“80 voglia di raccontare…Le piene del torrente e della vita”.
Allo scoccare dei suoi 80 anni, portati benissimo, Nino Speziale quelle “piene” dopo averle vissute le ha raccontate, mettendole per iscritto in 100 pagine. E una volta donato alla collettività, il libro appare come il custode di una memoria condivisa.
Perché ciò che ha fatto da motivo conduttore è stata la storia di un uomo legato indissolubilmente al suo paese, in una narrazione che ha accomunato tutti. E come un “torrente in piena” di ricordi ed emozioni, tutti gli intervenuti, in un modo o nell’altro, hanno contribuito a “recensire” collettivamente il libro in maniera straordinaria.
A ciò si aggiunge che molte testimonianze d’affetto per il maestro Speziale, da parte dei suoi ex alunni, erano arrivate già in settimana, attraverso internet. Tra queste, quella di Anna Giuffrè, la quale ha affidato alle pagine di questo giornale il racconto di un bellissimo aneddoto, mentre molti altri, a loro volta, hanno lasciato messaggi sui social network.
Antonino Speziale, dei suoi 80 anni, ne ha trascorsi 41 nella scuola, e non solo, perché la sua esistenza è scorsa in mezzo a tanti impegni e vicissitudini. In vista di questa importante tappa, un po’ di tempo fa, ha pensato bene di tirar fuori tutti i suoi ricordi per farne un libro, “Le piene del torrente e della vita”, una testimonianza di vita da impaginare e tramandare, che segnasse, nero su bianco, la realtà del tempo vissuto. Con una particolare caratteristica: la distribuzione del testo è gratuita, perché se ne dia lettura e diffusione.
La sua è una storia che parte da lontano e che unisce il presente al passato attraverso varie vicende, tutte interessanti e significative, che varcano il confine tra due secoli.
Il torrente ricorre nella sua storia. A Brolo separa la contrada, dove abitava da bambino, dal resto del paese. Per Nino Speziale segnava una barriera, una linea di confine tra le insidie della vita, che ha sempre affrontato con saggezza, pazienza e coraggio, e la sicurezza di casa. Ma soprattutto è una metafora appropriata, perché giusto il torrente, con la sua morfologia e la sua forza dirompente, tra alti e bassi, ma anche con la sua funzione di equilibrio, gestione e supporto degli eventi naturali, propri della vita e dei suoi destini, ben si abbina alla vita del figlio, fratello, alunno, amico, studente, e poi sottotenente, insegnante, papà, sindaco, ed infine “nonno Nino”.
Tredici paragrafi contenuti in tre capitoli da leggere tutti d’un fiato, dove i “sacrifici” della vita di chi è nato tra le due guerre, vengono ripartiti, a tridente, su tre sezioni essenziali: vivere, imparare, insegnare.
Alla presentazione c’erano tutte le componenti del mondo della scuola, e tra coloro che vi hanno partecipato c’era chi conosce il maestro davvero molto bene: dirigenti, insegnanti, personale tecnico-amministrativo, genitori, ma soprattutto tanti alunni, del presente e del passato. Folta la rappresentanza di tutto l’Istituto Comprensivo, che raggruppa anche le scuole primarie di Ficarra e S. Angelo di Brolo.
Il saluto iniziale è stato portato da chi ha fortemente voluto e creduto nell’iniziativa: la dirigente scolastica prof.ssa Maria Ricciardello. “Nino Speziale è un uomo di scuola, un maestro. Di quelli che come lui, forse oggi, in giro, non ce n’è più”, ha detto la dirigente, entusiasta per l’abbraccio collettivo riservato al maestro Speziale dentro la struttura che l’ha visto in attività e che lei adesso dirige. La stessa ha quindi rimarcato le qualità dell’insegnante-autore: “Nella sua vita si è sempre contraddistinto per signorilità e stile. Si impegnava indistintamente con tutti gli alunni, accogliendoli quotidianamente con un sorriso. Questa testimonianza, oggi, è la lezione più bella che si potesse tenere nella nostra scuola”. Non passava certo in secondo piano la circostanza del plesso scolastico di via Libertà aperto, per l’occasione, di Domenica pomeriggio. “Queste iniziative si realizzano soltanto se c’è un grande amore per la scuola e la cultura nell’interesse delle nuove generazioni. La nostra è una scuola che unisce, ne faremo una comunità”, ha concluso la dirigente.
