Roma
Sabato 7 giugno. ore 16.00. Sala de “L’Universale” Libreria/Galleria delle Arti. Via F. Caracciolo, 12 Roma. Convegno di studi su “Ottant’anni di Rivolta contro il mondo moderno”. Organizzato da Fondazione Julius Evola, Scuola Romana di Filosofia Politica, Edizioni Mediterranee. Intervengono: Gianfranco de Turris, Nuccio D’Anna, Luca Valentini, Giovanni Sessa, Stefano Arcella.
Messina
Domenica 8 giugno ore 18.30. La Feltrinelli Point. Via Ghibellina, 32 Messina. Tavola rotonda sul tema “Julius Evola. Un pensiero per l’età Oscura”. Organizzazione NaxosLegge, coordinamento Fulvia Toscano. Evento della serie “Gli inattuali”. Con Marco Iacona, Alberto Samonà, Fernando M. Adonia, Ciccio Rizzo.
Roma
Mercoledì 11 giugno ore 16.30. Palazzo Ferrajoli piazza Colonna 335 Roma. Convegno di studi “Julius Evola Oltre il muro del tempo: ciò che è vivo a 40 anni dalla morte”. Organizzato dalla Fondazione Julius Evola, Casa Editrice Pagine, Edizioni Mediterranee. Coordinamento Giovanni Sessa. Relazioni: Gianfranco de Turris, Diego Fusaro, Gennaro Malgieri, Andrea Scarabelli, Marcello Veneziani.
Napoli
Sabato 21 giugno ore 10.30. Il Mirto e la Rosa. Via S. Filippo, 2 Napoli (vicino stazione Mergellina). Giornata di studi “Julius Evola antimodernità, tradizione e scienza dell’io”. Modera: Mario Gallo. Intervengono: Claudio Mutti, Andrea Scarabelli, Stefano Arcella, Giandomenico Casalino, Roberto Incardona, Domenico Laganà, Luca Valentini.
Polignano a Mare (Bari)
Sabato 12 luglio. Presentazione del volume “Il cammino del Cinabro” di Julius Evola. Interverrà il curatore Gianfranco de Turris, introdotto da Michele De Feudis.
Il lungo cammino attraverso Dada, esoterismo, Tradizione di un filosofo incompreso e rifiutato. Oggi come allora. Così lo ricorda marcello Veneziani su il “Giornale”
«Ho dovuto aprirmi da solo la via… Quasi come un disperso ho dovuto cercare di riconnettermi con i miei propri mezzi ad un esercito allontanatosi, spesso attraversando terre infide e perigliose». Così Julius Evola (1898-1974), descrive nella sua autobiografia la solitudine siderale del suo cammino.
Mezzo secolo fa Evola scese dal cavallo altero dell’impersonalità e si raccontò in un’autobiografia intellettuale che intitolò con spirito alchemico Il cammino del cinabro. Ora, a quarant’anni dalla sua morte, il testo rivede la luce nelle Opere di Evola (Mediterranee, pagg. 438, euro 32,50), curate da Gianfranco de Turris, aiutato da Giovanni Sessa e Andrea Scarabelli, arricchito di note, notizie e altri scritti. La prefazione è di Geminello Alvi.
Curioso l’inserto fotografico con immagini di Evola mai viste, per esempio da bambino coi suoi genitori.
Evola racconta la sua vita attraverso le sue opere e i suoi snodi fondamentali: l’esperienza della Grande Guerra, poi il periodo di pittore Dada, quindi la fase filosofica, poi il suo percorso esoterico, infine il suo cammino nella Tradizione. E sullo sfondo, i suoi rapporti con gli artisti e gli iniziati, gli scrittori e i filosofi del suo tempo, le trasgressioni, il controverso rapporto col fascismo tra sostegno e dissenso, superfascismo e antifascismo, e poi con i giovani della destra postbellica.
