A Enza Maccora, sindaco di Sinagra, non va giù l’articolo di Domenico Orifici, parzialmente pubblicato sulla Gazzetta del Sud e in una versione più dettagliata apparso sulle colonne della nostra testata.
Ne contesta, stile, contenuti, aderenza alla realtà.
L’articolo è del 16 agosto, la smentita del 26 agosto.
Il titolo “Sinagra – Filippello – ha nuove regole” (per chi se l’è perso lo ripubblichiamo in calce di questo).
Il sindaco prima, ironicamente, ci riempie delle sue osservazioni:
“Ricco di dettagli, come si conviene ad un’informazione oggettiva e pluralistica, l’articolo di Scomunicando”
Poi parlando dell’autore dell’articolo – Domenico Orifìci, decano dell’informazione giornalista, corrispondente della Gazzetta del Sud – persona cristallina e certamente corretta nella sua onestà intellettuale, che ci rende onore con il suo scrivere – evidenzia che quando riferisce le fasi dell’iniziativa dell’Amminstrazione comunale approdate in consiglio (quelle per la parziale modifica di alcuni articoli del “Regolamento Comunale per la locazione e gestione aree attrezzate PIM”):
“Da una lettura attenta e comparata tra quanto pubblicato dal citato quotidiano on-line e il verbale allegato alla deliberazione consiliare n.14 del 03/08/2015 – dice la Maccora – emergono oggettive contraddizioni che purtroppo non vanno nel segno del rispetto del principio di equidistanza tra le parti, indispensabile per garantire ai lettori la tanto invocata oggettività delle notizie”.
Infatti – per il sindaco Maccora – il consigliere – nonchè vicepresidente del consiglio comunale – Daniela Spanò“durante la seduta del 03/08/2015 ha articolato quattro pagine di intervento del quale ha dato integrale lettura con profusione di richiami normativi, salvo poi non riuscire a formulare alcuna argomentazione sull’emendamento proposto in aula dalla maggioranza”.
Poi si lascia andare ad una serie di considerazione sul vicepresidente del consiglio, che la stessa argomenterà, nella risposta che pubblichiamo appresso, riportando gli articoli del regolamento e considerando che “maggiore attenzione avrebbe sicuramente consentito alla consigliera Spanò di esprimere il voto in armonia con le relative dichiarazioni, mantenendo un atteggiamento coerente, e al cronista Orifici di fornire ai lettori una sintesi dei lavori più aderente alla realtà dei fatti.
La sostanziale equivalenza delle suddette posizioni fornisce, qualora ve ne fosse ancora necessità, ulteriore fondatezza giuridica alle determinazioni del consiglio comunale tenuto conto dell’approfondita conoscenza della specifica materia della Consigliera Spanò”.
Fin qui il dire del sindaco sul quale non interveniamo in merito considerandolo sempre un intervento a gamba tesa sull’infomazione libera, e non ce ne stupiamo più di tanto.
Ognuno è fatto a suo modo.
Crediamo nella libertà di espressione, e per questo abbiamo dato spazio alla sua puntualizzazione, e nel contempo, siamo certi del buon dire di Domenico.
Lui non dovrebbe stupirsi più di tanto, conosce bene quell’ambiente, comunque si indigna, e fa bene, puntualizzando subito che non si sia trattato dello scrivere della polemica intercorsa fra lo stesso sindaco e la vice presidente del consiglio Daniela Spanò rilevabile dal verbale del consiglio comunale all’argomento, ma di altro.
Orifici comunque vuole subito precisare “che il giornalista non accetta dalle parti suggerimenti su come trattare gli argomenti; a lui compete il diritto, col dovere di critica, di informare sulle notizie che interessano i cittadini. A questi poco importano le polemiche o le arroganze che si potrebbero consumare a colpi di maggioranza”.
Poi, in maniera formale, controreplica:
“In una nota, definita “Comunicato stampa”, nel quale si parla della seduta consiliare che ha visto la modifica di alcuni articoli del “Regolamento Comunale per la locazione e gestione aree attrezzate PIM”, il primo cittadino formula le sue personali considerazioni sull’articolo in merito scritto dal sottoscritto e pubblicato su “Scomunicando” del 16/8/2015.
Sulla valenza e la bontà delle considerazioni sindacali, appunto perché personali, si rimanda il lettore alla lettura della nota con le valutazioni che il lettore stesso no mancherà di fare.
Per quanto riguarda le “oggettive contraddizioni” tra l’articolo e il verbale consiliare si può solo osservare che le stesse non vengono specificate, insomma non si ha modo di capire cosa, di tanto oggettivo, striderebbe tra il quanto riporta in verbale e quanto pubblicato.
Per cui, mancando la specifica degli elementi comparativi, chi legge e chi ha scritto nulla può osservare con certezza ma semplicemente formulare delle chiavi di lettura che non possono andare oltre la loro stessa natura.
