Ne discuteranno insieme all’autore: Grazia Gullotti Scalisi – Dirigente Scolastico Liceo Classico Patti; Luciano Armeli – Scrittore; Larissa Bollaci – Dirigente Scolastico di Tortorici; Francesco Moscato – Presidente del Consiglio C.le di Brolo; Michelangelo Gaglio – Docente: Introduce l’incontro Maria Ricciardello – assessore alla cultura Brolo e Maria Nunzia Lacchese – Dirigente Scolastico Brolo. I saluti saranno porti da Salvo Messina – Sindaco di Brolo mentre il professor Turi Schepis ” racconterà” il libro.
L’incontro si avvarrà del contributo di Maria Rosa Squillacioti – Responsabile Progetto Legalità IC Brolo e degli alunni della Scuola Media Statale di Brolo.
Le conclusioni spetteranno a Luciano Mirone – Autore. Condurrà il giornalista pubblicista Massimo Scaffidi.
Dopo gli interventi ed il dibattito seguirà un monologo scritto e recitato dallo stesso Autore: “Un scandalo italiano. La storia di Cosimo Cristina, il primo giornalista ‘suicidato’ da Cosa Nostra” con le musiche di Giuseppe De Luca e le immagini di Francesco Mirone.
La prima edizione di questo libro risale al 1999. Pubblicato da una piccola casa editrice, non era facile trovarlo in libreria. Quando l’ho visto in una piccola libreria l’ho comprato perché mi aveva colpito il titolo “Gli insabbiati”. Il termine “insabbiare” viene utilizzato quando in un processo non si riesce, perché non si vuole, arrivare a stabilire la verità. Comincia a passare il tempo, la memoria si fa sempre più labile, anche i nomi si dimenticano e tutto viene avvolto in un passato nebuloso di cui è difficile stabilirne i contorni. Nei delitti di mafia, e non solo, questo avviene e di certe vicende si conserva solo un ricordo lacunoso. Il titolo suggeriva che, ad essere insabbiati non erano stati solo i processi, ma le persone, persone da cancellare dalla memoria.
Effettivamente nel 1999 chi sentiva parlare di Cosimo Cristina o di Mario Francese ? Anche di Peppino Impastato, al cui immagine è poi emersa dopo il film di Marco Tullio Giordana, “I cento passi”, la memoria, per molti ani, è stata conservata dai suoi amici, da chi aveva condiviso con lui la militanza politica, e da pochi altri, ma ricordo che la stampa, tranne qualche eccezione, non ha mai parlato di Peppino Impastato e l’anniversario della sua morte passava sotto silenzio.
Questo libro aveva il pregio di parlare di otto giornalisti, qualcuno famoso come Mauro De Mauro, altri pressoché sconosciuti, “uccisi dalla mafia e sepolti dall’indifferenza” si trattava di far emergere dalla memoria indistinta delle vittime di mafia una serie di nomi senza farne però delle icone da venerare o da utilizzare in modo più o meno improprio,per evitare il rischio che spesso si corre quando si comincia a definire eroi alcune persone, poi si decontestualizzava il loro impegno e finivano col diventare dei nomi simbolo da ricordare e su cui trasferire nostre idee e nostre aspirazioni.
L’autore del libro ha iniziato la sua attività giornalistica con Giuseppe Fava, cioè con un giornalista che quando nessuno parlava di ramificazioni della mafia nel mondo delle imprese o della finanza (non di imprese e di strutture finanziarie ricattate dalla mafia, ma di imprese e di poteri finanziari che erano espressione della mafia) fondava un giornale d’inchiesta che non si limitava a denunciare la mafia, ma ne cercava le ramificazioni, gli intrecci con un potere oscuro e, apparentemente, legale e li denunciava non in saggi o in libri che avrebbero avuto una diffusione limitata, ma fondava un giornale, “I siciliani”, che era possibile trovare in edicole. L’attenzione del cronista è evidente in questo libro, nello sforzo di contestualizzare le biografie dei singoli giornalisti.
Un secondo pregio del libro è il tono divulgativo, non si tratta di un saggio sulla mafia, ma di un testo facilmente leggibile (mi è capitato diverse volte di farlo leggere ai miei alunni) che, attraverso singole vicende, rende evidente il potere pervasivo e incontrastato della mafia, la sua contiguità con pezzi della società o del potere politico, la “normalità” del potere mafioso.
Infine un’osservazione sul mestiere di giornalista. C’è una funzione importante nel mondo del giornalismo, il giornalismo d’inchiesta, cioè il giornalismo che non si limita a registrare notizie, ma le cerca, si sforza di vedere i legami tra fatti apparentemente diversi, proprio come nel caso di Ilaria Alpi che con le sue indagini ha scoperto le connessioni in Somalia tra aiuti allo sviluppo, commercio di armi e traffico di rifiuti pericolosi; queste connessioni non erano evidenti, era necessario che qualche giornalista facesse appunto un lavoro di inchiesta, Ilaria Alpi è stata uccisa ed ancora il tribunale non ha accertato tutte le responsabilità proprio per aver fatto questa inchiesta.
Libertà di stampa vuol dire proprio possibilità di fare inchieste, di scoprire verità che resterebbero nascoste o solo sussurrate, quando queste verità si scontrano con il potere mafioso e non solo il mestiere di giornalista diventa un mestiere pericoloso.
Info: 0941561224 Ufficio di Promozione socio culturale e turistica Comune di Brolo.
Maria Grazia Gagliano
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