Dopo di lei, è toccato alla prof.ssa Marinella Speziale, insegnante nel plesso di Ficarra, nonché figlia del “festeggiato”, coordinatrice degli interventi in sala. “Si tratta di cento pagine che parlano da sole…”, ha detto la docente accennando al libro del padre, testimoniandone la chiarezza e la scorrevolezza. “Papà, dopo il pensionamento – ha proseguito la Speziale – ha iniziato a scrivere qualcosa da donare come testimonianza ai suoi nipoti, perché questi, naturalmente, come tanti ragazzi, erano poco propensi ad ascoltare i racconti del proprio nonno. Cosicché, dopo anni, a lavoro completato, all’atto del suo ottantesimo compleanno, mio padre ha donato il suo scritto, per ricordo, ad amici e parenti”.
Nino Speziale, nella seconda metà degli anni 70, è stato sindaco di Brolo. Lo stesso ha quindi dedicato qualche pagina del racconto a questa esperienza. E c’è stato un caso, molto significativo, che testimonia tutto l’affetto e la stima come uomo e insegnante, nei suoi confronti: in campagna elettorale, in qualità di sindaco uscente, subì frasi irriguardose da un candidato che proveniva da Palermo. L’indomani, il sindaco-insegnante trovò scritto sulla lavagna a grandi lettere: “Viva il nostro maestro”. L’aneddoto, in sala, è stato ricordato dal sindaco di Brolo Salvo Messina. “Leggere di questo episodio mi ha fatto emozionare. Quel tale, da candidato non brolese, evidentemente non conosceva il maestro Speziale…”. In precedenza, il sindaco aveva riservato, per l’autore, parole d’elogio: “Ho letto il libro tutto d’un fiato. Si evidenzia la passione per ciò che ha fatto nella vita, e le fatiche sostenute per raggiungere quei risultati”.
La prof.ssa Nunziata Lacchese, dirigente scolastica da poco in quiescenza, in servizio a Brolo fino a due anni addietro, trova ispirazione citando Einstein, riguardo gli eventi che danno la percezione del tempo e dello spazio: “La scuola e Brolo sono i due eventi ai quali il maestro Speziale si è sentito e si sente tutt’ora strettamente legato”, ha detto la dirigente. Ha espresso, quindi, un commento sul libro: “La speranza è che siano tanti i ragazzi cui lo scritto si rivolge, affinché leggendolo ne facciano tesoro. Ciò può valere anche per i docenti”. Mentre sul piano personale ha affermato: “Ha saputo instaurare un rapporto relazionale molto significativo con i suoi alunni e con le famiglie. E’ stato un valido modello di riferimento. La grandezza del suo ruolo è consistita nel migliorare se stesso per rendere migliori gli alunni”.
Il prof. Michelangelo Gaglio, già docente al Liceo Classico di Patti, è stato l’eccellente autore della prefazione del libro. Egli, nel suo intervento, ha rimarcato nel maestro l’importanza della “funzione dell’insegnante come educatore” e ha quindi giudicato l’iniziativa del libro come “un’azione coraggiosa e altruista”. Ed ecco spiegati i motivi: “Coraggiosa perché ha parlato di se stesso e della sua vita, sottoponendola al giudizio e al vaglio degli altri. Altruista, perché l’ha esposta affinché fosse d’aiuto agli altri”. A seguire cita Seneca: “Una buona coscienza si offre allo sguardo della folla”. E Don Milani: “Il sapere serve solo per darlo”. Molto interessante, poi, la proposta che gli viene attraverso l’immaginazione che un’iniziativa come questa possa essere presa ad esempio da altri: “Pensate che grande miracolo sarebbe se ogni persona anziana parlasse del suo passato in ogni paese, scrivendo un libro da presentare a figli, nipoti e compaesani”.
