Dopo l’epopea dei carri degli allora ragazzi del circolo culturale Leonardo da Vinci (prodromo della successiva Unione Popolare Brolese), a Brolo si pensava di far un nuovo carnevale, erano passati già dieci anni, ed al cinema, senza sedie perchè costruito per aula consiliare – quell’anno suonò Nini Rosso.
Si rideva preparando il carro, nulla di più di un camion rivestito di cartoni, in quello che era il cantiere\deposito della ditta di Vincenzo Agnello, che ne aveva dato la disponibilità sganciando anche qualche soldo per la vernice e le salsicce,
Si rideva tra i manovali e capomastri che rientravano dai cantieri di Galati e Tortorici, sui pulmini 850 fiat.
Il Carnevale brolese aveva trovato nuovi protagonisti, i ragazzi dei quartieri, quelli di Piana e della Marina. In consiglio comunale sedevano su fronti contrapposti Pippo Piccolo e Emanuele Tripoli.
Si preparava a rinascere.. anche se poi aspettò altri quindici anni per ridarsi un assetto più professionale, meglio gestito e strutturato come lo è oggi con a capo l’associazione dei carristi.
Si preparavano anche le “scenette” da proporre sul palco del cinema teatro, andando a mangiare dalla “Puntidda”.
Andrea e tutto il gruppo rappresentato nella foto propose su quel palco improvvisato e disadorno “a purcedda”;
Ma tornando al palco del cinema.
“Ho visto un re”la canzone di quello che ora è “fra Felice” per tutti, era un giullarata, come conferma la firma di Dario Fo tra gli autori, è questo era l’allora carnevale brolese.
Poi la sera, al veglione, organizzato da sempre da Pippo Manganello, i soliti buon temponi fecero ardere dei cartoni accatastati lungo le scale del cinema rischiando di dar fuoco a tutto.
Altri tempi.
Quali autorizzazioni, quali licenze, quali permessi. Era una carnevalata.
La sfilata fu improvvisata, come tutto, e Don Vincenzo, il vigile, ebbe il suo da fare per evitare il peggio.
Ci fu comunque gente e questo premiò l’impegno dei “valorosi” che goliardicamente organizzarono quella manifestazione.
Andrea era splendido nel suo vestita da sposa … gli altri ottimi invitati, tra cafoni, parvenus e benestanti.
L’immagine reale della Brolo d’allora.
Era un carnevale fatto in casa, pochi soldi, forse poche idee, senza un programma nè un manifesto.
Era comunque il segno che qualcosa stava cambiando.
C’era comunque quella magia nella voglia di stare insieme, e questo sollevava e cancellava la pochezza di quei carri, di quei vestiti raccattati.
Poi arrivò, ma ci vollero altri lustri, il primo vero carnevale, quello che rappresentò il giro di boa, portando l’evento verso nuove prospettive.
Quello organizzato dall’Acib, allora diretta da Cono Speziale.
Un’associazione che voleva promuovere commercio, commercianti e territorio.
Era nata per questo.
Aggregava e cresceva, dibatteva e si proponeva in quella sua prima sede, al primo piano di un palazzo spesso inondato dal sapore dei dolci di Armando che aveva la pasticceria appena sotto.
I costumi – allora – vennero fatti fare da una sartoria teatrale, si sfilò, anche a cavallo… era dunque venuto il tempo dei futuri carnevali.
“Fu un’ esperienza irripetibile – dice ora qualche protagonista della foto in copertina — una delle poche occasioni in cui l’ immaginazione e voglia di farcela era diventata realtà, e non solo perchè eravamo giovani”.
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