Attualita

MASSIMO CURCIO – “In passato ho avuto paura di parlare della mia passione per la musica, così ho utilizzare lo pseudonimo Psiker…”

Intervista di Giulia Quaranta Provenzano

Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista a Psiker, chiacchierata fatta in occasione dell’uscita del settimo album – del detto cantautore e producer – dal titolo “Retrofront”

Buongiorno Psiker! Vorrei iniziare col domandarti subito quando, come e soprattutto da quale motore interiore ha avuto origine il tuo viaggio nella musica e se in ciò ipotizzi che centri il “destino” – cos’è il destino? –  o se sei dell’idea che l’essere umano sia il solo artefice della propria sorte. “Buongiorno Giulia! Mi pare di capire immediatamente che l’intervista mi divertirà parecchio. Mi piace quando debbo pensare attentamente alle risposte, non tutti riescono a mettermi alle strette. Dunque… il mio viaggio nella musica è iniziato da bambino, per caso, spinto dalla necessità di trovare un riparo dalle difficoltà che mi circondavano. Uno spazio tutto mio, fatto a modo mio. Penso che l’uomo sia l’artefice di gran parte di ciò che gli accade, ma ogni tanto il percorso sembra essere comunque predestinato ad andare in una certa maniera – quindi sì, voglio credere al destino, almeno in parte.

Da piccolo, Massimo Curcio chi immaginava di diventare “da grande” e che bambino è stato? Da piccolo giocavo con le agende che le banche regalavano a mio papà per Natale… era molto usuale, in quegli anni, ricevere tali gadget. Giocavo inoltre con le calcolatrici elettroniche, ovvero quelle con i rotoli dello scontrino (tipo le casse). Immaginavo di possedere un negozio e facevo i conti per finta. Sognavo di diventare un ragioniere e infatti mi sono diplomato in ragioneria, ma non ho mai esercitato… Ho proseguito gli studi. Amo da sempre i numeri e, preciso, non i soldi bensì proprio i numeri”.

In merito al tuo nome d’arte, hai dichiarato che vent’anni fa – nel 2001 – hai scelto di usare  lo pseudonimo Psiker per separare la vita privata da quella artistica. Ebbene, se dovessi assegnare un colore a rappresentare emblematicamente, rispettivamente, Massimo finance manager e appunto Psiker quale sarebbe? Molto semplice, Psiker è blu e Massimo è rosso… Non chiedermi il perché…”.

Hai poi spiegato che Psiker deriva da “psiche” (dal greco psyché ovvero anima, mente), unito al suffisso “er” (che in inglese identifica “colui il quale”) ossia “colui che pensa” dato che – hai dichiarato – attraverso il pensiero libero riesci a far emergere la tua creatività. Cosa intendi con creatività e ritieni che sia possibile una libertà che non scada nell’egoismo? Con il termine creatività identifico quel percorso mentale ed emozionale con il quale trasformiamo quello che sentiamo dentro di noi in qualcosa di visivo, materiale, concreto. La creatività in sé dovrebbe essere, per definizione, espressione di libertà e non di meno – durante il processo – una persona creativa rischia di essere altresì egoista per alcuni motivi. Penso, ad esempio, al mio caso: quando creo, mi concentro solo sulla mia esigenza di esprimermi e spesso ciò comporta il fatto che io trascuri alcune persone”.

Hai sottolineato che quando pensi ti capita di isolarti anche se sei in mezzo a tanta gente e quanto questi “viaggi creativi” siano stati fondamentali per sopravvivere e superare molte difficoltà  – fin da quando eri un bambino, tra i banchi di una realtà scolastica della quale non hai ottimi ricordi. Vuoi raccontarci un po’ più nello specifico tale tuo vissuto e, inoltre, in base alla tua sensibilità ti senti più vicini all’Arte che ha a che fare con l’intimistico “auto centrico”/autobiografico o maggiormente con il sociale-politico in senso ampio (ammesso che i due aspetti siano discernibili)? Sono andato in una scuola di ricchi… anzi, per meglio dire, di arricchiti benché la mia famiglia fosse piuttosto modesta. La differenza culturale e di opportunità si sentiva e pesava in ogni cosa. Questo tanto per dare l’idea delle difficoltà che ho vissuto nelle relazioni con gli altri bambini i quali, a volte, sanno essere spietati nelle loro manifestazioni prive di filtri. I professori non erano da meno… Ho dovuto – fin da piccolo – tirare fuori il meglio di me e, per farlo, è stato necessario osservarmi, conoscermi. Molte mie canzoni sono, di conseguenza, autobiografiche  ma non ho mai scritto di politica. La cosa che più mi diverte è raccontare delle mie esperienze di vita quotidiana e sociali. Osservo e ascolto poi molto anche le persone che incontro e, se resto colpito da qualcosa in particolare, spesso trovo l’ispirazione per un testo”.