Il professore, passa quindi a commentare vari passaggi del libro, con alcune frasi ritenute più significative e paradigmatiche, seguendo un filo cronologico. Esse riguardano: “Il borgo natio”; “L’infanzia”; “Il lungo percorso di insegnante: Cutò”, esperienza straordinaria, avvincente, intrisa di incomparabili qualità umane, educative e didattiche, nella quale il professore coglie il passaggio dell’acquisto dei quaderni, da parte del maestro, agli alunni, privandosi di soldi propri sottratti ad uno scarso stipendio.
Ricorda, poi, quando il maestro realizzò una rastrelliera per far depositare le accette agli alunni durante le lezioni: in classe, il loro unico “strumento” doveva essere la penna. Andando avanti, commenta “L’avventura di Stromboli” e “L’esperienza amministrativa”, con la storia del comizio già citata dal sindaco Messina. E poi ancora: “Gli ultimi anni di insegnamento”, dove l’autore emoziona con un passaggio in cui il professore coglie una trasmissione dei valori tra alunni ed insegnante in senso reciproco, bidirezionale: “Quei bambini (…) sono entrati a far parte della mai vita quotidiana e spesso mi hanno aiutato a crescere. Da loro ho imparato tanto e ora abitano dentro di me (…)”. Il commento finale del prof. Gaglio sarà dedicato alla postfazione scritta dalla moglie del maestro Speziale, Maria Letizia, anche lei maestra in pensione.
“C’è un intreccio delle due esperienze – ha detto il professore –non è una coppia di persone che scrivono entrambe un libro, è una coppia di vita. Ciò che Nino scrive di se stesso si può intendere riferito alla moglie”. E fa ricorso a Dante: “Sembrano Paolo e Francesca…”
Dopo il prof. Gaglio, il testimone è passato all’insegnante Rosetta Fogliani, collega che con Nino Speziale ha fatto “squadra” in passato. “Nei nostri confronti era un cavaliere antico, gentile, sorridente, garbato, disponibile. Abbiamo trascorso un periodo scolastico sincero e senza ombre. Nelle vesti di collaboratore – prosegue l’insegnante – era un abile organizzatore, capace di fare rete e di relazionarsi positivamente con tutti i colleghi del Circolo”.
La prof.ssa Cettina Sgrò, alunna del maestro negli anni 80, adesso docente di Matematica, provvisoriamente assegnata a Mistretta, ma con cattedra a Firenze, vivendo e lavorando lontano da casa, coglie l’aspetto e prova condivisione nella sensazione che le suscita “il borgo natio” con quella “sensazione di malinconia e sgomento” propria di chi è costretto ad allontanarsi forzatamente da casa per guadagnarsi da vivere. Si riconosce, poi, nella sezione “Quando insegnare costava tanti sacrifici”, perché, dice la giovane insegnante: “Appartengo alla generazione dei precari”. E prosegue: “Caro maestro, posso affermare, con assoluta certezza, che quella forza per lottare contro le avversità della vita, lei me l’ha trasmessa”. E fa un passo indietro nel tempo: “Ricordo cinque anni di serenità, di familiarità, di accoglienza e di benessere. Il maestro faceva in modo che mi sentissi gratificata. Lo studio non era un peso. Personalmente non ricordo d’averlo mai visto arrabbiato. Era pacato e autorevole”.