Di certo c’è che se da un lato tutti possono formulare opinioni, osservazioni ecc, (è la democrazia) dall’altra è altrettanto certo che il cronista, nel raccontare i fatti non è certo legato alle risultanze di un verbale consiliare, che peraltro non ha l’immediatezza dell’articolo in quanto il primo, riporta, fino a prova di falso, la mera reale esposizione dei fatti, il secondo essendo un “mezzo” più snello ed immediato riporta anche ciò che un verbale non può dire cioè la critica, le considerazioni ecc.
Insomma il verbale è un resoconto, per così dire, burocratico, l’articolo un resoconto “animato”.
In tal senso, si aggiunge appena, si è più volte espressa la giurisprudenza”.
E Daniela Spanò?
Quello che ha fatto il sindaco, per lei, è un’opportunità per far chiarezza “in quanto il sindaco riporta solo una parte di ciò che è avvenuto in consiglio ed addossa a me l’impostazione dell’articolo (facendo credere chissà quali accordi) scritto dal giornalista Orifici, ma lui posso garantire che ha preso tutto dagli atti pubblicati sul sito no da cose riportate direttamente da me, l’emendamento presentato dalla maggioranza parlava di modificare ed integrare tre cose;
la prima con riguardo all’articolo 13, dove si fa riferimento alle modalità di recesso dal contratto, dove nell’ultima parte parla dell’avviso del recesso da parte di una delle parti contraenti, che va fatto a mezzo di lettera raccomandata il cui termine era previsto almeno 6 mesi prima, la maggioranza sia per quanto riguarda l’avviso in questione, che quello riguardante la disdetta del contratto lo modifica in 12 mesi, (così come viene disposto dalla legge e così come avevo già evidenziato io nel consiglio del 5 febbraio, quando poi questo punto all’ordine del giorno è stato rinviato, ripresentato poi il 3 di agosto, con le stesse e identiche modifiche proposte già allora) fin qui nulla di strano, se non fosse che l’altra parte
Dell’ emendamento presentato dalla maggioranza chiede che venga aggiunto alla fine dell’art 14 che parla della durata della locazione “secondo le modalità e i termini di cui all’articolo 29 della legge 392/78” questo punto l’avevo fatto notare già io nel intervento fatto a febbraio, perché il comune può solo esercitare il diniego nelle modalità previsti dall’art 29 prima citato, dove le prime due lettere A e B parlano di casi che certamente non riguardano il comune, le lettere C e D parlano di demolire o ristrutturare l’immobile queste non sono le finalità del comune.
Questa modifica proposta dalla maggioranza sul diniego anche se è stabilita dalla legge non aveva senso votarla perché il sindaco nel proporre le modifiche ha stabilito all’articolo 13 che il comune può recedere in qualsiasi momento dal contratto, cosa vietata dal legislatore che da la facoltà solo al conduttore di recedere in qualsiasi momento dal contratto per “gravi motivi” quindi passando questa clausola verrebbe meno la durata minima di sei anni previsti dalla legge ed il diniego del rinnovo perché recedendo prima non si arriva neanche a questa fase del rinnovo, può usare il comune la clausola che gli attribuisce la facoltà di recedere in qualsiasi momento per non rinnovare il contratto, quindi ribadisco recede quando vuole”.
Un argomento ribadito in consiglio che è stato riportato nel verbale, – poi dice il vicepresidente del consiglio – le modifiche proposte parlano anche di eliminare la durata dei 36 anni, tutto questo non ha senso perché le modifiche andranno ad influire solo per i contratti futuri non quelli già stipulati, anche l’avvocato nell’emettere il parere ha evidenziato che non possono avere effetto retroattivo, perché quindi proporre lo stesso questa modifica?
Se poi lo stesso comune ha deciso di venderli?
Poi il sindaco non può pensare che siccome la maggioranza ha portato l’emendamento (di cui sono venuta a conoscenza solo quella sera), che questo passi, non solo per i voti ma soprattutto perché ci vogliono i pareri dei funzionari, non si possono dare le cose per scontato quindi io fino a quando c’è la discussione posso fare tutte le osservazioni che voglio sulle modifiche proposte,e poi votare un emendamento che così formulato non ha senso, per i motivi che ho espresso prima, e poi non mi sembra che consiglieri abbiano articolato un discorso sul mio intervento o l’abbiano accolto, anch’io facevo notare cose non di poco conto.
Per me questi sono attacchi gratuiti utilizzati forse perché da fastidio il mio ruolo politico, le richieste da parte mia di visionare e avere copia di atti amministrativi, perché guai a controllare, informarsi o ad esprimere un proprio pensiero al riguardo…
E conclude:
“Se si volevano fare le scelte migliori per il bene degli operatori che già fanno fatica ad andare avanti, visto anche la delicatezza dell’argomento, potevano proporre una riunione (visto che la scelta di modificare il regolamento è arrivata da loro, poi devi sapere che anche se sono il vicepresidente io vengo a conoscenza del consiglio e i vari punti da trattare, solo quando mi arriva la convocazione, quindi quando tutto è già stato stabilito e deciso)continuando il discorso potevamo riunirci qualche giorno prima del consiglio sederci tutti e fare un regolamento e proporlo con le modifiche che la legge ammette e che vadano a favore dei commercianti che rappresentano la parte debole, e votarlo poi ad unanimità non si può avere la presunzione che tutto ciò che decide il sindaco o la maggioranza passi, quando gli stessi non danno alcun margine a discorsi costruttivi, ma solo a frecciatine personali, che nulla hanno a che vedere con la politica.