C’è anche il capitolo scabroso del razzismo. Evola fu teorico di un razzismo spirituale che non piacque ai razzisti doc e ai nazisti ma gli restò addosso come il suo peccato originale. Non c’è in lui odio antisemita né alcun fanatismo, c’è perfino una dignitosa coerenza, riconobbe Renzo De Felice. Ma Evola prescinde totalmente dai fatti e dalla tragedia dello sterminio e si attesta solo sui principi; ciò infonde un tono astratto alle farneticazioni della razza, qui ridotte peraltro da lui a «una parentesi» nella sua vita e nella sua opera. Evola confessa di aver rasentato da giovane «l’area delle allucinazioni visionarie e fors’anche della pazzia» e «una specie di cupio dissolvi, un impulso a disperdersi e a perdersi».
Nelle pagine del Cinabro, a fianco del pensiero e delle opere, scorre la vita, la storia – arricchita dalle note dei curatori gli ambienti a lui vicini e a lui avversi, le note ostili della questura ai tempi del fascismo, perfino la vicenda di un duello rifiutato da Evola per non abbassarsi al rango dello sfidante che però gli costò la rimozione del grado di ufficiale e gli impedì di partire volontario nella seconda guerra mondiale.
Evola fu un mito già da vivente, avvolto in un alone di magia.
In queste pagine aleggia un paradosso: un pensatore isolato e in disparte che incrocia nella sua vita e nella sua opera, gli autori, le correnti, gli eventi più salienti del Novecento.
A questo paradosso ne corrisponde uno inverso sul piano del pensiero: Evola, fautore della Tradizione e del Sacro, fonda la sua opera su un Individualismo Trascendentale, non solo teorico e psichico ma pratico e magico. Per Evola la verità è solo «un riflesso della potenza: la verità è un errore potente, l’errore è una verità debole».
Un relativismo imperniato sulla potenza, che ne decide il rango e il valore. «Essere, verità, certezza non stanno dietro ma avanti, sono dei compiti», non dei fondamenti.
Grandiosi piani metastorici in nome della Tradizione, templi sacri, civiltà millenarie dell’Essere ma in piedi resta solo la solitudine stellare dell’Io. Solipsismo eroico. «Debbo pochissimo all’ambiente, all’educazione, alla linea del mio sangue scrive Evola, sottolineando la sua estraneità alla tradizione cristiana, famigliare e patriottica il mio impulso alla trascendenza è centrato sull’affermazione libera dell’Io». Anzi, avverte Evola, «non vi è avvenimento rilevante dell’esistenza che non sia stato da noi stessi voluto in sede prenatale». Siamo quasi all’autocreazione, al self made man metafisico. Resta sospesa nei cieli la domanda che qui si pone Evola: «Che cosa può venire dopo il nichilismo europeo?… Dove si può trovare un appoggio, un senso dell’esistenza, senza tornare indietro?».
Evola rispose che l’unica soluzione era «essere se stessi, seguire solo la propria legge, facendone un assoluto». Ma non è proprio questa incondizionata libertà la punta più avanzata del nichilismo europeo, non è di questo individualismo assoluto che sta morendo la nostra civiltà? E se fosse l’Individuo Assoluto l’ostacolo estremo alla rivelazione dell’Essere?
Un titanico e aristocratico disdegno del mondo accompagna il racconto biografico di Evola. Ma ogni tanto si apre uno squarcio nel suo severo stile impersonale. Ad esempio quando riporta in queste pagine i giudizi lusinghieri sulle sue opere. Fa tenerezza notare che per lenire il suo isolamento Evola citi queste sporadiche e spesso modeste attenzioni alla sua opera.
O quando sfugge al suo stoicismo imperturbabile qualche umana amarezza per il mancato riconoscimento del suo pensiero: «La grande stampa e la cultura ufficiale rimasero, e anche in seguito dovevano rimanere, sorde». Lo stesso Cammino del Cinabro, confessa nella nota d’esordio, fu scritto «nell’eventualità che un giorno l’opera da me svolta in otto lustri sia fatta oggetto di un’attenzione diversa da quella che finora le è stata concessa». Altri otto lustri sono passati dalla sua morte ma non sembrano bastati.
La solitudine di Evola sfida i secoli.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/1006217.html
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