Giuseppina Parasiliti, insegnante e collega: “Grazie per queste pagine, che sono perle di saggezza. Per questi racconti di vita quotidiana, belli perché veri, reali e.…normali”. E poi aggiunge: “Al maestro Speziale nulla è stato regalato. Non ha vissuto nell’anonimato. E’ stato protagonista della sua vita così come ha influito positivamente in quella degli altri. Tutti gli insegnanti di questa scuola siamo orgogliosi di essere stati suoi colleghi e di averlo avuto per anni al nostro fianco”.
Sul finire è toccato al maestro Antonino Speziale portare il proprio saluto ed esporre qualche pensiero riguardo il proprio testo: “Ho voluto ricordare momenti tristi e belli di una generazione vissuta nel periodo della guerra e del dopoguerra. In ognuno c’era la ferma determinazione di andare avanti e migliorarsi sempre, senza piagnistei e senza colpevolizzare nessuno, ivi compresi politica e Governo. Ai giovani di oggi – prosegue il maestro – voglio raccomandare di voler bene alla famiglia, di ascoltare i consigli dei genitori, uniche persone che vi amano incondizionatamente”. Immancabili, ovviamente, le raccomandazioni più attese: “Dico ai ragazzi di amare la scuola, in modo che le ore trascorse a fianco dei compagni siano di gioia e non di noia o di stanchezza. La scuola forma i giovani attraverso la cultura e questa, in qualunque settore della vita, vince sempre”.
In prima fila c’era presente l’on. Giuseppe Laccoto, deputato all’ARS. Anch’egli ha ritenuto opportuno portare la sua testimonianza: “Il maestro Speziale ha rappresentato e rappresenta con questo libro un pezzo della storia di Brolo. Si deve conoscere il passato per poter vivere il presente e programmare il futuro. Credo che esempi come questi vadano sicuramente imitati e apprezzati”. E anch’egli, come il sindaco Messina, ha commentato negativamente quanto accaduto di quel brutto comizio di allora, contro il sindaco Speziale, sostenendo da quel candidato – tra l’altro suo compagno nella lista DC, avversaria della “Spiga”- presero le distanze persino i suoi compagni di schieramento.
La prof.ssa Carmela Messina, insegnante a S. Angelo di Brolo, ha coordinato la piacevolissima interpretazione teatrale dei suoi alunni dal titolo “La scuola di Barbiana”, dedicata all’opera di Don Lorenzo Milani, facendo un “parallelo” con quella di Cutò, piccolo e lontano borgo arrampicato sui Nebrodi dove Nino Speziale, nel Novembre del 1955, all’età di 22 anni, iniziò la sua lunga carriera scolastica.
La professoressa, nell’introdurre lo spettacolo, ha voluto comunque esprimere un suo giudizio sul libro e sulla vita del maestro Speziale, anche nella qualità di madre di una sua alunna. “Mi sento di definire il maestro Speziale un moderno Socrate, perché ha saputo utilizzare l’arte della maieutica, tirando fuori il meglio dai suoi alunni, plasmando una materia informe per trasformarla in risorsa, valore per la comunità di Brolo. Oggi quegli alunni sono il nostro capitale, la nostra speranza”.
La recita su Barbiana, ad opera dei ragazzi di S. Angelo, è stata eccellente, con una straordinaria interpretazione del ruolo di Don Milani e dei suoi allievi. Altrettanto suggestive sono state le parole della ragazzina che ha spiegato il senso della rappresentazione: “Dal 1955 ad oggi sono passati tanti anni, ma Barbiana e Cutò rimarranno sempre vivi nella nostra memoria perché rappresentano un modello di scuola povera ma efficace per la crescita umana sociale e civile dei ragazzi (…)”. E rivolgendosi al maestro: “Le sue parole saranno per noi un ricco patrimonio spirituale da custodire e tramandare ai posteri. Grazie per averci trasmesso l’amore verso il sapere e per averci educato alla cultura dei valori (…)”.
In coda alla rappresentazione, un gruppo di ragazzi ha intonato al flauto dolce la colonna sonora del film “La vita è bella” di Nicola Piovani.
