Categories: Cronaca Regionale

L’INTERVISTA – Tano Grasso, una vita spesa per combattere le cosche


Sguardo deciso di chi la criminalità organizzata la conosce bene.

Tano Grasso, imprenditore per lavoro, contro la mafia per passione.

Una vita spesa per combattere i meccanismi camorristici, tentando di esportare il modello sperimentato a Capo d’Orlando.

Lì vent’anni fa sette coraggiosi commercianti decisero di non essere più schiavi della paura e fondarono la prima associazione antiracket italiana.

Oggi Tano Grasso è presidente onorario della Federazione antiracket italiana.

Come si combatte il fenomeno del pizzo?
Creando coscienza civile nella popolazione. Prima il commerciante non denunciava l’estorisione per paura di trovarsi da solo. Oggi invece grazie alle associazioni antiracket le vittime sono tutelate perchè si crea una rete che protegge e, allo stesso tempo, evita l’isolamento.

È andata così ad Ercolano?
Esattamente. Gli arresti e i processi sono stati possibili solo grazie al contributo dei commercianti che, sentendosi protetti, hanno denunciato le estorsioni subite. Si è creato un clima di consenso e di sostegno con le istituzioni.

In che modo si è messa in atto questa sinergia?
Non è stato semplice. Il risultato di Ercolano non è certo improvvisato o legato a emozioni passeggere. Viene fuori da un percorso lento, lungo almeno sei anni di ascolto e di collaborazione tra forze dell’ordine, istituzioni e commercianti.

A cosa va incontro un commerciante che decide di denunciare l’estorsione e si rivolge alla Fai?

Cerchiamo di capire il suo punto di vista, di metterci nei suoi panni e ciò è reso più semplice dal fatto che siamo anche noi imprenditori. Svolgiamo un ruolo che potrebbe essere definito di mediazione. Il punto di partenza, imprenscindibile, è ridurre al minimo il rischio personale.
Se ad esempio un negoziante di via Roma denuncia un tentativo di estorsione, è quasi certo che anche gli altri commercianti di quella via hanno subito la stessa sorte. A quel punto cerchiamo di creare un gruppo intorno al singolo: in questo modo lo tuteliamo, ma contemporaneamente incoraggiamo gli altri a intraprendere la stessa strada.

Un vero e proprio modello, che come tale incontra anche difficoltà.
Un dato negativo è che purtroppo sono ancora pochi i commercianti che hanno aderito alle associazioni antiracket.

Quali sono i motivi?

Il problema principale è che tra imprese e criminalità organizzata non si crea solo un rapporto tra vittima e carnefice, ma esiste anche una convenienza trasversale: si accetta l’estorsione per evitare un danno economico maggiore. Quando abbiamo a che fare con le grandi aziende le responsabilità sono doppiamente gravi perchè, a differenza del piccolo commerciante, loro potrebbero opporsi più facilmente perchè hanno una forza economica più rilevante. Ma l’aspetto più importante, quello che permette alle associazioni di funzionare, resta la fiducia: è la benzina della nostra macchina, per usare una metafora. Per quanto potente possa essere il motore, senza carburante non andiamo da nessuna parte.

Arresti importanti come quello di Michele Zagaria rappresentano un colpo forte alla criminalità organizzata?

Sono sicuramente vittorie importanti per le istituzioni. Ma siamo sicuri che sono sufficienti arresti importanti per dichiarare morta la criminalità organizzata? Io dico di no. Credo piuttosto che in questo modo si crei scompiglio all’interno dei clan. Per raggiungere risultati veri e definitivi c’è bisogno di una presa di coscienza forte della società civile, come è successo a Ercolano.

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