nuovo le folle.
E allora ecco a cosa serve Omran: a convincere gli occidentali che i responsabili del caos siriano, e quindi del destino di Omran stesso, non devono perdere.
O almeno non devono perdere per intero, perché forse all’Occidente un bel pareggio, una situazione resa ingovernabile, con un Assad depotenziato e i terroristi che vincono ma non stravincono, va più che bene. Stiamo giocando sulla pelle di un popolo. Stiamo giocando sulla pelle di Omran.
Proprio noi, che ci commuoviamo per il buio calato sui suoi
font il primatonazionale.it
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