Cultura

STUDI & APPROFONDIMENTI – Da Sant’Agata a Terina passando per la Sirena Ligea. Il filo rosso di Gigliotti

“Ligea muore vissuta cento anni”.

Bastano tre lettere o meglio gli studi e l’intuito necessari a decifrarle ed ecco che il filo rosso che a volte “impiglia” storia e leggenda, si annoda legando assieme Sicilia e Calabria tramite le antiche Agatocle sull’isola e Terina oltre lo stretto, entrambe sul mare, con in comune lo studioso e scrittore Michele Manfredi Gigliotti, calabrese d’origine siciliano per la vita.

Ma per capire bisogna andare per gradi e per farlo non c’è niente di meglio di un viaggio meraviglioso nella Macchina del tempo.

Il luogo di partenza si perde nella “Notte dei tempi” su una “trireme” in balia della tempesta. Ed ecco che, come d’incanto, le onde si acquietano, gli animi si tranquillizzano mentre nell’area si diffonde, melodioso, un canto arcano che cattura l’attenzione dei rematori e ne acquieta lo sforzo.

Ma è solo un’illusione.

La greca Ligea con busto di donna, corpo di uccello, coda e ampie ali ha reclamato la sua vittima. L’incanto si rompe, il legno scompare tra i flutti. Il sacrificio umano è compiuto. Il viaggio continua, scorre il tempo.

I naviganti hanno imparato a conoscere ed esorcizzare il pericolo. L’Arcano ormai “nemico non è”. L’abbraccio tra l’IO e l’ES lo ha reso umano e quindi mortale. Il Confine tra realtà e credenza scema, diventa un tutt’uno. Porta la morte e con essa la vita.

Il mare, lo sanno bene i pescatori, spesso restituisce le cose. Ligea muore in acqua e il Tirreno l’adagia sulle spiagge di Terina alla foce dell’odierno Savuto, allora Ocinaro. Qualcuno le “dedica” il ricordo. La macchina del tempo, ora quasi al capolinea si ferma, per far salire il nostro studioso – Scrive Gigliotti: “Frà Girolamo Marafioti (Polistena, 1567-1626 [la data della morte è incerta], autore de Croniche et antichità di Calabria, scrive che fino al suo tempo vedevasi in un vecchio muro di poco alzato da terra all’uscita del fiume Lavato, sotto la città, nei tempi antichi Terina, in questi presenti Nocera della Pietra della Nave di Arata (oggigiorno, Nocera Terinese, , precisando ch’egli suppone essere il sepolcro di Ligia Sirena, la seguente iscrizione: LIGEIA QANEI Z. D. R. Il Marafioti traduce le prime due parole dell’epitaffio dalla originaria lingua greca antica in quella latina nel modo seguente: “LIGIA MORITUR” (LIGEA MUORE), lasciando, egli aggiunge, a più acuto ingegno la interpretazione e il senso delle tre lettere Z. D. P. che corrispondono alle lettere dell’alfabeto latino, e anche di quello italiano, Z. D. R.-“ Stessa testimonianza riporta un altro storico il cappuccino Giovanni Fiore (Cropani 1622-1683, se la testimonianza, uguale, blindava il racconto l’enigma restava.

Cosa stavano a significare- si è chiesto Gigliotti- le lettere in greco Z. D. R. (scritte in caratteri minuscoli, diventano: z. d. r.), di cui la prima é una zeta, la seconda un delta (corrispondente alla quarta lettera dell’alfabeto italiano) e la terza una rw-erre.?”- Michele non ci dorme la notte. “Qualcuno o qualcosa” lo ha “incaricato” di svelare il mistero e lui alla fine lo fa e lo spiega:

“1) Dopo avere preso in esame la prima lettera, che a latere viene riportata sia nella forma maiuscola (Z), che in quella minuscola (z), entrambe = zhta-zeta e, scartata ogni improvvisata soluzione, siamo giunti alla conclusione che essa rappresenta la lettera iniziale (acronima) del termine greco zwsa (zosa), participio passato con desinenza femminile del verbo zaw = vivere e, quindi, riferita a Ligea, “vissuta”;

2) Segue la seconda lettera, anch’essa riportata di seguito nella forma maiuscola (D) e minuscola (d), entrambe = delta-delta, quarta lettera dell’alfabeto greco, corrispondente alla nostra “D”—“d”; essa rappresenta la lettera iniziale del termine greco dwdecamhnos = di dodici mesi, id est “di un anno-annuale”;

3) Terminiamo con l’esame della terza e ultima lettera dell’epitaffio, che riportiamo nella forma maiuscola (R) e in quella minuscola (r), entrambe = rw-erre), diciassettesima lettera dell’alfabeto greco la quale, scritta nel modo seguente r’, assume, nella lingua greca, il coefficiente simbolico-numerale di 100, per cui r’=cento. In conclusione, moltiplicando per cento i dodici mesi della lettera greca, si consegue il risultato finale di cento anni, di modo che l’epitaffio debba essere completato nel modo seguente: LIGEIA QANEI Z(wsa) D (wdecamhnos) R’(w) LIGEIA QANEI ZWSA DWDEKAMHNOS RW MUORE LIGEA VISSUTA CENTO ANNI.”

E non poteva essere altrimenti. I miti dell’animo non hanno una data di nascita e morte precisi, vivono l’arco temporale dei cuori che li alimentano e se anche dovessero morire rinascono con nuove sembianze.

La sirena Ligea, vive ancora nelle antiche monete di Terina, seduta su un cippo, mentre gioca con una palla, o riempie una brocca. E’ diventata statua, dipinto, mosaico, ornamento, musica. Questo però gli autori della scritta non potevano prevederlo.

Breve storia di Ligea: abitava, assieme alle sue due consorelle, Partenope e Leucosia, la riviera di Catania. Spostatasi dallo Ionio nel mare Tirreno e trovandosi a transitare dinanzi la terra dei Bruzi, Ligea morì annegata, per volontà di Demetra che, così, ha inteso punirla per non avere ella preso le difese di sua figlia Proserpina, quando venne rapita da Ade. Alcuni “Titoli” dell’autore: La mia Calabria, Tini, Altri Passi Perduti, Pane nero, Tepheneon, Temya- Temhsh,In fondo questa è la vita, Il Principe e il contadino, Variae Historiae fragmentaII.

Enzo Caputo

Redazione Scomunicando.it

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