In precedenza, altrettanto suggestive e piene di contenuti, erano state le recite dei ragazzi di Ficarra che, su dei passi significativi del libro, avevano interpretato l’incontro tra l’autore ragazzino, a 11 anni, e suo padre, Cono, che rientrava stremato dalla guerra e che morì l’anno successivo. Qui, sullo spunto offerto dal prof. Gaglio nella prefazione, l’incontro è stato associato a quello tra Telemaco e il padre Ulisse, di ritorno dalla guerra di Troia, episodio dell’Odissea.
Un’altra “associazione” è stata riferita ai luoghi: “Il Borgo natio”, di “Ricordanze” leopardiane – ma con spirito diverso, quasi opposto – è stato abbinato a Parrazzà, cui è dedicato il primo paragrafo del libro.
Sempre i ragazzi di Ficarra, hanno posto all’autore delle domande sul testo. Questi gli argomenti scelti: sensazioni provate nel primo e nell’ultimo giorno di insegnamento; la forza per affrontare gli ostacoli; il servizio militare non più obbligatorio; il nonnismo di ieri e di oggi.
Gli studenti di Brolo hanno, invece, realizzato un video commentato, con slide e didascalie, in cui si ripercorrono tutte le tappe più importanti della vita del maestro.
In coda agli interventi, poco prima che il numeroso pubblico lasciasse la sala, è arrivato il contributo finale della prof.ssa Marinella Lollo, dirigente scolastica a Patti e di Vincenzo Ettari, dirigente scolastico da poco in pensione, che lo scorso anno diresse l’Istituto Comprensivo di Brolo.
La dirigente Lollo ha argomentato sul libro: “Voglio sottolinearne lo stile, ritengo sia qualcosa di prezioso. E’ adatto a chiunque, dai 7 ai 100 anni…” E poi ha proseguito: “In realtà è costituito da cento pagine, ma leggendole vengono in mente riflessioni come se quelle pagine fossero migliaia. Il tutto, con un linguaggio estremamente semplice. Questa è la grandezza di questo libro”. Dopodiché passa a una seconda riflessione: “La differenza tra un buon insegnante e un altro, mediocre, è che il primo sceglie questa professione come missione, e lo abbiamo visto stasera, il secondo no”. E anche a una terza: “Ho saputo che mio padre da bambino è vissuto a Cutò e dal racconto di quei luoghi mi sono commossa, perché ho rivisto la sua infanzia”.
Anche il prof. Ettari ha scelto di commentare il libro: “L’autore ci ha offerto uno spaccato di mezzo secolo di storia e ci consente di unire un passato lontanissimo con un presente moderno, fondato sull’informatica. Considero l’autore foriero di un ciclo didattico che ci appartiene e caratterizza un periodo storico molto importante sul piano metodologico”. E si complimenta: “Che fosse così bravo come insegnante l’hanno testimoniato tutti. E’ stato promotore di una rivoluzione che i ragazzi e gli insegnanti hanno saputo cogliere”. E conclude con il leitmotiv della serata: “Sono state messe insieme due figure importanti come quella di Don Milani e di un maestro ‘storico’ che in Italia è sempre esistito e che ha operato in quei paesi lontanissimi. Il maestro Speziale a Cutò ha avuto il piacere di rappresentare questa tipologia di insegnante, che mi auguro continui ad esistere”.
In conclusione, cosa può dire un figlio che ha fatto questa lunghissima cronaca di un pomeriggio indimenticabile e che fino a oggi ha apprezzato, a distanza, nel proprio padre, la caparbietà, l’impegno e la passione nel narrare ottanta anni in cento pagine? Non può che far rimbalzare quella frase in corsivo a chiusura del libro: “Bravo, papà, ce l’hai fatta!” Ma non finisce qui. Chiuso un capitolo, se ne apre un altro…
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