Non hai negato neppure che, ancora oggi, il perderti tra mille pensieri rappresenta la via di fuga dalle tue tante responsabilità della vita di tutti i giorni… Ed è così che, appena fuori dall’ufficio, il Massimo manager si trasforma nell’artista Psiker e gli schemi e la rigidità lasciano il posto alla creatività e alla musica. Senza tuttavia voler generalizzare, secondo te, quanto pesa per larga parte della gente il timore del giudizio altrui, il luogo e il tempo in cui si vive, la posizione lavorativa e famigliare che si ricopre nello scegliere come apparire e come invece non mostrarsi reprimendo così il piacere dell’assecondare il gusto personale e se stessi e per quale ragione succede ciò? “Io ho avuto paura di parlare della mia passione per la musica e infatti ciò è stato uno dei motivi che mi ha portato a non mischiare la mia vita professionale con quella da musicista e a utilizzare lo pseudonimo Psiker. Se si vuole costruirsi una carriera lavorativa in certi settori, si ha la convinzione che sia meglio tenere a bada o addirittura nascondere passioni che possono dare un’immagine completamente diversa da quella professionale. Negli ultimi anni, tuttavia, ho capito che non è affatto così… La passione è parte integrante del proprio percorso, dei propri successi, della propria formazione, del proprio essere. Quando intervisto i candidati che vorrebbero essere assunti dalla società in cui lavoro, spesso noto che il paragrafo “hobby” è sparito dai curricula e ogni volta cerco di far capire che non deve accadere questo”.

 Nella quotidianità e in campo artistico, ad esempio nei videoclip musicali, quale ruolo ti pare giochi l’immagine visiva nel veicolare significati ma pure nell’essere, forse, almeno in parte e di primo acchito il “bigliettino da visita” di ciascuno di noi? Quanto “pesano” per te invece rispettivamente il testo, la melodia e la voce nelle creazioni che maggiormente apprezzi? Rispondo da ragioniere: 20% immagine, 20% testo, 40% melodia, 20% voce. Ho idea che il fatto che il mio background sia quello di un musicista nato negli Anni ‘80 influisca su ciò… tanto è vero che se penso a un pubblico più vasto e al mainstream, le mie percentuali sono 40% immagine, 10% testo, 20% melodia, 30% voce”.   

Quale ruolo ti sembra giochi e quale dovrebbe avere l’immagine visiva nella società e nel veicolare significati nei più differenti campi della vita – non solamente nel mondo dell’Arte, della Moda e dello Spettacolo – e nell’essere, chissà, altresì indicatore di alcune caratteristiche psicologiche di chi si è e di chi si ha di fronte? L’abito fa ancora il monaco, purtroppo…”.

Quando osservi/leggi/ascolti un creativo, una persona di spettacolo, cosa ti impressiona positivamente e cosa più ti entusiasma? Musicalmente c’è qualcuno al quale guardate con stima e con cui vi piacerebbe collaborare? Nutro una profonda ammirazione per i musicisti che non hanno la necessità di uniformarsi a ciò che “va di moda” ovvero per quelli che rimangono fedeli al loro percorso, pur sperimentando e rinnovandosi ogni volta. Ammiro chi rispetta la musica e chi non mente. Mi piacerebbe collaborare con artisti che hanno una lunga carriera alle spalle, come ad esempio Samuele Bersani e Cesare Cremonini. Mi piacerebbe produrre il nuovo album di Madonna, ovviamente…”.

