Sul fatto che oggi il social network sia la principale piattaforma di confronto e dibattito non ci piove, del resto è ovvia conseguenza del progresso e del cambiamento di usi e costumi che dall’animata agorà ateniese si sia giunti, nei secoli, alla piazza virtuale. Un fenomeno assolutamente interessante è quello dell’intensificarsi del dialogo, fino a livelli spesso poco piacevoli per il lettore, in corrispondenza di momenti focali della vita sociale.
L’attivarsi del popolo virtuale ha, come tutti ben sappiamo, permesso di vincere la battaglia sull’acqua (oggi, purtroppo, nuovamente in pericolo), ha permesso di dire no al nucleare e ad una giustizia “speciale”; ha permesso che si scendesse in piazza, fisicamente, per l’esercizio delle libertà costituzionali.
Trascorso così il periodo natalizio e superato il problema dei tanto desiderati addobbi (di cui, con prontezza, è stata immediatamente denunciata la inadeguatezza alle aspettative gioiosane), nei giorni passati il dibattito si è spostato su una questione ben più seria e che di certo non è circoscritta entro il territorio comunale: l’apatia giovanile.
Gioiosa Marea è, da questo punto di vista, un luogo come tanti: i ragazzi popolano i bar e ci stanno fermi per ore, lasciando che il tempo passi e basta. Fanno decine e decine di giri in macchina, e li si vede raramente passeggiare. S’incontrano e non parlano.
Quindi è su qualcosa di diverso da quello che siamo abituati a vedere che servirebbe riflettere.
Per lo meno, sarebbe opportuno che ad ognuno, giovani e non, venisse garantito il diritto di scelta, che non è qualcosa di astratto o che deve restare cristallizzato in enunciazioni di principio che sembrano a molti parecchio distanti dalla realtà che viviamo. Si tratta, piuttosto, di un presupposto indispensabile per le azioni che a tutti i livelli si possono porre in essere per cercare di aprire uno spiraglio di cambiamento. Offrire il diritto di scegliere come passare la serata, piuttosto che rassegnarsi ad una birra al bar, forse, scalfirebbe il disinteresse.
Come altri giovani, ho 24 anni, una laurea ed il sogno, per cui quotidianamente m’impegno e che spesso non mi permette di vivere a pieno la vita gioiosana, di essere un magistrato e di poterlo fare qui al Sud, nonostante guardarmi intorno spesso mi scoraggi profondamente.
Vorrei che Gioiosa, come altri centinaia di paesini del Sud, cambiasse. Vorrei che Gioiosa riscoprisse la bellezza.
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