Cronaca

L’INTERVISTA – Lucio Melita, «Non parlo di politica, ma del bisogno di visione per la città”

«Patti merita di essere immaginata»

botta e risposta con Lucio Melita, imprenditore pattese. Una voce sempre attenta e costruttiva, mai polemica. Lui è centrato sull’idea di “visione urbana” per il futuro di Patti e dice la sua.

«Non parlo di politica, ma del bisogno di visione per la città

Negli ultimi giorni, il rifacimento di Piazza Mario Sciacca a Patti ha acceso un acceso dibattito tra cittadini, commercianti e addetti ai lavori. C’è chi la considera una piazza più moderna, chi invece rimpiange l’identità precedente.

Lucio Melita, imprenditore pattese, ha condiviso pubblicamente alcune riflessioni che sono andate oltre il gusto personale, ponendo una domanda fondamentale: “Qual è la visione per il centro cittadino di Patti?”

Lo abbiamo intervistato per approfondire il senso del suo messaggio, evitando ogni deriva polemica e cercando invece di stimolare un confronto positivo.

D: Lucio, da cosa nasce la tua riflessione pubblica sul rifacimento di Piazza Sciacca?

R: Nasce da una preoccupazione e da un desiderio. La preoccupazione è che ogni intervento urbano rischi di essere un episodio isolato, senza un disegno organico. Il desiderio è invece quello di vedere Patti crescere secondo una visione coerente, capace di valorizzare spazi e relazioni. La mia non è una critica a un singolo progetto, ma un invito a pensare in grande, con uno sguardo lungo.

D: In che senso parli di “visione”?

R: Una città non si costruisce solo con le pietre, ma con le idee. “Visione” significa interrogarsi su come sarà Patti tra 10, 15 o 20 anni. Le piazze, le vie, i quartieri devono essere parte di un ecosistema urbano in cui commercio, socialità, bellezza, mobilità e generazioni possano convivere. Serve un progetto integrato, anche se da realizzare a lotti e per fasi, che però abbia una direzione chiara.

D: Piazza Sciacca è una delle tante. Quali sono secondo te gli altri nodi strategici del centro cittadino?

R: Oltre a Piazza Sciacca, penso a via Trieste, dove insistono due distributori di carburante: cosa ne sarà di quegli spazi? E poi Piazza Marconi, con la palestra e il Parco Robinson, e ancora Piazza Lionti. Non sarebbe stato più utile progettare insieme questi spazi in un’ottica unitaria? Patti ha più di una piazza, ma nessuna piazza che funga davvero da cuore pulsante. Serve un “paese di piazze”, come l’ho definito, dove ogni angolo possa essere luogo di incontro e non solo di transito.

D: Che ruolo giocano, in questo scenario, i commercianti e le esigenze delle nuove generazioni?

R: Centrale. I commercianti non chiedono solo arredi urbani, ma luoghi vivi, frequentati, vissuti. E i giovani hanno bisogno di spazi in cui sentirsi parte di una comunità. Non possiamo progettare solo per il passato: dobbiamo far dialogare generazioni diverse. Gli anziani vogliono sedersi e incontrarsi, i ragazzi hanno bisogno di connessione, identità, esperienze. Le piazze dovrebbero essere ponti tra epoche e bisogni.

D: C’è chi potrebbe leggere le tue parole come una critica politica. Che ne pensi?

R: Non mi interessa fare polemica, né attribuire responsabilità. Le risorse sono limitate, e so quanto sia difficile amministrare. Il mio intento è costruttivo: creare un’occasione di riflessione collettiva. Se c’è un progetto, condividiamolo. Se non c’è, immaginiamolo insieme. Patti ha bisogno di un pensiero lungo, partecipato e condiviso. Non di restyling episodici.

D: Un messaggio finale per chi ti legge?

R: Patti non va rifatta, va immaginata. Con amore, rispetto e partecipazione. Ogni piazza, ogni pietra, ogni scelta deve nascere da una domanda: “Che città vogliamo essere?”.

È da lì che si costruisce futuro. Io ci credo ancora. Ed intanto dico a me stesso ed ai pattesi di viverci la piazza a partire da questa appena rifatta.

Redazione Scomunicando.it

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