Categories: Cronaca Regionale

INCIDENTE SEGESTA – La posizione dell’Associazione Alamak – Sebastiano Mafodda, in attesa dell’Udienza preliminare

La nota dell’Associazione che non intende abbassare la guardia di fronte ad una situazione che rischia di rafforzare posizioni dominanti che da decenni assoggettano al loro volere Messina ed il suo mare.

Ci stiamo avvicinando al quarto anniversario di quel tragico pomeriggio del 15 Gennaio 2007, momento che segnò la drammatica fine dei quattro innocenti marinai del “Segesta Jet”, mezzo veloce di “Bluvia”, a seguito della collisione con la nave porta-container “Susan Borchard”, occasione in cui persero la vita il comandante Sebastiano Mafodda, il direttore di macchina Marcello Sposito e i marinai Palmiro Lauro e Domenico Zona.

Come ogni tragedia, anche questa ha mostrato molteplici volti, più o meno confacenti alla natura ed al sentimento umano, come il dolore, la solidarietà, il rispetto per le vittime ed i loro familiari. E come ogni disastro ha avuto e sta avendo i risvolti che attengono all’operato delle istituzioni, delle amministrazioni pubbliche e private, dell’informazione, ed in particolare, della Giustizia.

Il fine primo dell’Associazione “Alamak – Sebastiano Mafodda”, nata subito dopo il tragico evento, è quello di raccogliere l’eredità morale del comandante del “Segesta”, con i suoi principi e valori, mantenendo vivo il ricordo di una persona semplice – come d’altronde sono i marinai – che ha dedicato tutti i momenti della sua esistenza al mare ed alla navigazione, con i sacrifici, le gioie e le tristezze che riserva il duro e complesso mondo della vita di mare.

L’Associazione, in questi anni, si è occupata di eventi che attraverso i sani princìpi della libera partecipazione, dell’amicizia e dell’impegno civile, nel ricordo del comandante scomparso, hanno inteso creare aggregazione e solidarietà intorno alla cultura del mare.

In tutto questo, non ci si aspettava di dover ricorrere ad ulteriori sforzi volti alla difesa del fattore più nobile, e quindi intoccabile, della vita di “Bastiano”: la sua dignità umana e professionale. Eppure è così. Bisogna infatti provare a compenetrarsi in certe situazioni che nascondono in sé le peggiori insidie, per accorgersi di quanto sia difficile difendere chi non ha più voce per poterlo fare in prima persona, a causa del tragico destino che gli ha precluso per sempre questo sacro diritto.
Per far comprendere il senso del nostro intendimento, occorre subito anteporre un particolare riguardante i tre comandanti coinvolti nel tragico incidente: Sebastiano Mafodda è l’unico ad aver perso la vita e quindi presta pietosamente il proprio nome ed il proprio volto a chi gli addossa le responsabilità; Maksym Poludnyev, ucraino, vive ed opera, in modo “indisturbato” e forse “inconsapevole”, ben lontano da noi; Antonino Donato, che a bordo della nave “Zancle”, traghetto della flotta “Caronte & Tourist”, pochi istanti prima dell’impatto tra la “Borchard” ed il “Segesta”, le aveva incrociate nell’esiguo spazio d’acqua che le separava, solca, invece, giornalmente, le acque dello Stretto per conto della società armatoriale di proprietà della famiglia Franza. 

L’inchiesta giudiziaria si è svolta tra indagini, consulenze, perizie, controperizie, il tutto in un’altalenante giostra di situazioni, dalla quale ci si attende che venga fuori la verità, quella autentica s’intende.
Nel febbraio dello scorso anno si era conclusa la prima tranche del procedimento: il comandante della “Susan Borchard” patteggiò la pena per disastro ed omicidio colposo in anni due di reclusione, e quello della “Zancle”, inquisito per omissione di soccorso, fece altrettanto con pena di nove mesi.

