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KARL MARX E LA RELIGIONE – Un rapporto che fa discutere ancora oggi

Karl Marx: “La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli”

Una delle figure storiche maggiormente influenti nell’ambito filosofico, sociale, economico e politico è Karl Marx. Stiamo parlando di un profilo poliedrico, che è riuscito tramite il proprio pensiero a caratterizzare un’intera epoca. Uno dei volti iconici del passato, che a distanza di anni, ancora oggi, fa riflettere ed è oggetto di analisi e discussioni. Specie nel rapporto che questi ha avuto con la religione: un fare controverso che divide quando si prendono in esame le sue parole in merito. Tanti sono d’accordo con la sua visione della religione, altri meno. Andiamo per tanto a focalizzare l’attenzione sulla tematica che Karl Marx ha esplorato attraverso la propria linea di pensiero ed altri suoi concetti chiave.

Perché Marx critica la religione?

Karl Marx come detto in premessa è stato molto di più di un riferimento della propria epoca sul piano culturale, filosofico e sociale. Ha permeato vari ambiti del tessuto socio-culturale appunto, esplorando minuziosamente le varie sfere che sostanziano la collettività. Una di esse è la religione, ampiamente criticata da Marx, il quale ha sempre sostenuto che quest’ultima è paragonabile all’oppio. Al pari di tale elemento rilassante, ritenuto una droga in passato, che provoca assuefazione in chi la usa, cosi la religione secondo il filosofo assopisce il dolore dell’animo e viene impiegata più come uno strumento che come un credo o una fede. In aggiunta a ciò Marx sostiene poi che la religione provochi illusione, e la definisce funzionale, utile ad andare avanti. Una situazione che possiamo vedere anche oggi visto che il settore dei giochi ha ampi margini di crescita nonostante la crisi economica. Ecco, Marx oggi, probabilmente, direbbe che le persone stanno provando a ‘comprare’ un sogno.

Una sorta di strategia effimera per contrastare gli affanni della vita, e riuscire in questo modo, tramite la fede a superarli, o convincersi in maniera illusoria di farlo.

Cosa intende Marx con la religione e l’oppio dei popoli?

C’è una celebre espressione di Karl Marx che racchiude perfettamente ciò che pensa a proposito della religione: ossia “oppio dei popoli”. Una frase che in poche parole sintetizza il concetto di cui sopra, cioè una fede che è illusoria e che genera assopimento del dolore in chi la professa. Un mero strumento per superare i momenti difficili della vita ma non un qualcosa di autentico come generalmente la si intende. Più quindi un mezzo per uno scopo, che una credenza incondizionata e assoluta. Inoltre Marx si allinea per certi versi al punto di vista di Feuerbach secondo il quale Dio non sarebbe altro che un feticcio creato dall’uomo. Quindi una visione pragmatica quella di Karl, che vede nella religione un modo per soddisfare e colmare il vuoto esistenziale da parte dell’individuo comune. La religione come proiezione di sé stessi ed elemento di controllo e dominio sociale.

Qual è secondo Marx l’origine dell’alienazione religiosa?

L’alienazione religiosa è un altro concetto che deriva direttamente da quanto detto fino ad ora in merito al rapporto tra il filosofo in questione ed il credo. L’alienazione è figlia di questo stato illusorio ed artificioso della religione, che crea quindi una condizione parallela alla vita reale. Per Marx, infatti, la vera liberazione dell’uomo non è insita nella fede ma piuttosto nella struttura politica ed economica della comunità. Anche Feuerbach tratta la medesima tematica, e parallelamente a Marx sostiene che il cristianesimo, messo spesso in contrapposizione con l’islam, divide l’uomo dai suoi predicati fondamentali che cosi vengono poi attribuiti ed associati ad un ente superiore: Dio. Questi diviene per tanto il vero soggetto da cui dipende l’intera esistenza umana. Un riferimento assoluto che allo stesso tempo è in grado di separare ed unire. Un concetto abbastanza complicato, quello espresso dai due filosofi citati, che però fa capire quanto la fede ed il pensiero nel momento in cui collimano generano dei punti di vista articolati e ramificati. Qui alcuni procedono seguendo lo stesso sentiero, altri invece percorrono strade differenti.

Qual è secondo Marx il principio che spiega la realtà?

Il principio che spiega la realtà è per Karl Marx fortemente connesso al significato recondito della filosofia. Quest’ultima è in grado, pensando la realtà, di non mutarla ma lasciarla intatta. Spesso, infatti, i filosofi, con il proprio pensiero, secondo Marx tendono a trasfigurare il reale per conferirgli un aspetto divergente da quello che è. Prendendo quindi le distanze da tale opinione condivisa del mondo filosofico, egli rivoluziona il senso della filosofia restituendo un’immagine della stessa totalmente nuova per il suo tempo e per quelli che saranno gli anni a venire. Una concezione secondo la quale la materia in questione non deve più comportare modifiche quando pensa alla vita, ma analizzarla lasciandola così com’è. Non bisogna cambiare il mondo pensandolo, ma consentirgli di permanere nel suo stato originale. Solo così lo si esplora a fondo, lo si attraversa cogliendone il senso più profondo. Inoltre, Marx riconosce ad un altro grande filosofo dell’epoca, Hegel, il merito di aver sviluppato una visione dialettica della realtà, che viene dunque interpretata come una totalità di portata storica. Parentesi hegeliana a parte, riepilogando il pensiero marxista in merito al principio che spiega la realtà, si potrebbe così definirlo: una concezione che non propone la filosofia come metodo teorico ma pratico, rivolto all’azione. Un agire che deve innescare cambiamenti quando necessario, per far sì che vi sia poi un’evoluzione. Un’azione che deve essere “illuminata e critica”, per dare adito ad una rivoluzione. Quindi la teoria come strumento per la pratica: la realtà come atto e non mera parola. Sono i fatti che la determinano del resto, e non la semplice comunicazione o analisi degli stessi. Ecco perché Marx critica anche Hegel a riguardo: poiché la sua visione degli opposti è semplicistica e non reale. Gli opposti tendono ad escludersi l’un l’altro, non conducendo alla sintesi che professa lo stesso Hegel. Non esiste la definizione di qualcosa prima della cosa stessa, ma il contrario: è nata prima la cosa e poi il suo nome. Cosi pensa l’uomo comune per Marx, e non viceversa, per tanto questa è la realtà. Un punto di vista decisamente pragmatico, non aleatorio, fedele quindi a ciò che si osserva quotidianamente.

Redazione Scomunicando.it

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