Categories: Cronaca Regionale

Liberi Tutti, Libere Tutte. Oggi c’é il RomaPride 2009

di Federica Pezzoli

Finalmente RomaPride 2009.
Per il corteo l’appuntamento è per oggi alle ore 15.30. Partenza da Piazza della Repubblica con arrivo a Piazza Navona passando per Piazza Venezia.

Dopo una lunga ed estenuante trattativa tra Questura, Prefettura e Comune di Roma, Rossana Praitano, Presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Organizzatore del RomaPride 2009, capolista del Comitato Politico Promotore composto da oltre 30 associazioni LGBTQ italiane, con enorme fatica e sul filo di lana è riuscita ad ottenere l’autorizzazione ad un percorso degno di un evento che coinvolge da anni la cittadinanza romana, italiana, non solo lesbica, gay, handygay, bisessuale, transessuale, transgender, queer, intersessuata; ma anche i loro familiari – figli e genitori compresi – amici, colleghi, simpatizzanti, sostenitori, politici, sindacati etc. Insomma qualche milione di persone, di cui una buona parte oggi sarà fisicamente presente alla manifestazione.
Il percorso è lo stesso dell’anno scorso ma – c’é sempre un ma! – l’autorizzazione a manifestare è arrivata con scandaloso ritardo. Probabilmente, la situazione si è sbloccata grazie alle carte bollate che il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli ha fatto notificare dai suoi avvocati dopo il terzo pretestuoso rifiuto da parte delle istituzioni competenti. Già! perché la questione, non di poco conto sul punto diritto e violazione di interessi legittimi, è finita davanti alla magistratura del Tar del Lazio. Un processo che andrà avanti anche dopo il recentissimo ripensamento della Questura romana. Un’azione legale necessaria che, coerentemente, il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli non intende abbandonare – chissà se i media seguiranno il processo con la stessa attenzione avuta per quello su Vanna Marchi o Cogne – anche per evitare che in futuro episodi del genere possano ripresentarsi, magari in occasione dell’EuroPride 2011 che si svolgerà a Roma e il Circolo Mario Mieli ne è l’organizzatore.
All’evidente ostracismo delle istituzioni locali romane, segue lo scarso interesse da parte dei mass media che nei giorni scorsi non hanno sufficientemente parlato di un evento nazionale così importante. Un silenzio stampa scandaloso calato non solo sul corteo e i problemi che oggi ci sono a Roma per manifestare; ma anche sulle iniziative culturali e sugli aspetti politici del RomaPride 2009. Tutto ciò crea nella cittadinanza di un paese democratico un forte sconcerto anche perché, nella nostra Repubblica, esiste il diritto dovere di cronaca – quel principio costituzionale di cui all’articolo 21 che il Governo Berlusconi con il DDL Alfano vorrebbe definitivamente imbavagliare.
Evidentemente ai media non interessano i diritti delle persone LGBTQI come della costante violazione a loro danno degli articoli 2 (solidarietà sociale), 3 (principio di uguaglianza formale e sostanziale), 21 (diritto e dovere di cronaca) e 17 (diritto di manifestare) della costituzione repubblicana – tanto per citarne alcuni. L’esercizio del dovere di cronaca si limita ad una partecipazione al Pride con migliaia di video/fotocamere professionali, furgoni con regia incorporata, parabole, e collegamenti satellitari ma, come dei guardoni psicologici e un fare da cacciatori di frodo, con costante e solerte attenzione vanno alla ricerca di specifiche inquadrature da trasmettere on line, on air o da pubblicare sui giornali. Guarda caso, i loro teleobiettivi riprendono le solite quattro simpatiche ragazze che, ogni anno, magicamente, si materializzano durante il Pride in topless e con il solito perizoma – mah! Tutto il resto non passa. Probabilmente viene censurato nelle redazioni dove prevale una sorta di silenzio stampa perché parlare dei diritti LGBTQI del documento politico e della piattaforma politica rivendicativa del RomaPride 2009 (clicca qui per leggerli http://www.romapride.it/) è in contrasto con la “linea editoriale” ricevuta, secondo la quale certe notizie non si devono dare – al massimo: culi, tette e paillette – e quindi far credere all’ignaro teleutente che il Pride è una carnevalata e non una manifestazione di protesta politica per una pari dignità sociale ed una piena cittadinanza in Italia delle persone LGBTQI.
Con preoccupazione e amarezza rileviamo che con le “politiche” del Governo Berlusconi – asservito ai diktat della Lega Nord – in Italia prende sempre più corpo la cultura razzista, xenofoba, e la lesbo/omo/trans-fobia – l’ultimo episodio, l’aggressione di una coppia gay al centro di Roma. Una lunga scia di sangue causata anche dall’assenza di leggi contro la lesbo/omo/trans-fobia. Un paese simile alla Colombia dove questo mese la censura omofobica ha costretto alla chiusura Radio Diversia – Senal LGBT Colombia.
Perciò, per loro: No ai diversi. No alle pacifiche manifestazioni di protesta. No agli immigrati – che vengono respinti o rinchiusi nei CIE (centri di identificazione ed espulsione) più realisticamente delle case di reclusione. No ai rom e sinti – che vengono schedati e isolati in campi invivibili: altre case di reclusione ma senza sbarre, filo spinato, acqua potabile, energia elettrica e con i cessi a celo aperto. No ai disabili – ridotti alla fame con 250 euro di pensione al mese. No ai pensionati disabili – che con la “social card” non possono permettersi una badante e vivono in povertà e totale solitudine l’ultimo capitolo della loro esistenza. No ai gay, handygay, lesbiche, transgender, transessuali, queer e intersessuati – ai quali non viene riconosciuta una cittadinanza alla pari. Insomma, per alcuni milioni di cittadine e cittadini italiani nessun diritto di esistere, giustappunto perché diversi da loro. Per i non cittadini: i respingimenti, l’espulsione.
Troppe volte tutto ciò viene sottaciuto dai media più attenti, invece, nell’anestetizzare le menti dei teleutenti, come dei lettori della carta stampata, con storielle che ricordano i pettegolezzi delle sciampiste, il bar dello sport, rese “piccanti” dalla narrazione di intrecci amorosi – più o meno clandestini – dove, però, con “velata” omertà, vengono omessi i capitoli “proibiti”; perché, in Italia, certe cose anche se si sanno, non si dicono, anzi: non si devono dire.
http://blog.libero.it/Pezzoli/

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