era il 6 aprile 1973
Curava anche con le parole. Sicurante un suo grande pregio
Era il medico che trovavi in ambulatorio fino a tarda sera o che girava da una parte all’altra del paese a passo svelto e in mano la borsa in pelle.
Per le frazioni si lasciava condurre su un asino, quello che i familiari dei pazienti si tiravano appresso per poterlo portare nei casolari più dispersi. Eravamo nel dopoguerra, poi arrivarono le lambrette e le “seicento”. Don Giacinto Garofalo era un’istituzione.
Insieme al prete, al sindaco e al maresciallo dei carabinieri era un punto di riferimento per tutti.
Era il medico condotto, ma anche pediatra, dentista. Era l’ostetrico e il cardiologo. Era tutto.
Curava anche con le parole. Sicurante un suo grande pregio.
Il dottore Garofalo era, oggi possiamo definirlo, una figura romantica, amata ma anche temuta, se da sotto gli occhiali doveva rimproverati, se non ti eri attenuto alle sue prescrizioni.
Era rispettato al di là della professione medica che esercitò per più di 50anni, per il suo modo di essere e di fare.
Il ricordo di lui è vivo, palpabile, vero.
Passando sotto la sua casa\villa, in piazzetta due Palme- comunemente intesa del “dottore” -, con le sue vetrate, i giardini d’inverno, l’affaccio sul “timpone”, l’androne con i marmi cromatici, la grande coppiera in vetro di murano ad un passo da dove c’era il suo ambulatorio di Giacinto – è sempre stato un esempio di raffinato buongusto. Si identificata con il suo modo di essere e di vivere.
Ecco, passando da lì non si può fare a meno di non pensarlo, di raccontare un aneddoto, un pezzo di storia vissuta nel suo ambulatorio. Del sentire l’acqua bollire dentro i contenitori in alluminio delle siringhe, che già ti facevano male prima ancora che ti pungessero. Locali zeppi dell’odore della tintura di iodio. Raccontare di quando, con timore al suo arrivo in casa, per la visita, tutta la famiglia dopo aver preparato al meglio quelle stanze, spesso povera, si raccoglieva silenziosamente in disparte, in attesa della prognosi.
Il Dottore – come tutti lo chiavano – in quei casi era osservato con occhi pieni di speranza e lui ricambiava sorridendo.
Beveva il caffè offerto, si lavava le mani, si soffermare a parlare e spesso, mai facendosi pagare, anzi allungava oltre qualche spiccio – per comprare le medicine da Giulio, il farmacista – anche le scatole di campioni di medicinali; quelle che nel suo studio formavano instabili pile colorate, magiche, quasi fossero fatte da prodotti miracolosi.
Lui, era nato nel 1899, si era laureato a Palermo, e amava la medicina e i suoi progressi.
Quando arrivò la “penicillina” la sperimentò sui figli, l’accolse come un salva popolo e insieme al chinino, in una Brolo infestata di malaria. Senza mai stancarsi, vaccinò intere generazioni contro la poliomielite, la tubercolosi, curando e ricucendo soprattutto i bambini dai danni dovuti ai ritrovamenti degli ordigni bellici che disseminavano campi e campagne.
Poi è arrivò la Mutua. Ma il dottore Garofalo, quel diritto alla salute lo esercitava già da anni, per tutti, ma questa è un’altra storia!
Giacinto Garofalo oggi ci piace ricordarlo per quel rapporto umano unico che sapeva costruire, con tutti, in maniera “sociale”, come era la sua visione politica, liberale che diventava socialdemocratica.
Una politica che viveva anche per amicizia solo ai tempi delle elezioni.
Quando dai suoi balconi che guardavano la Chiesa, si affacciavano i vari Martino e La Malfa, ex ministri del re e fondatori della Repubblica, certamente animatori politici dell’Italia che sarebbe venuta.
Don Giacinto ti dedicava il suo tempo prezioso.
Ti visitava davvero, ti misurava la febbre e la pressione, ti controllava le pulsazioni, ti auscultava il torace, e con lo stetoscopio lo percorreva avanti e indietro picchiettando con le dita alla ricerca di qualche anomalo suono, segno di un malore nascosto, controllava la gola, poi guardava dentro le orecchie ed espolarre la gola.
Tra sciroppi e pilloline si prendeva cura di te.
A volte, anzi spesso, il dottore Garofalo faceva nascere, in casa. Così l’ha fatto con intere generazioni, insieme a donna Basilia, l’ostetrica.
E dalla nascita venivano fuori battesimi, anzi i “san Giovanni” e poi il passo era breve ad essere testimone di nozze. E a Pasqua e Natale era un via vai, a casa sua, di figliocci e compari.
Il tempo in quella Brolo “di un tempo” si scandiva anche così.
Giovani medici affollavano il suo studio per far pratica. Lui dispensava consigli, riversava su di loro l’esperienza maturata, il suo sapere, fatto oltre che di scienza anche di cultura.
Amava leggere, conosceva la storia della Sicilia e dell’Italia, La letteratura Europea e la raccontava ai figli
Si perché lui aveva una splendida famiglia, i figli Peppiniello e Graziella, la moglie Emanuela – conosciuta da tutti come la “signora Nelly” – passando per una lunga sfilza di parenti, nobili nell’animo e non di lasciti e dalla mentalità aperta.
Era la borghesia intelligente di quella Sicilia che dal tardo ‘800 migrava nel ‘900. I Garofalo erano stati viceré del paese, avevano ospitato scrittori importanti viaggiatori.
Don Giacinto conservava disegni dei suoi avi sacerdoti e notabili, non si sa perché, erano giunti definitivamente a Brolo, dopo aver abitato anche a Piraino. Ma di questue storia pochi ne sapevano e i Garofalo non amavano raccontare di loro.
Possiamo dire che famiglia Garofalo era un’eccezione, in una Brolo dove a poco a poco prendevano piede gli agrari e poi i costruttori del cemento.
Lo è sempre stata.
Con Giacinto Garofalo si può raccontare trasformazione che la Sanità, intesa come assistenza e cura del malato, con i relativi eventi sociali che a cavallo tra due secoli hanno caratterizzato la vita degli italiani.
Il ricordo del dottore Garofalo non è per nulla sbiadito. Forse è questa la sua grande eredità di cui chi l’ha conosciuto può andarne fiero.
Quando morì aveva 74 anni.
Ultima nota: Quasi a chieder scusa.
Una villa, quella comunale, che ingiustificatamente nessuno ha ancora dedicato al “dottore”. Eppure nel tempo lo si era detto. Quasi ad interpretare una volontà popolare sarebbe bello potergli dedicare quello spazio.
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