Ora capisco perché non mi hanno aiutata quando ho richiesto la diretta streaming, troppo scomoda, troppa trasparenza, usare poi un sito ufficiale per pubblicare queste cose, ma dove siamo arrivati.
Poi sorridendo ironizza anche lei: “Un’ultimissima cosa, il sindaco nel comunicato dice che io certe cose dovevo articolarle perché ho approfondito la materia, almeno io non ho richiesto un parere pagato con i soldi dei cittadini e ho studiato l’argomento proposto, la materia andava invece approfondita anche da lei perché ciò che mi amareggia è che proprio lei che è avvocato, ha proposto e presentato delle modifiche non contemplate dalla Legge, per non parlare di un parere legale che potevano risparmiarsi costato quasi 3mila euro e non preso in considerazione dalla stessa che l’ha richiesto…infatti in consiglio il parere non l’ha nemmeno argomentato…”
L’articolo contestato:
SINAGRA – “FILIPPELLO” HA NUOVE REGOLE
A distanza di quasi nove anni dalla sua approvazione, il regolamento comunale per la gestione dell’area artigianale urbanizzata di Filippello, meglio definita PIM (Piani Integrati Mediterranei), è stato modificato. La modifica è costata un confronto serrato, ricco di polemiche, iniziato nello scorso febbraio fra la maggioranza consiliare e l’opposizione, quest’ultima costituita dalla vice presidente del consiglio, Daniela Spanò e il gruppo consiliare “ Uniti per crescere” guidato da Emanuele Giglia. – articolo di Domenico Orifici –
Il pomo della discordia è sempre stato nella distinzione dei diritti del locatore e dei locatari previsti dagli articoli 8, 13 e 14 del regolamento della detta area artigianale .
Per dirimere la problematica in questione ci sono voluti diversi consigli comunali ed è stato chiesto un parere legale a un autorevole avvocato di Messina.
A conclusione del dibattito la proposta della giunta comunale per la modifica del regolamento è stata approvata col voto favorevole della maggioranza mentre l’opposizione col voto contraria dichiarava che sono illegittime le modifiche adottate. l’articolo 8, che prevedeva la durata di 36 anni della concessione è stato modificato nel seguente dettame: “Individuato il capannone e l’area di pertinenza da assegnare alla relativa impresa, l’amministrazione comunale provvederà ad adottare gli atti necessari per la stipula del corrispondente contratto “. In altre parole, con le nuove norme, scompare il termine concessione e la durata trentennale della locazione alla ditta assegnataria.
L’art. 13 prevedeva che solo il locatario poteva recedere dal contratto dandone avviso per raccomandata almeno sei mesi prima.
Con la modifica: “ è prerogativa del comune di prevedere nel contratto di locazione la facoltà per il locatario e il locatore di recedere in qualsiasi momento dal contratto di locazione a condizione che ne venga dato avviso da una delle parti, a mezzo di lettera raccomandata almeno sei mesi prima della scadenza contrattuale”. Così da ora non è solo il locatario a poter chiedere la disdetta del contratto ma lo può fare anche il comune.
L’art. 14 prevedeva che la locazione si rinnovasse tacitamente di 9 anni in 9 anni se non fosse intervenuta disdetta del locatario a mezzo raccomandata. Sanciva inoltre che “ l’ente locatore non può esercitare né la facoltà di diniego del rinnovo né quella di disdire il contratto di locazione alle singole scadenze”.
Con la modifica apportata: “la locazione avrà la durata di 6 anni e il contratto si rinnoverà tacitamente di sei anni in sei anni, salvo che non intervenga disdetta da una delle parti contraenti, a mezzo raccomandata, almeno sei mesi prima della scadenza contrattuale”.
Il parere richiesto al legale sulla vicenda così conclude: “… sembrerebbe preclusa la modifica retroattiva della sola norma regolamentare che quantifica in 36 anni, rinnovabili, la durata della concessione dei capannoni siti in località Filippello… può subire variazioni solo con il mutuo consenso delle parti.” Secondo l’opposizione non si è tenuto conto del detto parere legale. Le modifiche invece favorirebbero la vendita dei capannoni intrapresa dall’amministrazione da qualche anno in qua.
Alle modifiche al regolamento dell’area artigianale di Filippello si sono opposti la vice presidente del consiglio Daniela Spanò che ha considerato le variazioni proposte dalla giunta, contro legge e pretestuose, e il gruppo consiliare “ Uniti per crescere”.
Quest’ultimo col voto finale di contrarietà all’approvazione ha dichiarato: “appare lecito domandarsi, se tutta questa manovra messa in atto dell’amministrazione comunale non sia solo un pretesto di esporre l’ente a ulteriori contenziosi”.
Domenico Orifici