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LA “SENIA” – A Brolo “emerge” dalla vegetazione dopo la ripulitura di un terreno agricolo

L’assessore alla cultura Maria Vittoria Cipriano: “Un patrimonio etnoantropologico da rivalutare e approfondire con lo studio e le ricerche dei nostri giovani studenti.”

Era nascosta nella fitta vegetazione.
“A’ senia”, una particolare costruzione idraulica è riemersa dopo anni che era stata ricoperta dalla vegetazione ed ha attirato lo sguardo di molti passanti ma anche le attenzioni di chi ama la storia e il territorio.
Il termine senia – spiega l’assessore alla cultura brolese, deriva verosimilmente dall’arabo “seniya” –  pozzo a ruota o ruota idraulica – e serviva a prelevare l’acqua da una cisterna con un sistema di carrucole e secchi a cintura, azionato da un asino bendato che girava in modo circolare attivando il meccanismo. Poi, l’acqua, convogliata in un sistema di canalizzazione, serviva ad irrigare i giardini di agrumi.
Per l’assessore Cipriano impegnata da tempo a sviluppare azioni a tutela e conservazione del centro storico, ma anche alla sua valorizzazione e conoscenza sotto il profilo dei fatti e delle vicenda lì avvenute e roteanti intorno a chi possedette il Castello, a partire dalla Famiglia Lancia, è presumibile che “a’ senia” fosse collegata mediante un sistema idraulico più complesso ad altri pozzi nelle vicinanze.
Per lei “è un patrimonio etnoantropologico da rivalutare e approfondire con lo studio e le ricerche dei nostri giovani studenti”.
Una sorta di rigenerazione e riscoperta di quel progetto “le vie dell’acqua” che a Brolo si era tentato di sviluppare negli anni ’90 e che poi, è il caso di dirlo – si inabissò.
Un importante progetto, nato anche per rivalutare le antiche fontane e gli abbeveratoi ed il “lavanaro” che subito dopo – una vera e propria bestemmia urbanistica  dettata dalla miopia e dalla poca lungimiranza di chi amministrava- venne asfalto e cementificato.
La Cipriano ha anche evidenziato che questo “ritrovamento” – la zona, un terreno privato, è quella del timpuni – diventa un ulteriore stimolo al progetto che sta attuando sulla rivalutazione e tutela dell’archivio storico locale. Un’autentico patrimonio collettivo – per quel che è rimasto – della vita non solo amministrativa del paese.
La struttura ora visibile, su base esagonale, in pietra, è uno splendido manufatto ben conservato, e viene ricordata dai meno giovani come ancora attiva sino agli anni sessanta, e dove il mulo, quello di don Jacopo – bendato – faceva girare le grandi ruote, atte a tirar su l’acqua, per buona parte dell’anno.

Redazione Scomunicando.it

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