25 anni moriva un grande scrittore e non solo. Anticonformista, provocatorio, crudo, lo scrittore californiano se ne è andato il 9 marzo 1994, all’età di 73 anni. Con il suo stile fluido ed essenziale ha reinterpretato il genere noir e pulp del Novecento
“Henry Charles Bukowski – Hank – Don’t try – 1920- 1994”
Sulla lapide dello scrittore è disegnato un pugile con la scritta “Henry Charles Bukowski – Hank – Don’t try – 1920 – 1994”. È lo stesso artista, in una lettera, ad aver spiegato cosa significa quel “Don’t try”: Non provare. Alla domanda su come si fa a scrivere, Bukowski aveva risposto: “Non lo fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac, né per la creazione o per l’immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po’. È come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga verso di te. Quando si avvicina abbastanza, lo raggiungi, lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale domestico”.
L’opera di Bukowski tra poesia e romanzi
“Ospedali, galere e puttane: sono queste le università della vita. Io ho preso parecchie lauree. Chiamatemi dottore”. Hank non si laureò mai e con questa frase ha spiegato la sua concezione di vita vera che lo ha portato a produrre sei romanzi, centinaia di racconti e migliaia di poesie, il tutto raccolto in oltre sessanta libri. In Post Office, scritto nel 1969 poco dopo aver iniziato la collaborazione con la Black Sparrow, compare Henry Chinaski, alter ego che riappare spesso nelle opere dello scrittore, fino a diventare uno dei soprannomi dell’artista insieme ad Hank. Chinaski è un postino di Los Angeles, insofferente ai regolamenti e con uno stile di vita dissoluto che si scontra con la rigida macchina burocratica dell’ufficio postale. La cinica critica alla società moderna, la crisi del soggetto contemporaneo, sono i leit motiv di tutta la produzione letteraria dell’autore raccontata anche in Compagni di sbronze, Pulp e molti altri testi. Nella descrizione della disillusione, Bukowski affianca alle parole crude e al tono scurrile una sensibiltà intima mostrando che la vera bellezza esiste anche (e soprattutto) nelle dimensioni del grottesco e dell’impresentabile. Come dice Cass in Storie di ordinaria follia rispondendo alla domanda su cosa la spinga a mortificare il suo meraviglioso aspetto fisico: “Perché la gente pensa che sia l’unica cosa che ho. La bellezza non vale niente, la bellezza passa. Non sai quanto sei fortunato a essere brutto, perché se piaci alla gente sai per certo che è per qualcos’altro”.
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