Uno scritto di Franco G. Freda, Edizioni di Ar 1996, collana Consonanze
pagine 140 13,00 euro
Questo studio su Platone, animato dall’intento di illustrare la via per cui l’uomo viene a farsi divino, guarda alla ‘teologia’ etico-politica che il filosofo greco insegna ne Lo Stato.
Tale opera rappresenta, per l’autore, un frutto particolare, maturato nel clima storico, di una pianta del sapere dalle radici meta-storiche.
Così l’idea di giustizia – su cui si fonda, per Freda, la metafisica della politica – risulta essere non una elaborazione utopica di Platone, ma l’eco e la proiezione di princìpi cui la visione ‘tradizionale’ dell’esistenza rimanda e si richiama.
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L’INCIDENZA DEL SOVVERTIMENTO SOFISTICO NELLE STRUTTURE POLITICHE DELLA POLIS ATENIESE. L’”APOLITIA” PLATONICA DELLA EPISTOLA VII.
Per individuare lo sfaldamento che ebbero a subire le strutture politiche di Atene nel periodo dal VI al V secolo, occorre premettere una breve analisi di quelle componenti sociali che esercitarono una funzione dominante nella vita politica del tempo.
In misura sempre più intensa, in seguito all’esito vittorioso delle guerre persiane, era affiorato quello che con immagine felice è stato definito il “fenomeno del reducismo”[…].
[…] la pulsione democratica, secondo la quale ogni decisione e ogni diritto dipendono dalla maggioranza numerica. Attraverso lotte e con la minaccia costante della guerra civile, questa tendenza aveva assunto uno sviluppo rilevante e anche l’egemonia di un solo eminente uomo politico, quale Pericle (discendente dalla nobile famiglia degli Alcmeonidi), era stata ottenuta solo in seguito a larghe estensioni di ‘privilegi’ popolari. (p. 9)
Le guerre peloponnesiache senza dubbio contribuiscono a intensificare le forze negatrici e distruttrici dell’equilibrio politico[…].
In questa fase di sussulti e di crisi la politica ateniese è divenuta un mestiere ‘differenziato’, con la sua élite: i retori e gli oratori. Al di sotto di questa pullula la turba dei retori di second’ordine, i ‘politicanti'[…].
Appare evidente come in una atmosfera del genere il bene dello Stato risulti sottomesso al benessere e al successo personale di pochi: senza che tale successo derivi da reali capacità alle funzioni pubbliche. E sintomatico al riguardo il brano della “Politèia” con cui Platone segnala le disfunzioni conseguenti da simile situazione politica. (p. 10)
È, insomma, la legge della massa a generare la decomposizione dell’organismo statale, in conformità con quelle istanze ‘verso il basso’ che ne contrassegnano la natura e, quindi, l’agire.
È necessario ora valutare la misura dell’incidenza che il fenomeno sofistico provocava su questa tensione di elementi politici – o, come modernamente si dice, su questa ‘apertura’ in senso democratico della polis ateniese[…] (pp. 11-12)
Dall’agitarsi incomposto della vita ateniese, come indici e promotori al contempo della nuova sensibilità politica, emergono i Sofisti. (p. 12)
Platone vide l’‘irrealismo’ in cui erano immerse la vita politica e la cultura sofistica del suo tempo. […]
L’individuo interrogava sé stesso senza ritrovare un ubi consistam, una soluzione o meglio una via d’uscita al nichilismo sofistico, che ormai costituiva il precipitato delle istanze di coloro che solo individualmente si impegnavano nella vita politica d’ Atene. (p. 13)
In questi termini, espressione di una sorta di disgusto “esistenziale’ nei confronti delle lacerazioni della polis contemporanea, si può cogliere la misura dell’apolitia platonica: l’intervento, cioè, di una decisione di distacco, di disinteresse profondo – modernamente, parleremmo di ‘disimpegno’ – verso strutture politiche ormai divenute costruzioni empiriche e profane[…].
Di contro a siffatte manifestazioni illusorie della realtà politica, si imponeva un atteggiamento reale: la fondazione spirituale dello Stato, il riconoscimento di articolazioni politiche che, per legarsi a significati superiori e a valenze trascendenti, possedessero la dimensione della realtà autentica, legittimata e inverata dalla omòiosis theò.
Leggere Freda
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