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LA RIVOLTA DI FILICUDI – Nel ricordo di Giuseppe la Greca

All’incontro, oltre all’autore del libro, hanno partecipato Nino Saltalamacchia presidente del Centro Studi Eoliano, organizzatore dell’evento, il Sindaco di Lipari Mariano Bruno, il dott. Vincenzo Bonaventura e  gli avvocati Carmelo Briguglio e Francesco Rizzo.

In questa sua ottava fatica, Giuseppe La Greca ha voluto ripercorrere quei trenta giorni, dal 24 maggio al 24 giugno del 1971, segnati dalla rivolta degli abitanti di Filicudi in seguito alla decisione dello Stato di far soggiornare obbligatoriamente nell’isola dell’arcipelago eoliano 15 boss di cosa nostra tra cui Gaetano Badalamenti e Calogero Sinatra. La decisione dello Stato italiano fu la risposta all’uccisione per mano della mafia del Procuratore Generale della Repubblica Pietro Scaglione, avvenuta a Palermo pochi giorni prima.

Di li si susseguirono giorni di rivolte sfociate in vere e proprie barricate, fatte non solo dai filicudari ma anche dagli abitanti di Lipari giunti a Filicudi, costringendo i boss e le forze dell’ordine che li scortavano a pernottare per tutti quei giorni nella spiaggia dell’isola. La rivolta trova motivazione nel fatto che la presenza dei boss, avrebbe recato un colpo mortale all’industria del turismo che stava per nascere, nell’intero arcipelago eoliano. La protesta ebbe addirittura del clamoroso quando tutti gli abitanti di Filicudi, abbandonarono l’isola per trasferirsi a Lipari. Il malcontento ebbe pure dei risvolti politici, visto che proprio in quei giorni, la giunta e il consiglio comunale di Lipari diedero le dimissioni. la protesta ebbe i suoi frutti, visto che dopo un mese, lo Stato decise di far soggiornare i boss non più a Filicudi ma nel carcere dell’Asinara.

Nel suo libro Giuseppe La Greca, fa rivivere quei giorni tumultuosi grazie alle fotografie di Giuseppe La Cava, agli articoli del corrispondente della Gazzetta del Sud Stalio Vitale Modica e i ricordi di chi quella protesta l’ha portata avanti in prima persona. Però quella rivolta, fu comunque la reazione di una popolazione che ormai da secoli vedeva il proprio territorio usato  come luogo dove trasportare malfattori di ogni tipo “fin dal 700 le isole eolie furono confine coatto per trasportare i delinquenti più feroci- ha dichiarato La Greca- ci fu un interruzione  di questa pratica nel 1915 e venne ripresa nel 1926 durante il fascismo. In quei giorni ci fu una vera e propria unione di tutti gli abitanti dell’arcipelago eoliano, che volevano risorgere con l’industria del turismo, quindi la presenza dei boss a Filicudi avrebbe avuto ripercussioni pure per l’economia di Lipari e delle altre isole”.

La forza degli abitanti di Filicudi è sottolineata anche dal Sindaco di Lipari Mariano Bruno a conferma dell’onestà di tutti gli eoliani “noi eoliani non siamo mai stati abituati ad avere a che fare con gente come quei boss-ha sottolineato Bruno- gli abitanti di Filicudi sono sempre stati onesti e mi piacerebbe che si parlasse più spesso di questo aspetto”. L’avvocato Francesco Rizzo ha sottolineato come la rivolta di Filicudi, possa essere considerata la prima  rivolta contro la mafia, questo elemento aumenta di valore se si considera, che ancora a Roma qualcuno metteva in discussione l’esistenza della mafia stessa e che il reato di associazione di stampo mafioso ancora non era stato introdotto. Dopo il dibattito è stato proiettato il film-documentario “il maggio di Filicudi” di Flavia Grita e Giuseppe La Greca. La pellicola vuole raccontare quei giorni attraverso i ricordi degli abitanti dell’isola e con le interviste, realizzate quarant’anni fa, ai boss che non si spiegavano il motivo della loro presenza a Filicudi.

Antonio Macauda

foto tempostretto

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