Ma nell’ambito delle indagini, la posizione di Donato è stata più volte oggetto di giudizi e valutazioni differenti. Infatti, in un primo momento, i P.M., per capi d’imputazione ben più gravi, ne avevano chiesto l’archiviazione. E’ stato a questo punto che, grazie all’impegno del SASMANT (Sindacato Autonomo Stato Maggiore Navi Traghetto – F.S. Messina), che tutela Mafodda, e dei familiari dello stesso, è stata presa in considerazione la precedente inchiesta formale condotta dalla Commissione sui sinistri marittimi, presso la Direzione Marittima di Catania, avente valore di prova nelle cause giudiziarie riguardanti gli incidenti in mare, la quale sanciva la diretta responsabilità nell’incidente di tutte le navi coinvolte, distribuendo, quindi, l’onere della colpevolezza, sia a quelle che si erano scontrate, ovvero “Borchard” e “Segesta”, che alla “Zancle”, che nell’incidente aveva avuto un “ruolo attivo” anche secondo una precedente perizia di parte.

Ma lo “spettro” dell’archiviazione per le responsabilità della “Zancle” era in agguato e si è ripresentato ancora una volta grazie ai contenuti del supplemento di perizia consegnata ai P.M. il 21 giugno scorso. E stavolta, più che mai, le motivazioni appaiono inconcepibili, paradossali: nel testo si conferma la violazione al Codice della Navigazione da parte della “Zancle”, ma si giustifica la posizione della stessa, ritenendo che l’incidente sia avvenuto nelle “particolari condizioni in cui avviene il traffico locale dello Stretto”, tratto di mare equiparabile, quindi, ad una sorta di zona franca della navigazione, che potremmo definire, in sintesi, acqua di nessuno (o quasi…), percorsa da “rotte consuetudinarie di tutte le unità in servizio”.

Detto in altre parole, visto che nello Stretto si usa navigare a seconda delle rotte che “ciascuno” sceglie, a cosa serve il Codice della Navigazione?

Chi ha la forza e la capacità di sopportare approfondisca l’accaduto e ciò che gli sta intorno, ammesso che possieda altrettanta forza e capacità di indignarsi, altrimenti cambi argomento.   
Su Sebastiano Mafodda sembra stringersi, così, sempre più, una morsa spinta dalle sommarie interpretazioni del caso. Da qui, ancora una volta, è dovuta quindi ripartire una nuova opposizione condotta dal SASMANT e dai familiari del comandante Mafodda, sostenuti moralmente dagli amici e dai colleghi che da quel tragico pomeriggio non riescono a darsi pace su quanto accaduto, sia in mare che nei palazzi dove opera chi ha trattato il caso, fatta eccezione per gli uffici marittimi catanesi.

L’Associazione “Alamak – Sebastiano Mafodda”, nel segno e nel rispetto della denominazione che si è data, in cui, il nome del comandante di Rodia, affianca quello della sua tanto amata stella, non intende abbassare la guardia di fronte ad una situazione che rischia di rafforzare, ancora una volta, la posizione dominante di taluni individui, che da decenni assoggettano al loro volere Messina ed il suo mare. Lo stato di prostrazione nel quale la città è sprofondata, a causa di continue emergenze legate alla mobilità urbana, gravemente subordinata al traffico nello Stretto, monopolizzato dalle società private, serva da indicatore per tutti i successivi passi da compiere nell’interesse collettivo. L’istanza per un equo, sacrosanto, riconoscimento di condivisione di responsabilità nell’incidente del “Segesta”, assume così i connotati di un’azione di impegno morale e civile, volta sia alla salvaguardia della dignità umana e professionale di Sebastiano Mafodda, che dell’intera città.

Un simbolo quindi, utile a rappresentare un sogno di giustizia che non si può negare a nessuno e che è legittimo attendersi, assieme a quello di una rinascita collettiva.

Francesco Musciumarra
Presidente Associazione “Alamak-Sebastiano Mafodda”

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