I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare quanto sono fondamentali nel vivere di Massimo e di Psiker e in che misura lo veicolano o meno? Nella musica, di solito, ti sembra di seguire l’istinto oppure la razionalità? Mi definisco un musicista prestato alla contabilità, ma credo di essere anche il contrario. La mia razionalità e la mia passione per i “bullet points” sono ciò che mi ha permesso di scrivere oltre centocinquanta canzoni ed essere qui a presentare “Retrofront”, il mio settimo album. Non è facile auto prodursi per tanti anni senza avere una predisposizione per il project management e la contabilità”.

Per riuscire a fare della propria Passione una professione, cosa supponi sia necessario e cosa imprescindibile oggi a livello compositivo e di linguaggio e non soltanto su questo fronte? Inoltre qual è l’istante, se davvero esiste un tale istante, in cui un emergente capisce che non lo è più? Credo che si sia davvero fortunati se si riesce a fare della propria passione una professione… Io non ci riesco e spiego il motivo di ciò con un’immagine. Si pensi a una bilancia… Su un piattino c’è la passione e sull’altro la professione per l’appunto. La bilancia, nel mio caso, penderà sempre da una parte perché la mia passione per la musica ha un peso maggiore rispetto all’esigenza di farne la mia principale fonte di reddito. Viceversa, se avessi la necessità di rendere la musica un lavoro, dovrei rinunciare a parte della passione stessa in quanto dovrei accettare di fare sacrifici ben diversi e accettare altresì che qualcuno mi imponga le sue scelte, oltre al fatto che mi siano dettate tempistiche etc. ma questo non fa per me. A quarantadue anni sono definito ancora emergente, perché non ho mai fatto il “botto”… Questo mi fa sentire giovane, cos’altro posso dire?!…”. 

Il tuo settimo album in studio, “RETROFRONT”, è stato realizzato da sette giovani producer attivi soprattutto nella scena urban, trap e rap italiana: insieme a te hanno lavorato alla produzione del disco DANIELE FRANZESE, J’ADORE LADOOR, LOGOS, STARCHILD, MR.BOHEM e WHIZY. Cosa ritieni non si possa assolutamente non sapere di questo album che si compone di dieci brani in cui analizzi con spirito critico, tuttavia senza rinunciare all’ironia, la quotidiana vita dell’ufficio? Mi piacerebbe che <<Retrofront>> fosse ricordato come l’album di successo di un impiegato di successo, ma immagino che resterà l’album di insuccesso di un impiegato di successo… che comunque è sempre meglio d’essere rammentato come l’album di insuccesso di un impiegato di insuccesso… Scherzi a parte, mi piacerebbe che <<Retrofront>> fosse ricordato quale l’album di un impiegato in carriera, che non ha mai smesso di credere nella sua passione per la musica e che – ad una certa età –  ha capito quanto sia fondamentale avere un piano B (il mio lavoro, nel mio caso) così da permettersi di continuare a goderne [della musica]”.

A proposito di talent e di social [clicca qui https://instagram.com/psiker_music?igshid=YmMyMTA2M2Y= per accedere al profilo di Psiker], qual è il tuo pensiero al riguardo e con quale finalità ti approcci e utilizzi quest’ultimi? Utilizzo i social (Instagram e TikTok /psiker_music, Facebook/psiker1) solo al fine di diffondere e far conoscere la mia musica… Non scrivo post se ho freddo o caldo e non posto foto di quello che mangio. Non seguo, invece, i talent”.

Infine vuoi anticiparci quali sono i tuoi prossimi progetti e, magari, rivelarci anche qualche chicca in anteprima? “Il 28 ottobre, al Pacta. dei Teatri, di Milano, farò l’unico concerto previsto per <<Retrofront>>. Dato che mi ha divertito tantissimo quest’intervista, anticipo qualcosa che non ho ancora detto a nessuno… Nelle ultime settimane mi sto dedicando alla produzione di alcuni brani per altri artisti, è qualcosa di nuovo per me. Il divertimento continua e la passione resta!”

Redazione Scomunicando.it

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