Ad Abakainon e Halaesa con “Medusa” e “Odisseo Superstar”
Ultimo scorcio di agosto denso di appuntamenti culturali al Parco Archeologico di Tindari. Al centro della programmazione i siti di Abakainon (Tripi) e Halaesa (Tusa), dove andranno in scena “Medusa” e “Odisseo Superstar”.
MEDUSA
La pièce, in programma giovedì 28 agosto (ore 21) all’Agorà di Abakainon, è scritta da Elisa Di Dio e Filippa Ilardo, per la regia di Filippa Ilardo e Dario La Ferla, con Elisa Di Dio, Rosaria Salvatico e Andrea Saitta (produzione Compagnia dell’Arpa).
Lo spettacolo. Ci sono miti che non concedono scampo, che affondano come una lama senza possibilità di redenzione. Medusa è uno di questi. Non ha colpe, se non quella più antica e intollerabile: essere bella senza nascondersi. Tanto basta perché gli uomini la desiderino come una preda e le donne la vedano come un’ombra di troppo. Ma Medusa non sfida nessuno. Vive, semplicemente, ignara della tempesta che sta per travolgerla. Poi arriva Poseidone. La vede, la vuole, la prende. Non c’è ostacolo, non c’è sacralità che lo trattenga. Neppure il tempio di Atena. Profana il sacro con la certezza dell’impunità, e ha ragione. Perché Atena non colpisce lui, il colpevole, ma lei, la vittima. Figlia di un padre onnipotente, dea forgiata nella logica del potere, Atena non conosce il dolore di chi non ha nessuno a proteggerla. E non ha pietà per Medusa. Ne fa un mostro, le strappa l’innocenza e le regala l’orrore: serpenti al posto dei capelli, uno sguardo che pietrifica chiunque osi incrociarlo. Così Medusa diventa ciò che gli altri vogliono che sia. Non più donna, non più persona. Solo un pericolo da eliminare. E l’eroe arriva. Perseo non si chiede chi fosse prima della maledizione, non vede ingiustizia, non vede tragedia. Armato dagli dèi che l’hanno condannata, la uccide senza guardarla. Ne recide la testa e la offre in dono ad Atena, che la inchioda sul proprio scudo, trasformando il suo volto in simbolo di potere. Nessuno la difende, nessuno la piange. Violata, punita, assassinata, attraversa la storia senza che una sola voce si levi in suo nome. Fra tutte le creature del mito, è la più vicina alla realtà delle donne: sacrificata sull’altare della forza, condannata da chi avrebbe dovuto proteggerla, trasformata in mostro da chi l’ha distrutta.
La piéce inizia così, con Perseo avvolto in un drappo. Lui, il vincitore. Il suono profondo e ritmico del mare si insinua nell’ambiente, anticipando la presenza invisibile ma palpabile di Poseidone. Dal buio emerge la voce di Medusa. I due appartengono a sfere temporali e sensoriali diverse, eppure la sua voce giunge al presunto vincitore. Chi era davvero Medusa? La tensione cresce mentre il dialogo esplora la complessità del loro incontro: chi è la vera vittima? Perseo sostiene di aver agito per un fine giusto, ma Medusa lo costringe a riflettere sul significato profondo del suo gesto, a guardare dentro uno specchio la verità. Medusa racconta così la sua trasformazione in mostro: non una punizione per il suo aggressore, Poseidone, che l’ha violentata nel tempio di Atena, ma per lei stessa. Rivela la sua storia in tutta la sua crudezza. Non è stata uccisa da un eroe, ma da un sistema che opprime e celebra i carnefici dimenticando le vittime. Medusa: due volte vittima, due volte innocente. Perseo inizia a dubitare del suo ruolo di eroe. Lo scudo che gli ha permesso di vincere diventa una metafora potente: lo strumento che gli ha impedito di guardare Medusa negli occhi è lo stesso che ora riflette una verità scomoda e nascosta. La figura del mostro si dissolve agli occhi di Perseo, lasciando solo una donna tragicamente segnata dalla violenza subita. Il suono di Poseidone diventa assordante, come un’onda inarrestabile, ma al culmine si placa improvvisamente, lasciando spazio al silenzio. La testa di Medusa non è più un trofeo, ma un simbolo di colpa e memoria. Il mare si calma, ma il suo eco persiste, segno che la violenza di Poseidone, e di ciò che rappresenta, non è stata del tutto cancellata. Lo sguardo di Medusa ora è sugli spettatori. Saranno loro a guardare dentro di sé la verità.
Al centro di questa esperienza teatrale c’è la convinzione che Medusa, con la sua chioma serpentina e lo sguardo pietrificante, vada oltre l’immagine del semplice mostro temuto. La sua trasformazione in una creatura mostruosa, plasmata dalla dea Atena, diventa un potente strato di significato simbolico, utilizzato come finestra attraverso la quale esplorare la profondità dell’essere umano. Questa rappresentazione simbolica si spinge oltre l’indagine sulla nascita dei mostri, esplorando la dualità intrinseca in ogni individuo. La narrazione diventa uno specchio delle sfide umane, affrontando con delicatezza il tema delle apparenze e del controllo che esercitiamo su di esse. La storia di Medusa, con la sua morte drammatica e il potere del suo sguardo pietrificante, si trasforma in una metafora persistente, riflettendo e plasmando la nostra comprensione del potere, della vulnerabilità e della complessità umana attraverso i secoli.
ODISSEO SUPERSTAR (L’eroe di cui nessuno ha bisogno)
Lo spettacolo, in programma all’Agorà di Halaesa (Tusa) sabato 30 agosto alle ore 21,30 e all’Agorà di Abakainon (Tripi) domenica 31 agosto alle ore 21, è una produzione del collettivo V.A.N., che ne cura anche la regia. In scena Andrea Di Falco, Gabriele Manfredi, Andrea Pacelli, Gabriele Rametta e Pierantonio Savo Valente. La scenografia è di Carlo Gilè, le musiche di Andrea Di Falco e Gabriele Rametta, mentre a Fabiana Amato è affidata la consulenza costumi.
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